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C.U.B.A. Cabbal e Gio Lama: Oro e Acciaio | Un EP che affonda le radici nella memoria e guarda al futuro



Dalla crew abruzzese Costa Nostra il nuovo progetto rap che omaggia Lou X.

Due nomi del rap underground tornano a incrociare le loro strade.

Da una parte C.U.B.A. Cabbal, voce storica dell’Hip Hop della costa adriatica, attivo fin dai primi anni ’90 tra militanza culturale e ricerca artistica.

Dall’altra Gio Lama, produttore capace di coniugare rigore boom bap e visione contemporanea, che abbiamo già incontrato qui a Gold.

Il risultato di questo incontro è “Oro e Acciaio”, EP uscito il 21 maggio 2025 per Zona Brada Records: cinque tracce essenziali, asciutte, senza compromessi.

Non un disco pensato per inseguire le mode, ma un lavoro che cerca profondità e sostanza, fondendo memoria collettiva e sguardo al futuro.

Il titolo stesso racchiude la filosofia del progetto: l’oro come eredità culturale e lucidità intellettuale, l’acciaio come resistenza e volontà di cambiamento.

Due elementi che sembrano opposti, ma che insieme danno voce a un percorso di crescita, resilienza e visione artistica.

Tra i momenti più significativi spicca “Oro, Acciaio e Sangue”, che rielabora in chiave attuale il brano cult “Il mattino ha l’oro in bocca” di Lou X (1998).

Un passaggio di testimone che non è semplice nostalgia, ma un modo per rinnovare un’eredità preziosa e proiettarla in avanti.

Per Cabbal, che all’epoca era presente nel brano originale, è anche un atto personale di maturità e consapevolezza.

Con “Oro e Acciaio” i due artisti firmano un disco radicale e compatto, dove ogni beat e ogni parola hanno un peso specifico. Un’opera che non ha paura di essere adulta, che si mette in dialogo con la storia dell’Hip Hop italiano e che rilancia con forza l’urgenza espressiva di chi non accetta compromessi.

Il disco “Oro e Acciaio” è disponibile su tutte le piattaforme digitali e in vinile, acquistabile su Costaklan.it.

Abbiamo intervistato C.U.B.A. Cabbal e Gio Lama per approfondire la genesi del progetto, il significato di questo ritorno alle radici e la visione che li guida oggi.

La prima è una domanda tecnica, da nerd vero: nel beat di “Oro, acciaio e sangue” avete ripescato quello di un pezzo del ’98 di Lou X, “Il mattino ha l’oro in bocca”. Tecnicamente, come avete fatto?

Avete recuperato i floppy direttamente da lui e li avete infilati in qualche vecchia macchina, tipo un Akai S950 o 2000? Li avete risuonati da capo, li avete ricampionati? Curiosità da maniaco dell’Hip Hop old school!

GL: La storia del beat di “Oro, Acciaio e Sangue” è iniziata quando Giuann Shadai mi regalò i floppy che a sua volta gli aveva donato Lou X, con i quali aveva prodotto “La realtà, la lealtà e lo scontro“. Giuann sosteneva che quei floppy dovessero tornare “a casa”.

Bisogna tenere presente che stiamo parlando di floppy disk di quasi trent’anni fa, conservati in una cantina umida. Una volta ricevuti, la prima cosa che ho dovuto fare è stata ripulirli e, successivamente, procurarmi un computer apposta, con un software in grado di recuperare i file contenuti al loro interno. Solo dopo questo lungo processo ho potuto inserirli nel mio S950 e scoprire davvero cosa ci fosse dentro.

Tra i vari suoni ho trovato un floppy che conteneva il sample di “Il mattino ha l’oro in bocca“. Non essendo ancora tagliato, però, presentava degli archi che nella traccia del 1998 non erano presenti. Questo è stato l’unico dettaglio che mi ha spinto a provare ad arrangiare una nuova strumentale con quel campione, cosa che non ho fatto con tutti gli altri sample contenuti nei vari floppy.

