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Alex Fakso



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Ci son due punti casuali in uno spazio smisurato, due punti diversi, con poco in comune se non questo piccolo mondo d’orato in costruzione. È un luogo d’incontro che sfrutta la tecnologia, silenzioso abbastanza da non attirare l’attenzione e provocatorio il giusto per scandire, nella jungla dei siti, quell’urlo “tarzaniano” che vogliamo far arrivare ai vostri interessati orecchi, senza essere entranti sia chiaro, qui ci gira solo chi ci vuole girare. È il bello della democrazia internettiana, che fa della scelta consapevole e disinibita, il manifesto innovativo che guiderà il nostro futuro. Ci siamo dentro fino al collo, in un labirinto paradossale di link che più incasinato è, più facile risulterà il cammino. Quanto più distante possibile dalla maledetta realtà insomma. Questi due punti si trovano in due contesti cittadini completamente diversi, da una parte la paludosa Firenze e dall’altra la vivissima Londra. Ad unirli ci pensa Skype.

Il primo punto sono io, l’altro punto si chiama Fakso. Per qualcuno questo nome dirà già tanto, per altri, me incluso, probabilmente la reazione sarà quella di sollevare le spalle e domandarsi: “beh, e chi è?”. Il bello di questo lavoro sta proprio in questo, nell’imparare, nello spiegare e nell’approfondire. Iniziamo direttamente dal secondo punto, visto che il primo è già stato faticosamente e privatamente espletato.
Allora, l’underground è proprio vasto e qui ci siamo, analizzarlo tutto sarebbe roba da pazzi, c’è chi ci sta provando e chi ha già ottenuto ottimi risultati, un buon punto di partenza per noi profani è caratterizzato senza ombra di dubbio dal lavoro di Fakso, di professione fotografo. Se pensate alle classiche foto, esteticamente accattivanti, tecnicamente sopraffine e coloratamente ipnotizzanti, beh, vi trovate alla deriva. Riprendete il controllo di voi stessi, abbandonate gli schemi, ed immergetevi nello squilibrato e caotico mondo del writing. La vita non è bella, ha un sacco di spigoli, son più le cose che bruciano di quelle che addolciscono e nell’infinito percorso artistico gli esempi di realismo crudo abbondano, dagli spaccapietre alle spigolatrici, forse perché in determinati periodi storici l’attrazione veniva alimentata più dal vedere che dal sognare, oppure, più semplicemente, perché quest’ingozzarci d’idilliche immagini ci ha saziato a tal punto da stimolare il cattivo gusto, in ogni caso nel lavoro di Fakso c’è del nuovo, che piaccia o no, quel caotico mescolarsi di forme, rende perfettamente l’idea. Immortalare il gesto, bloccare il sentimento e figurare l’azione. Essendo il writing una delle pratiche più criticate e incomprese del panorama artistico contemporaneo, era l’ora che qualcuno si prendesse la bega di documentare un po’ la cosa. Nell’arte canonica, il lavoro di Fakso si chiamerebbe backstage e non tutti gli spettatori sono interessati a questa sezione del lavoro di un artista, ma questo tipo di opere ha poco di canonico e l’action è una parte essenziale del writing, come dice lo stesso Fakso “è ciò che permette allo spettatore di percepire il sentimento, comprendere il motivo e scoprire il rischio che si corre nel fare un pezzo”.
Ma come inizia tutto questo? In fondo è pure facile arrivare a certe conclusioni, ma il difficile sta nel rendere il ragionamento interessante, fare in modo che dalla teoria alla pratica non venga perso il senso. Ci voleva qualcosa di nuovo, anche nello stile. “Sì, il primo approccio coi graffiti lo ebbi grazie allo skate, in tutte quelle riviste strearware che leggevo c’era sempre un’attenzione particolare al writing. Così iniziai a dipingere, all’inizio provai un po’ di nomi e alla fine mi fermai con Fakso. Poi avevo la passione per la fotografia e quindi quale modo migliore per conciliare se non con l’action? L’input mi venne da New York e dall’incontro tra quei due mondi per i quali avevo la passione: il writing e la fotografia, fu lì che feci le prime esperienze con l’action. Anche se ancora non avevo in mente un progetto ben preciso . Con la metro a Milano, molto dopo, la situazione cambiò radicalmente.” Già, l’Italia, e chi l’avrebbe mai detto? “Io sono di Bassano, uno di campagna, nel paese fui uno dei primi a dipingere, invece a Milano, nella metro, era tutto diverso, fu l’esplosione, c’era la possibilità di seguire molti bravi writers e iniziare a fare lavori seri, cominciai a progettare uno stile preciso e il prodotto fu decisamente interessante. Usavo pellicola e il dover seguire sul campo imponeva determinate regole, dovetti adattarmi a fotografare senza flash, spesso in situazioni assurde, certe volte c’era il tempo di pianificare, altre invece era tutto repentino.”

