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5471742998_bbfcb04d43_b Dei miei diversi viaggi estivi a Budapest, che si sono seguiti a distanze di uno o due anni, il ricordo è stranamento continuo, un filo incessante di serate, monumenti, conoscenza e mostre che rimane inalterato nella mia memoria, non ricordo se quella ragazza folle e spensierata, amante del cibo messicano e della scherma l’avevo incontrata due, o tre, o cinque anni fa. Non ricordo di preciso la prima volta che entrai nel Szimpla Kert, storico locale undergroup post-comunista, o quando visitai il museo delle armi, dove si possono vedere carri-armati interi, tenere in mano mitra e fucili di precisione, o quando mi persi nell’immenso museo dei veicoli, vagando allucinato tra le vecchie Ford e gli aeroplani della Seconda Guerra Mondiale. A Budapest i ricordi, le visite, gli attimi, le sensazioni, i piaceri rimangono senza tempo, coperti da una patina soffice e immutabile…

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Budapest è una città dall’incerta descrizione, relativamente piccola (1.5 milioni di abitanti) eppure immensa, nei suoi vialoni ed edifici ottocenteschi. Storica e lussuosa, per molti versi anche snob con la sua grandissima rilevanza nell’impero Austro-Ungarico, i suoi negozi, alberghi e ristoranti di extra lusso ma anche povera e deprimente, con l’ombra del socialismo, l’invasione del consumismo sfrenato al crollo del muro e la crisi che ha spazzato via un intero ceto sociale e riempito di senza tetto le strade.

E’ una città dalla mille facce, è vero. Sa essere truffatrice: scendi dall’aereo, prelevi dalla cassa automatica dell’aeroporto una ventinadi migliaia di forint (Circa 60 euro) e nel comprare un caffé al bar sempre dell’aeroporto per spicciolarti le banconote, quella ti rifila un pezzo da 1,000 invece che da 10,000 approfittando probabilmente espertamente della loro somiglianza sia nel colore che nella grafica. Sembra assurdo truffare un ‘turista’ già all’aeroporto, rifilargli un resto sbagliato… eppure succede, forse per un caso, forse non ti succede mai più.

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A Budapest paghi una birra in un locale in centro, spendendo tanto, 500 forint, ovvero circa 1,80 euro. Incontri venti camerieri di fila che non sanno una parola di d’inglese, poi ne incontri altri 50 che lo parlano meglio di te. A Budapest fermi una ragazza per strada e le chiedi andare a cena, se lei sa l’inglese e se tu non fai (troppo) lo sborone, fidati viene volentieri.

La strana patina che assorbe questa città vive di questo, di questo complesso che si è creato tra gli ungheresi dopo la guerra dove furono coniati (per molti ingiustamente) come ‘alleati’ dei Nazisti, ‘ceduti’ poi all’unione Sovietica, a cui si ribellarono, con forza e convinta unione nel ’56, ma non furono presi sul serio, o lo furono presi troppo, spaventando sia i Sovietici (che per molti avrebbe ceduto volentieri il paese per non avere beghe) ma spaventando sia America ed Inghilterra, che promisero appoggio nella revoluzione ma si tirarono indietro ad un ridicolo bluff sovietico. Dopo il muro le multinazionali masticarono la città, scavando marchi in tutte le strade, coprendo le vie storiche con quella ripetizione prefabbricata di H&M, Zara, MacDonalds, KFC, H&M,  Zara, MacDonalds, KFC, H&M, Zara, MacDonalds, KFC, H&M,  Zara, MacDonalds, KFC, rubandone un po’ l’identità, il senso… portando denaro, si, molto per pochi, pochissimo per molti, e la rovina totale per i più.

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Ma la patina rimane, fuori dal tempo… Budapest rimane, rimane tale e con la sua energia, la sua identità, con una certa fierezza, una decisa ambizione (da molti esagerata nelle recenti convinzioni politiche). Budapest cambia, è cambiata e cambierà constantemente, eppure ha le sue 2000 terme, il maggior numero per paese in tutta Europa, ha il suo Sziget, festival di fama mondiale che ogni anno vede artisti come the Strokes, Prodigy, Massive Attack, David Guetta, ha i suoi locali, così unici, così originali, così concentrati nella ricerca della qualità e la bellezza. Bellezza già, perché nella bellezza poi non si può non pensare alla sue cittadine, note forse per la loro fama più misera, eppure nel loro insieme perfette, ambiziose e piene di desideri. Le ragazze che incontri a Budapest non le dimentichi perché non si fanno dimenticare, perché non se la tirano, per quanto meravigliose, non hanno la puzza sotto il naso, ma allo stesso tempo non si fanno mettere i piedi in testa.

L’ho gia detto, quando la vedi, vai da lei, invitala a ballare. Non fare l’italiano, ne ha già visti a migliaia e molto di questi meglio di te. Non fare il pappone, non fare il ganzo. Offrigli da bere, vedrai che più delle volte nel suo orgoglio si pagherà il drink da se, e ti offrirà in cambio la sua presenza.

Budapest così mi accoglie tutte le volte che torno, sempre nuova, sempre uguale, sempre perfetta e sempre pronta a darti qualcosa, sempre pronta a vibrare, oltre le birrette, oltre gli zingari, oltre i turisti tedeschi, oltre il Four Season e le bistecche piccantissime, oltre il mercato delle pulci, oltre le mostre sulla gioventù di Schiele e la presentazione interattiva delle opere di Van Gogh, oltre le discoteche fino l’alba. Oltre questo, Budapest accoglie, assorbe, ha visto il meglio dell’europa, ne ha visto il peggio, e ne ha imparato a selezionarne le orme, i piaceri, le notti, ed i sorrisi.