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COME SE FOSSE ANTANI PER DUE
MUSIC

Paura, l’intervista poco rappusa.



Paura non ha bisogno di grandi presentazioni, ne convengo.

E’ una colonna del rap italiano, ed uno dei massimi rappresentanti di quell’incredibile fonte di idee e talento che è Napoli. Con Francesco ci conosciamo da anni ormai, l’ho già intervistato diverse volte, sia coi Videomind (il suo progetto con Clementino e Tayone) sia in solitario. Per cui, al momento dell’uscita di “Slowfood” il suo nuovo album, ho deciso di fare una cosa un po’ diversa, un’intervista meno “da addetti ai lavori”. Una chiacchierata fra amici, di quelle che si fanno al pub, davanti ad una birra.

Zero, o quasi, pippe rappuse.

Ti è piaciuto l’ultimo Assassin’s Creed? E di Stramaccioni che ne pensi? Non sarebbe l’ora di mandarlo a casa?

Questo senza voler togliere nulla al suo bellissimo, realmente ottimo, lavoro. Un disco che trasuda maturità, nei testi e nei suoni. Uno di quei lavori “alla vecchia”, compatto, senza orpelli inutili, dove non ci sono riempitivi ed ogni brano vale. Dodici tracks, tutte di spessore, tra le quali emergono la sincera autocritica di “Drive”, l’abbecedario nerd di “999 Hit Combo” e “Non me ne frega” cavallo di troia radiofonico dalla schiena dritta.

Ok, vado a prendere le birre.

Il primo giro lo pago io.

 

Il tuo disco si apre con “Sicuramente io ho fatto tanti errori”. Vuoi ripercorrerne qualcuno?

Artisticamente, in passato, sono stato sborone alla potenza finale. Mancanza di umiltà e di classe.  Umanamente, alle volte, ho fatto del male a persone che non se lo meritavano e del bene a dei pezzi di pupù.  Insomma, errori! Quelli che oggi evito di commettere.

Questa autocritica è un elemento spesso mancante nella scena rap, e denota un buon grado di maturità. Cosa ti spinge a fare ancora rap?

Non potrei vivere senza. Il rap, e la musica più in generale, sono la cosa che più mi riempie la vita, assieme ai miei amori. Senza fare musica per me equivarrebbe a vivere senza amore. Ecco perché c’è un cuore nel pittogramma del mio nuovo album.

Che passo rappresenta “Slowfood” nel tuo percorso artistico? E, soprattutto, che effetto fa confrontarsi con una scena che, ad oggi, è composta in larga parte da bimbetti imberbi?

Non ci penso più di tanto. Non mi pongo il problema, perché il problema non è mio.  Non credo che chi abbia un vero animo artistico si faccia problemi di riscontro. Poi so che ci sono un paio di vecchi tra Firenze e dintorni che ancora amano la mia musica. Quindi la faccio per loro!

A proposito.. hey, non sei più quello dei 13 Bastardi! Ok, stavo scherzando. Perché credi che, in Italia, e non mi riferisco solo alla scena rap, sia così difficile comprendere il concetto di “evoluzione”?

Perché la gente è chiusa mentalmente. Se non fosse così non avremmo ancora Bersani e Berlusconi al potere. E’ un po’ come in Watchmen, con Nixon eletto sei volte. Il problema è prima di tutto culturale, poi musicale. Se io non sorprendo prima me stesso non sono felice. Non amo ripetermi. Ripetersi, in un certo senso, è la morte dell’arte. Forse in Italia ancora devono percepire il rap come una espressione artistica. Non so.

Rimanendo in tema di evoluzione, il tuo disco, come spesso capita coi tuoi lavori, suona molto contaminato. Cosa girava nel tuo Ipod mentre scrivevi l’album?

Ti sembrerà strano ma giravano Steve Wonder , gli Steely Dan e David Bowie. Ascolto tantissima musica nuova ma poi torno sempre a loro.