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Il risultato è veramente interessante, io non dipingo e ho poche idee a riguardo, ho sempre immaginato le situazioni con la semplicità di chi non le ha mai vissute, come quando si compra un prodotto sottovalutandone la realizzazione, poi magari un giorno ci si ritrova a creare qualcosa di simile e finalmente si arriva a comprendere la pratica nobile della creazione. Non è un invito a dipingere, ma semplicemente un consiglio, se volete capire o quantomeno criticare con alle spalle un piccolo bagaglio di conoscenza, guardatevi Heavy Metal, il libro di Alex Fakso. “Raccoglie otto anni di lavoro sul campo, ci sono anche molte foto nelle quali ho utilizzato il Flash, ci sono immagini a colori e in bianco e nero, dipende sempre dalla situazione. In questo caso lo stile è essenziale a far capire il contesto.”. Alex Fakso vive stabilmente a Londra, lì ha trovato un lavoro, ma non ha abbandonato il proprio progetto, più ci parlo e più mi rendo conto di quanto sia deciso ed entusiasta in ogni suo disegno futuro. È così stabile nell’esporre le proprie idee che riesco a vederle prima ancora di arrivare ad immaginale. “qua a Londra lo streatwere è molto forte, posso sbizzarrirmi, ultimamente ho conosciuto un gruppo di gangster polacchi e li ho fotografati, adoro tutti quei personaggi che hanno qualcosa da trasmettere a livello epidermico, ho lavorato su molta gente, anche personaggi famosi, mi piace molto l’atteggiamento dei giovani writers, sono spavaldi e a volte si vanno a cacciare in situazioni assurde, magari con i “vecchietti” almeno da questo punto di vista, si perde un po’ di emozionalità. Adesso sto lavorando su un documentario, parlerà del quartiere popolare più grande di Londra che presto verrà distrutto, l’idea sarebbe quella di paragonarlo ai ghetti napoletani, fare un confronto tra la gente che li popola.” Una roba proprio underground insomma. “tutte le mie foto sono legate a quel mondo, adoro le situazioni estreme.”
La fine di questo articolo la lascio a lui e ad un aneddoto della sua vita. Mi permetto di immaginare che la scelta di una storia in particolare risulti per Fakso compito arduo, ha avuto una vita movimentata il ragazzo.
“Eh eh, una storia? Beh, ce ne sono tante. Una volta ero a Barcellona con altri ragazzi, avevamo passato la notte a dipingere, eravamo in 13, stavamo riposando su un parco, poco dopo ci incamminammo sui binari per arrivare alla stazione successiva e salire sul treno. Te lo devi immaginare, tu pensa a tredici sconvolti che salgono su un vagone, con tanto di borse e macchie di vernice, si vedeva da lontano che eravamo writers. Il controllore ci aveva visti salire e già mi ero reso conto che la situazione non era delle migliori, in ogni caso eravamo distrutti e non vedevamo l’ora di andare. Entriamo nella cabina e poco dopo si apre la porta ed entra la sicurezza. Il culo per me fu che gli davo le spalle, così questo si mise a fissare gli altri, vide le borse e disse qualcosa con la radio in mano. Quando la metro si fermò, io mi alzai e uscii, gli altri invece rimasero dentro. Eravamo d’accordo che per le 15 del giorno successivo ci saremmo incontrati, ma nessuno si presentò, così presi il telefono e iniziai a chiamare un po’ in giro, insomma, venne fuori che poco dopo la mia uscita, salirono sul treno tipo dieci poliziotti e non appena i writers se ne accorsero iniziarono a scappare lasciando le borse sul posto. Risulta purtroppo che vedere 12 ragazzi correre, 10 poliziotti che li inseguono e una cabina piena di borse, induca gli spettatori a pensare alla presenza di un bomba. Insomma in due secondi si scatenò il delirio. Alla fine ne han beccati cinque su dodici. È andata bene, decisamente bene.”
Alex Fakso, nient’altro da aggiungere. A voi la palla.

Link:
Il sito ufficiale di Alex Fakso
La recensione di Heavy Metal su Goldworld