Quando ho letto che sull’immagine del nuovo Pontefice Francesco I° calava l’ombra del presunto collaborazionismo con il regime argentino di Videla ho subito pensato che, al di là della veridicità della notizia prima confermata e poi smentita, era mio dovere affrontare l’argomento.
A scuola e tramite i racconti dei nostri nonni siamo venuti a conoscenza della barbarie del nazifascismo in Italia. Fra un po’ molte persone che hanno vissuto in prima persona quegli anni terribili non ci saranno più e, mentre la nuova destra continua a propogandare con forza il negazionismo dell’Olocausto, negli anni più importanti della loro formazione gli studenti delle scuole dell’obbligo continuano a sapere poco o nulla di ciò che è successo in Argentina, Cile, Cambogia, Cina e così via.
Pare proprio che la storia stia diventando una materia sempre meno rilevante, eppure gli intrecci e le collusioni fra i vari governi del passato dovrebbero essere temi all’ordine del giorno in un mondo sempre più globalizzato e connesso.
Forse mancano gli spunti per affrontare questi argomenti in modo meno noioso e accademico?
Andando oltre le più ragionevoli provocazioni e tornando alla più stretta attualità c’è un fatto assodato. La Chiesa Cattolica ha avuto delle pesanti connivenze con la stragrande maggioranza dei regimi sudamericani. Questo è un dato inequivocabile ed è lo stesso Videla, oggi in carcere, a confermarlo.
Qualche anno fa ho avuto modo di visitare la bellissima Buenos Aires e di ascoltare i terribili ricordi della dittatura direttamente dalle bocche dei Porteños, gli abitanti della capitale argentina.
Dopo una prima bellissima espressione di simpatia nei miei confronti, mostrata solo per il semplice fatto che ero italiano, il loro volto al ricordo di quegli anni tremendi veniva oscurato da un’espressione di un’intensità disarmante.
Tra il 1976 el 1983 in Argentina, sotto il regime della Giunta Militare, sono state fatte sparire oltre 30.000 persone. Per SPARIRE bastava semplicemente essere arrestati per motivi politici o essere accusati di aver compiuto attività “anti-governative”. Per far SPARIRE qualcuno invece si agiva di notte; durante il sequestro non c’erano testimoni e su tutto ciò che accadeva dopo l’arresto calava il silenzio più impietoso.
I familiari delle vittime venivano lasciati in balia d’informazioni molto vaghe, il destino dei loro cari era però ben chiaro: all’inizio detenuti in campi di concentramento, poi torturati ed infine gettati nell’oceano Atlantico con i cosidetti “voli della morte”.
A Buenos Aires esiste un’associazione meglio conosciuta come “Asociación Madres de Plaza de Mayo”, fondata dalle madri dei Desaparecidos e nata con lo scopo di rivendicare la scomparsa dei dissidenti del regime argentino. Le “Madres” si riunirono in Plaza de Mayo per la prima volta 30 anni fa e tutt’oggi continuano a farlo, ogni giovedì.
Sull’onda dell’entusiasmo in molti hanno accolto con benevolenza l’arrivo del Papa argentino Francesco I°. Certo, almeno il nome scelto lascia spazio a qualche barlume di speranza. Non sono cattolico, non pratico la religione da quando mi veniva imposta da ragazzino e non credo che tornerò a farlo mai più. Ma la scelta di questo nome ha un forte valore simbolico, è inutile negarlo.
E se al primo Angelus Francesco I° rivolgesse un pensiero alle madri di Plaza de Mayo?
Queste signore vogliono sapere se i loro figli sono ancora vivi! E se invece sono morti vogliono sapere dove possono portare i loro fiori.
Al momento abbiamo solo qualche canzone …e poco più.