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GOLD

Make it happen




Grafica di Max Pirsky

Qualche tempo fa Omar mi ha chiesto di trovare un payoff per Gold.

Chiaramente, come sempre con questo lavoro, non è stata “buona la prima”, nonostante chiunque faccia questo lavoro abbia sempre la sensazione che la prima sia eccellente.

Io volevo portare Gold in un mondo apertamente conflittuale, una pizza in faccia.
A me l’oro.
A te niente.

Omar non era particolarmente entusiasta di questo approccio, e capisco il perché.

L’arroganza, in termini di comunicazione, non giova necessariamente al brand.

Una buona gag non sempre fa ridere il grande pubblico.

E allora ho messo da parte le gag e mi sono messo a pensare a una maniera più seria per convogliare il concetto di Gold, di oro, di metallo sbrilluccicante riservato al vincitore.

Invece di spingere sull’idea che “l’oro è mio e tu niente, pappappero” mi sono messo nei panni di chi quell’oro ancora non l’ha conquistato, di chi deve fare qualcosa di importante, di chi deve far compiere alla propria esistenza uno step ulteriore.

Qual’è il nostro oro, quello personale, quell’obiettivo da raggiungere, quella vittoria da conseguire?

Qualunque esso sia è il compito di ognuno di noi individuarlo e renderlo concreto, visibile, raggiungibile, afferrabile.

Qualunque esso sia è il compito di ognuno di noi farlo succedere.

We have to make it happen, on individual basis.

In più c’è un’altra cosa che mi affascina della frase “making something happen”.
Suona magica.

Mi ricorda una storia, una storia vera: una sera – stavo in Salento – andai a comprare l’erba in un certo campeggio.
Nel vialetto che conduceva al campeggio vidi, sullo sfondo di un tramonto avanzato e struggente, delle persone che ballavano, ben tre coppie che ballavano abbracciate.
E un tizio con un cappello appoggiato a una Spider rossa.
Ci avvicinammo.
La canzone su cui ballavano i tizi era Guarda Che Luna, e il tizio appoggiato alla macchina, dalla cui autoradio usciva la canzone, era Vinicio Capossela, con una bottiglia di un alcolico che non ricordo in una mano e col sorriso quasi indifferente di chi sta creando una magia e nemmeno se ne rende conto, o non gliene frega un cazzo. (NB: la musica di Capossela non mi tocca minimamente, e nemmeno il personaggio mi interessa molto, ma in quel caso sembrava un artista all’opera su un quadro bellissimo. Senza fare nulla.)

Ecco, in quel momento io ho visto una persona “who made something happen”, e questo è quello che io – che sono solo un umile copywriter – vorrei che un brand sagace e sveglio come Gold comunicasse.

Siamo un mondo con un disperato bisogno di semplici magie, e servono persone che le facciano succedere.

Se sei in grado di farlo, o almeno di provarci, sei uno di noi.
Sei uno di Gold.
Sei uno che fa succedere le cose.

Make it happen.