Vincitore di Captain Futuro 2013 e affinatore di rime anticonvenzionali. A mio malgrado ho cominciato a sentire parlare di Blodi B solo l’anno scorso, quando andando in macchina al concerto di Kaos One al Leoncavallo, un mio amico ha tirato fuori il suo album “Tilt”, e da subito ho compreso quanto talento c’era in questo sorprendente rapper. Uno stile tutto suo, sviluppato dalla ricerca di una “non-banalità” ricercata, rischiosa, ma molto affascinante. Conosciamo il rapper milanese e vediamo un po’ quali ingranaggi compongono il suo modo di raccontare il mondo. In esclusiva per gold.
Ciao Blo, come stai?
Ciao Kame, ma bene dai, sono in pausa dal lavoro e ti chiamo proprio dallo studio.
Sentendoti direttamente dalla Sicilia non posso non chiederti che tempo fa a Milano.
Beh, non c’è il sole e il cielo ovviamente è grigio. Fa caldo ma non troppo, insomma stiamo entrando in pieno nel tipico clima milanese.
Vuoi raccontarci come hai cominciato a fare rap?
Ho cominciato alla fine degli anni novanta, più o meno quando avevo sedici anni. Con alcuni amici andavamo spesso sotto i portici vicino casa mia, dove già c’erano dei ragazzi che facevano break e che pompavano musica. Il mio inizio con il rap si è sviluppato in pieno stile old school: un pugno di amici che cominciavano a dilettarsi ognuno con la propria disciplina. C’era chi ballava, chi rappava, chi faceva beatbox. Io che non sapevo fare un passo di break mi sono appassionato progressivamente alle rime, e così che ho cominciato a scrivere, a divertirmi con le prime battles freestyle e ad essere sempre più inglobato in quell’ambiente. Tutto è iniziato nel modo più hip hop possibile insomma.
Hai sempre rappato o hai anche provato a fare altro in passato?
A me è sempre venuto naturale scrivere, quindi tranne una parentesi aperta sul writing nei primi periodi, principalmente ho sempre rappato.
Come sei passato dunque dai portici a far parte dei Banhana Sapiens, il tuo primo gruppo?
A quei tempi giravo spesso con Snake One e progressivamente hanno cominciato ad appassionarsi a questa cultura un gruppo di nostri amici, compagni di scuola e conoscenti e con alcuni di loro abbiamo deciso di creare questo collettivo, formato alla fine da sei persone. Diciamo che il progetto Banhana è cominciato due anni dopo aver iniziato ad intripparci con l’hip hop e poi, più per motivi logistici che per altro, ci siamo divisi. I componenti sono ormai in giro per il globo, chi in Colombia, chi ad Amsterdam ecc. e dunque, nonostante fosse a mio parere un progetto molto promettente, ognuno ha preso la sua strada anche se la crew, di fatto, non è chiusa.
Come è cambiato il tuo rap dai Banhana Sapiens a Blodi B?
Io sono sempre stato un fan sfegatato di Talib Kweli e degli Outkast di “Aquemini” e quindi mi sono sempre ispirato a loro e ad altri artisti simili. Ho quindi sviluppato un flow veloce formato da tante parole incastrate fra loro. “Tilt”, uscito nel 2007, è un album che a me piace molto, ma riconosco una notevole difficoltà d’ascolto, dovuta appunto alla velocità e ad una metrica serrata. Diciamo che i veri cambiamenti si possono riscontrare da “Tilt” in poi, quando ho cominciato a ricercare una certa musicalità, un bel grado di movimento sulla base, iniziando, in pratica, a togliere un po’ di parole. Ecco, se devo definire una differenza fra il mio vecchio stile e quello nuovo, potrei dire di aver asciugato un po’ la metrica, per rendere l’ascolto più facile, leggermente più orecchiabile e immediato nei live insomma.
Ho visto che hai cominciato a produrre anche alcuni beat. Come mai questa scelta?
Innanzitutto non posso definirmi un beatmaker: per esserlo bisogna avere tantissima conoscenza e dedicarsi continuamente ad una ricerca musicale impressionante. Questa scelta principalmente è scaturita dal fatto che molto spesso non riuscivo a trovare il beat che avevo in testa dopo aver scritto un pezzo. Dunque ho deciso di cominciare a fare a modo mio e a sperimentare. I primi risultati, ti dirò, non mi sono dispiaciuti affatto e ho cominciato a prendere sul serio questa iniziativa. Diciamo che ho trovato un mio mood ma ancora non ho scoperto un vero e proprio metodo. Posso dire che nel creare i beat mi piace mischiare pezzi campionati e synth, intrecciando l’ortodossia dell’old school alle nuove sonorità.