Che ne è dei Videomind? Ci sarà un episodio 2?

Clemente dice di volerlo fare. Io e Tayone siamo pronti.

Adesso, a bocce ferme, come giudichi quel disco? Io, personalmente, ritengo che non sia stato capito. Tu?

Abbiamo fatto circa 70 date in tutta Italia. Quindi qualcuno l’avrà capito. Ad ogni modo penso che sia attualissimo quel disco. Anzi, oggi ci sono molte cose anche prodotte in Italia che rimandano al sound che abbiamo proposto noi. Forse l’abbiamo cacciato troppo presto. Precorrere i tempi viene apprezzato solo da chi ha una visuale ampia, e non ragiona in modo  piatto.

La settimana scorsa si è spenta la luce in casa Lucasarts, una delle più brillanti e prolifiche software house degli anni ’90. Conoscendo la tua passione per i videogiochi, che ben si evince in “999 hit combo”, mi aspetto un commento da vecchio gamer.

Mi dispiace molto, anche perché tra i miei ricordi più magici c’è ancora Indiana Jones and the fate of Atlantis. Per non parlare di Monkey Island. Vuoi farmi commuovere?

E ancora, fammi una top 5 dei tuoi giochi preferiti.

Se tralasciamo i vari Galaga, Centipede e Space Invaders …. quindi escludendo “THE ORIGINATORS” ti direi

1 – Castlevania symphony of the night

2 – Zelda Ocarina of Time

3 – Street Fighter 2

4 – Mario 64

5 – Final Fantasy 7

Ultima cosa in campo videoludico: in “Slowfood” dici di essere “in fissa per Assassin’s Creed”. Che ne pensi del terzo? Secondo me è un pacco, escluse le battaglie navali.

Hai toccato un nervo scoperto, maledetto! Quando mio fratello mi restituisce la mia Xbox 360 saprò dirtelo … al momento ho la Play3 guasta e mi trovo solo una Wii a casa.

Nel tuo disco, altra consuetudine, non mancano i riferimenti calcistici. Che bilancio fai, al momento, sulla stagione della tua amata Inter? Da “esterno” ti dico: non sarebbe il caso di mandare a casa Branca e prendere un allenatore con maggior esperienza?

Vuoi litigare? Sono il più buono del mondo ma questa grande droga / lavaggio del cervello / malattia / oppio dei popoli mi fa diventare irascibile. Passiamo alla prossima domanda.

Consigliaci una pasticceria, a Napoli, per comprare gli struffoli.

Gli struffoli si trovano prevalentemente nel periodo di Natale. I must della pasticceria Napoletana sono il Babà e La Sfogliatella (nelle varianti Riccia, Frolla, Santa Rosa e Santa Maria). Premesso che è difficile cascare male, se ti trovi a Napoli quasi tutte le pasticcerie lavorano benissimo. Però diciamo che le mie preferite sono Pintauro, Attanasio e Bellavia.

Slowfood è pieno di ospiti napoletani di altissimo livello. Ci fai il nome di qualche nuova leva che dovremmo assolutamente ascoltare?

Valerio Nazo, Brokenspuork, Peste Mc …. Ma ce ne sono tanti altri.

Ultima cosa: ho visto che in cucina te la cavi, se non altro a mangiare. Lasciaci una tua ricetta.

Mezze penne con radicchio, guanciale e noci: sciacquare il radicchio per bene e tagliarlo a julienne.  Soffritto un pò di aglio in olio d’oliva (quello serio), aggiungere il guanciale a pezzetti e soffriggere per un po’. Poi aggiungere un po’ di vino bianco, il radicchio ed una spolverata di pepe bianco. Quando il radicchio ha preso quel colore più marroncino della cottura aggiungere un po’ di panna (solo come addensante, quindi ce ne va davvero poca …. non amo la panna, in generale) e le noci. Una spolverata abbondante di pecorino romano e servire.