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Bersani-Renzi il ticket che avanza



Paura e incertezza regnano tra i parlamentai del Pd. I democratici erano certi fino poche settimana fa di vincere a mani basse. Ma qualcosa nell’aria è cambiato. Il ciclone Renzi si è abbattuto sui loro destini riportando in superficie drammi sopiti e accordi mai davvero conclusi.

Le primarie sono una cosa seria e pericolosa stavolta. Dalla vittoria del segretario dipendono le sorti del partito. E non è detto che sia proprio Bersani a vincerle. Però lui si è messo in testa di voler andare a Palazzo Chigi e non c’è niente che possa fermarlo. Neppure Renzi. Per esserne certi però bisogna che ci sia un accordo che lo tuteli. E allora ecco che il segretario non attacca più il giovane sindaco scalciante di Firenze. Gli concede le primarie senza averle decise in nessun caminetto di partito e lasciando basiti i suoi. Poi proprio oggi cede sull’albo degli elettori, l’ultimo paletto chiesto dai suoi sostenitori. Primarie libere e aperte come voleva Matteo.

Il gioco è semplice, Bersani sa di poter vincere. ma se non concedesse le primarie la sua non sarebbe una vera vittoria. In più le correnti rischiano di logorare la campagna elettorale e la sua scalata. tocca quindi eliminarle. il lavoro sporco però lo fa fare a Renzi. E’ il sindaco di Firenze che attacca la Bindi e Franceschini, Veltroni e D’Alema, ma mai Bersani. Perché il fango che lancia Renzi finisce tutto in faccia a loro, ai veri brontosauri della casta. Se la cosa non fosse stata abbastanza chiara la solita dolcezza del sindaco fiorentino ha sottolineato il concetto: li manderà a casa tutti, se vince. Ma in cambio di cosa verrebbe da chiedersi? Della guida del partito. A Renzi il Pd e a Bersani Palazzo Chigi. A dare supporto a questa tesi la battuta di D’Alema chiarificatrice in tal senso. Il presidente del Copasir ha segnato volontariamente un autogol nella rete di Bersani definendo Renzi inadatto a governare. La sfida è aperta e qualcosa nel rapporto gioco forza dei due vecchi alleati è cambiato. Un punto a favore dell’avversario per mandare un messaggio preciso. Gli accordi Bersani deve farli e presto, ma con loro, i vecchi, i big, l’establishment.

E sì perché la storia del papello nata sul foglio e ripresa da Repubblica è per l’appunto solo una storia. Un contratto fatto da voci di corridoio mixate ai desideri dei big che hanno deciso di appoggiare Bersani alle primarie. La Bindi al Quirinale, Veltroni presidente della Camera, ruolo ambito anche da Franceschini, a cui però spetterebbe la guida del partito. E così via. Chiacchiere da Buvette insomma. Chi conosce bene la storia sa quanto gli uomini vicini a Franceschini desiderino che lui ritorni al partito, così da poterli assicurare qualora le cose si dovessero mettere male. Ma il papello non esite e quindi nessuna garanzia. A ciò si aggiunge l’imprevedibilità di Bersani che pur di raggiungere il suo obiettivo è pronto a sacrificare chiunque. Solo così si spiegano le dichiarazioni piene di astio dei vari leader nei confronti del loro segretario, che giurano di voler sostenere! Tuttavia sanno che il senso di antipolitica è forte e solo un vero ricambio generazionale potrebbe consacrare definitivamente la candidatura di Bersani. Un ricambio che però cercano di contrastare. Bindi in primis.

Ma se Bersani è inaffidabile agli occhi dei suoi ex alleati ancor di più lo è Renzi con cui sarebbe impossibile per loro stringere alcun accordo che possa tutelarli. Un’altra cosa però può davvero ostacolare la corsa di Bersani. La legge elettorale. Se non si fa Grillo e Renzi potrebbero urlare allo scandalo minando la vittoria alle primarie del segretario Bersani. E la legge si sa tocca al Parlamento votarla. Ma se i parlamentari del Pd non si sentono tutelati, perché fare questo regalo a chi non pensa più a loro?