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MUSIC

Rubrica fantasma# Pascarlo e la Gloriosa Solitudine Prometeica



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Esiste una certa similitudine biblica tra la lotta eterna e costante di un giovane artista/scrittore/musicista ed il Mondo. Il mondo, che sia quella fredda, iper-sociale, ultra-inflazionata, mega-updatabile, stra-dispersiva dimensione informatica e virtuale; e pure quel mondo, reale, ma non meno incompreso che circonda quando alziamo gli occhi, spegniamo gli schermi e cerchiamo di capire.

Ma andiamo a passi.

Partiamo da Pascarlo.

Pascarlo è un po’ come questa rubrica. Nato Pxxxxl Bxxxxxe, dell’annata 1989. Il suo nome è censurato proprio perché in questo contesto non ha significato. Non ha significato come questa rubrica non ha un preciso nome, il suo senso è la sua arte, la sua espressione, senza ulteriori definizioni.

Conosco Pascarlo da anni e da anni posso dire di non conoscerlo, di non comprendere che cosa diavolo pensi e che cosa voglia esprimere. Lui è un artista come pochi si possono definirsi, lui è il nuovo Prometeo, e nella sua mente si brucia la famosa biblica-mitologica solitudine Prometeica.

Ma andiamo a passi.

Parliamo della Gloriosa Solitudine Prometeica.

La vita di un artista è molto semplice da definire e da riconoscere come tale. Un artista è una persona che non fa, ma piuttosto crea. E per creare non fa altro che rubare, ridando energia in altre forme alle nozioni che prima di lui altre brillanti menti hanno concepito.

E nella solitaria punizione che ogni incompreso artista-scrittore-musicista deve subire per ripagare la sua fonte, vige la solitudine, vige il martellamento cronico ed inappagato di esser diversi, guerrieri della notte, guerrieri del sonno e della ispirazione. Questa è l’Arte, un fuoco che si passa da mano in mano, e ogni tanto, in un attimo di illogica passione, ci si ferma ad ammirare.

Ma parlo di illogica passione, l’arte non è quello che ci attira, è quello che odiamo: il risultato finale di mille aborti che piace ad una certa moda ma non raffigura mai i reali pensieri che un vero artista esprimerebbe. E qui mi ricollego a Pascarlo, perché Pascarlo odia essere un musicista ma ama la sua arte.

Ma andiamo a passi.

Parliamo di cosa vuol dire odiare esser artisti-scrittori-musicisti.

Ormai ognuno pensa di esser fotografo nemmeno perché fa foto, ma perché ha un iPhone. Ormai ognuno pensa di esser un musicista soltanto perché ha GarageBand sul Mac. Ormai ognuno pensa di esser uno scrittore perché ha la Moleskine e stati da 20 mi piace l’uno.

Non parlo di mancanza di talento, dopotutto, nessuno ha più quella cultura, quella conoscenza e l’interesse che avevano i tuttologhi di soli cinquanta anni fa. Non parlo di mancanza di originalità e passione, che viene a tutti dopo che il proprio nome ha superato quella barriera quasi invalicabile di notorietà virtuale.

Parlo di mancanza di modestia, parlo della mancanza di voler creare qualcosa di bello, con il fine unico della sua bellezza, e come tale, lasciarlo andare… bello come un bagno al fiume che ci lascia brividi senza cambiare nulla di quello che abbiamo lasciato in sospeso. Lasciar andare il fiume sulla nostra pelle e poi asciugarci lenti al sole. I pensieri che vi abbiamo immerso sono già giunti nel mare.

Ma andiamo a passi.

Finiamo quest’articolo.

Pascarlo fa canzoni sul suo vecchio portatile tornato a casa dopo le serate , senza una connessione internet e con una strana confusione astrale. Solitamente, chiude le finestre, accende un ‘incenso’ aromatizzato, libera il suo pappagallino per la stanza, spenge il cellulare, si spara uno dei suoi soliti film psichedelici di cui prova a convincere tutti dei suoi significati iper spiriturali ed evangelici, come l’Albero della Vita, Arrietty- Il Mondo Sotto il Pavimento o John Carter.

La mattina dopo, non sapendo bene in quale processo logico o temporale, si ritrova con questi piccoli pensieri vibranti sul desktop.