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SANTIAGO DI COMPOSTELA- Speranza ed Energia



SANTIAGO-Dove la speranza rimane speranza, l’energia rimane energia.

 

Ho marciato per la strada di Santiago nel settembre del 2012, mettendo piede sul sentiero proprio dall’inizio, da Saint-Jean-Pied-De-Port (Francia) sotto i Pirenei, seguendo le sue gialle frecce senza sosta attraversando montagne, deserti, vigneti, boschi, fiumi, colline, città, aeroporti, tempeste. Ho camminato 847 km-

Ed è proprio dopo tutto quello che ha significato per me quel viaggio, quello sforzo, quel mistero che sentire quale triste, ingiusta ed irreale follia sia accaduta nell’incidente ferroviario di pochi giorni fa causa in me sensazioni di difficile descrizione. Da una sensazione di vuoto; morte che causa morte e dolore, strappa via la speranza, perché questo cercavano quei pellegrini, e di questo si tratta Santiago ed il cammino che l’ha resa famosa, la Speranza.

Chi vi dice che non lo ha fatto per religione, mente. Il cammino è religione, soltanto non necessariamente cattolica, non necessariamente una religione cosciente. Si cammina tutte le mattina circa 35 kg, con la sveglia alle 5 e 30, con la cena alle 18 e 30, con la buona notte alle 22… e non si fa tutto questo per sport, non per turismo… si cammina perché vi è una speranza, una energia, un piacere non tra i cieli, no. Per il lungo mese che necessita quella via c’è una energia dentro di noi che sprigioniamo, che carichiamo, che sfidiamo. Un’energia rinchiusa che prende vita, ci invita ad andare avanti, sperare, sognare… vivere.

I piccoli sorrisi, i piccoli oggetti, la conchiglia, simbolo del pellegrino di Compostela, legato a tutti gli zaini, il ‘sello’ (timbro) che ognuno deve ricevere a fine giornata negli ‘albergue’ (ostelli per pellegrini) per provare i chilometri di marcia della giornata, i bastoni, i cerotti, il piccolo sasso per espia i propri peccati da lanciare alle fine del viaggio, le sbronze… si , le tante, svergognatamente coinvolgenti, folli e multiculturali sbronze tra i vini della Roja, i calimocho, il Pacharàn.

 

Non si è mai soli sul cammino di Santiago, c’è sempre qualcuno di fronte, alla distanza, oltre la nebbia, sotto il sole, tra la pioggia. C’è sempre qualcuno che ti presta un po’ d’acqua, ti passa un cerotto, divide volentieri il ‘bochadillo’. Beve con te. Dio, quanto volentieri bevono tutti con te. Tutti camminano con te, i volti ogni sera si riconoscono, si fanno forza mentre tutto indolenzito ti metti a letto, spesso in stanze con altre 80/100 persone… tutte felici. Si, morbosamente, ironicamente, infinitamente soddisfatte, beate, felici. Qualcosa sta accadendo, qualcosa in loro sta cambiando, mentre fuori, mentre lontano, mentre nel Mondo, nel delirio le cose paiono solo andar peggio, andar sempre più storte, più crudeli, più insensate… ma a te, a loro, a noi, a tutti le cose sembrano magnifiche.

Esiste ancora un posto dove l’aria è fresca.

 

Esiste ancora un posto dove si può guardare a perdita d’occhio senza vedere strade, città, mostri fabbricati.

 

Esiste ancora speranza, dove lo sforzo e la pace ripaga.

 

E’ questo il famoso Cammino di Santiago, dove i chilometri scorrono senza mai fare male, non davvero, non abbastanza da farti smettere. Dove lo sforzo è unico, mirato, cosciente, affrontabile e senza imprevisti… dove nulla è caotico, immediato, impellente, responsabile e ambito, c’è solo il viaggio, lo zaino in spalla, la mappa nelle tasche, i piedi nella terra, l’acqua sulla pelle, l’aria sui pensieri.

 

Ed è per questo, in errore umano, in qualunque follia e tragedia ferroviaria, qualunque idiozia pubblicata su FB dal capotreno, dettata dai giornali, causata dal dolore e dal male, quel mistero, quel viaggio, quel mondo che è Santiago rimane comunque Santiago, la speranza rimane speranza, l’energia rimane energia.

 

 

 

( Tutti gli scatti interamente sono dell’autore del post- per visualizzare altre fotografie visitare l’album su facebook qui