Il mio obiettivo era creare un beat evocativo, ma comunque chiaramente diverso da quello di “Il mattino ha l’oro in bocca“. Anche se per le orecchie meno allenate questa differenza può non sembrare evidente, io sono assolutamente soddisfatto del risultato. E, per restare fedele alle origini, ho prodotto tutto esclusivamente con l’S950: sample, basso e batteria.

Una volta ultimato il beat, l’ho proposto a C.U.B.A.. Se non avesse accettato, vi garantisco che nessun altro al mondo – forse giusto Luigi e mia moglie – avrebbero mai ascoltato quel beat.

Oro e Acciaio C.U.B.A. Cabbal / Gio Lama – cover album

L’EP trasuda Abruzzo da ogni traccia: tra orgoglio e disagio, tra pescatori sulla costa e pastori in montagna. Come descrivereste voi la vostra regione?

CC: Questo è il posto da dove veniamo, che ci ha forgiato, che ci ha plasmato tra zingari e marinai, tra infami e fighetti, amici e nemici, per raccontare le nostre storie spesso vivendole di persona e non per sentito dire o inventando storie per fare i finti delinquenti.

La marineria è in crisi per le restrizioni e i costi alti, i pastori vengono dall’est e le pecore dalla Francia: ormai pure la pastorizia è globalizzata. Chi è nato e vissuto qua, sa di cosa parlo.

Ci sono posti sul Gran Sasso che ti sembra di stare in Tibet, per poi riscendere sulla costa tra le palme, la sabbia, il mare e, quando ti sale la sbornia, qui è come la California.

Il mare ci muove e la montagna ci culla, e ci danno la forza, la visione, l’apertura mentale che ci riflette nel mondo. Perché qui, per alcuni, l’Abruzzo è il mondo.

GL: Premesso che sono follemente innamorato della mia regione e cintura nera di campanilismo, devo essere sincero – anche a costo di passare per rompicoglioni – e dire che la prima cosa che mi viene in mente quando mi poni questa domanda è: un gigantesco potenziale troppo spesso inespresso.

Vale per tutti i campi: nell’arte, nel turismo, nel lavoro… praticamente in ogni aspetto della nostra società. Abbiamo artisti e risorse incredibili, come C.U.B.A., condizioni uniche al mondo, ma per qualche motivo non riusciamo a concretizzare, naturalmente con le dovute eccezioni.

Negli ultimi mesi abbiamo intervistato Andrea Dono e Gio Lama, ora voi: l’Abruzzo sembra una regione con una scena rap bella viva e diffusa, ma poco considerata (un po’ come la Toscana, se vogliamo).

Mi sbaglio? Com’è davvero la scena lì? Si suona? Ci sono eventi? C’è fermento?

CC: Per quel che mi riguarda, io è trent’anni che faccio questo, quindi ho visto e vissuto tutto fin dalle origini. Oggi le cose sono un po’ cambiate, ma il marchio della Costa molti delle nuove leve ce l’hanno nel sangue, perché qui la maggior parte di chi fa rap da ragazzino ascoltava noi, perché si sentiva rappresentata da quello che facevamo.

Che la scena rap italiana spesso non ci ha dato importanza forse è vero, ma posso dire che la cosa è reciproca, perché qua il rap scenico non ha mai attecchito.

Qua la gente è hardcore e se ne sbatte, fa quello che fa come si deve fare. In ogni provincia c’è almeno un gruppo che rappresenta la sua zona col suo stile o la sua cadenza dialettale. Qua non si fa il rap per essere considerati da qualche giornaletto italiota del mondo rap. Qua si rappa e basta, il resto non conta.

GL: Alla lista aggiungo che, mentre scrivo, è da poco uscito “Quarto Girone“, il disco dei Ferramenta Hardcore che – ironia della sorte – sono due cugini di cognome Martelli. Sempre prodotto da me, sempre per Zona Brada Records.

Per rispondere alla tua domanda: assolutamente sì, in questo periodo c’è tantissimo fermento. Tanti ragazzi, perlopiù molto giovani, stanno cercando di fare la loro roba. Vedo però ancora troppe fazioni, poca voglia di confronto e pochissimo supporto verso ciò che esce al di fuori del proprio orticello. (Come in Toscana n.d.a.).

La conseguenza principale è che viene meno la crescita collettiva, ed è forse questo che fa apparire la scena più debole rispetto ad altre. Ma questo non toglie nulla al lavoro che stanno facendo tutti; sono convinto che nulla debba legittimare quello che sta succedendo qui: esiste e questo basta.

A proposito di abruzzese… come si beve “alla calata”?

CC: Il termine “calare” significa scendere; in questo caso “alla calata” vuol dire di getto, di botto, velocemente. Nel caso di un brindisi, “alla calata” vuol dire bere tutto in un colpo solo, “così ti fa più effetto”.

Nel disco non mancano riferimenti politici forti: odio per “il partito di Pontida”, “le merde che votano”, la corruzione… Ma quella “raje” (rabbia), vi suona ancora dentro?

CC: Per noi fare il rap non è solo musica o arte, ma è messaggio, è dire qualcosa che per noi ha senso.

Non è solo show o intrattenimento: è dare sfogo alla propria rabbia, è avere la parola, descrivere quello che viviamo e quello che pensiamo. Qui la raje è la benzina che ci fa muovere i motori, è lo sfogo per un mondo sempre più di merda.

Se non hai la rabbia si vede anche sul palco e, se non sei incazzato nero, qua non sei credibile.

GL: Io penso che la rabbia sia un elemento quasi imprescindibile. Non significa assolutamente fare solo pezzi rabbiosi, ma usarla come carburante per trasformare la negatività – che genera rabbia – in positività.

Per esempio, fare un pezzo sulla voglia di fare festa perché ti sei rotto il cazzo della tua opprimente situazione lavorativa. Ma comunque la devi avere dentro, altrimenti resta solo la mazurka, che magari ti fa fare due soldi nel florido giro delle balere.

Ultima domanda: c’è qualcosa che non vi ha mai chiesto nessuno e che invece vorreste dire?

CC: Il rap della Costa è stato sempre un marchio indelebile per chi c’era, chi c’è e per chi ci sarà. Un capitolo a parte del rap italiano, che suona come le incudini sui Martelli. Un segno marchiato a fuoco per chi non si ferma allo stile e alla moda, per chi ama l’attitudine hardcore, per chi ha un cuore connesso col resto e resiste tra i resti: dai rapper ai punk, ai metallari.

Abbiamo smosso tutti come una botta, e quello che avevamo scritto 30 anni fa oggi è più attuale che mai. Per questo non mi fermo e vado avanti, perché finché c’è rabbia, c’è speranza.

GL: Una cosa che non mi hanno mai chiesto, forse sottintendendo la risposta, è “qual è l’obiettivo di Zona Brada Records?”.

L’obiettivo di Zona Brada Records, di cui sono fondatore e label manager, e alla quale collaboro con BlackSmith (visual artist e art director) e Matteo Da Fermo (Chief Communications Officer – perdonate gli inglesismi, ma in italiano certe definizioni suonano davvero male), è quello di portare uno stile e un modo di fare le cose a nostro avviso unico nel panorama nazionale.

Ogni passaggio è studiato nei minimi dettagli: dalle scelte musicali a quelle grafiche, che ogni volta veicolano messaggi coerenti con i dischi. Per costruire un’identità solida e riconoscibile, io – sempre insieme a BlackSmith e Matteo – ho curato la produzione artistica ed esecutiva di tutti gli album.

È vero che le nostre prime produzioni, “Liberaci dal Mare” con Andrea Dono,Oro e Acciaio” con C.U.B.A. Cabbal, “Quarto Girone” con i Ferramenta Hardcore e il prossimo disco (di cui non posso ancora parlare), mi vedono sempre in veste di produttore e coinvolgono tutti artisti pescaresi. Ma questo, a nostro avviso, era indispensabile per mantenere il giusto controllo sui progetti.

Inoltre fa parte della spontaneità che ci contraddistingue, perché la collaborazione tra me e questi artisti sarebbe nata comunque, con o senza ZBR.

Ci stiamo già muovendo affinché questo cambi, poiché la nostra più grande aspirazione è portare questa attitudine fuori dai confini regionali, restando sempre coerenti e riconoscibili.