Ascoltandoti arriva subito il tuo modo anticonvenzionale di chiudere e sviluppare le rime. La storia dell’hip hop italiano è fatta, se non di imitazioni, di influenze continue dei grandi del genere, soprattutto nostrano. Tu come sei riuscito ad allontanarti da questa tendenza?
Beh, innanzitutto ho sempre ascoltato pochissimo hip hop italiano, se dovessi quantificarlo non supererebbe il 5%, mentre per la stragrande maggioranza ho sempre ascoltato hip hop americano. Essendo un rapper è facile essere influenzati dai propri guru e il fatto di essermi dedicato all’ascolto di un tipo di musica con numerose differenze metriche e stilistiche dalla mia forse mi ha aiutato da questo punto di vista. In più nel lungo periodo che va dai miei esordi a “Tilt”, ho lavorato nel sottosuolo, in maniera molto intima e personale. L’unica vera influenza italiana che ho avuto è quella di Snake One: il nostro rapporto era caratterizzato da una connessione reciproca e in questo modo siamo cresciuti insieme artisticamente. Poi, a dire la verità, mi sono sempre dedicato alla ricerca del “non-banale”, di un movimento diverso delle parole, e nel tempo sono riuscito ad automatizzare questo modo di esprimermi.
Ho notato che del tuo ultimo EP hai fatto uscire una buona parte dei video. Secondo te quanto è importante oggi “farsi vedere” soprattutto se relazionato al “farsi sentire” di un tempo.
Io credo che non sia tanto importante farsi vedere, soprattutto se paragonato al farsi sentire. Il fatto è che la gente, ormai abituata a un sovraccumulo visivo, se non vede delle immagini accompagnate alla musica, s’interessa meno al pezzo. Purtroppo è una realtà e bisogna prenderne atto. E comunque fare i video mi diverte molto, per esempio il video di “Contro”, fatto in collaborazione con Moko, mi è piaciuto un sacco, e poi l’abbiamo girato veramente in tempo record: soltanto un quarto d’ora di riprese. Credo sia curiosa anche la costruzione di questo video. Insieme a Moko abbiamo deciso di creare una situazione in cui rappo mentre cammino in una via affollata di Milano, Via Paolo Sarpi, senza nessuna costruzione scenica particolare, con le persone che guardano sorprese. Questo video ha dato sicuramente valore al mio pezzo preferito dell’EP.
Cosa ne pensi invece di alcuni componenti della new school che ancor prima di fare una demo, vanno in video? Non credi possa rappresentare un’arma a doppio taglio?
La prima cosa che mi viene in mente è il fatto che in alcuni casi i video e i brani, risultano talmente di poca qualità da diventare comici e attraendo molti più visitatori del dovuto. (ride) A parte gli scherzi, la cosa singolare di questo fenomeno è il fatto che sembra si sia persa la volontà di una vera propria gavetta: tutti partono copiando. Anch’io sono partito copiando ma, fortunatamente, la mia generazione è stata caratterizzata da una personalizzazione dello stile precedente alla produzione, tendenza che sembra si sia persa negli anni. Comunque bisogna riconoscere che questo sovraccarico di produzione faccia spesso emergere ugualmente il talento, permettendo quindi di comprendere ciò che vale la pena di ascoltare da ciò che invece probabilmente rimarrà solo un brutto ricordo musicale.
Cosa puoi dirmi della collaborazione con Moder e Dj 5L?
Ce ne fossero!!! Ecco cosa posso dirti. Ce ne fossero di persone come loro che invece di cercare continuamente di creare un circuito chiuso, cercano di unire persone legate esclusivamente dalla stessa passione. Io già conoscevo Moder e devo solo ringraziarlo per avermi dato la possibilità di vivere questa splendida esperienza. L’armonia, che si è sviluppata in maniera del tutto spontanea nella realizzazione di “Sopravviverai”, singolo estratto dall’album “Sottovalutato”, è evidente anche nel susseguirsi dei nostri live, che sono andati sempre migliorando. Con una preparazione minima siamo riusciti a creare un prodotto di qualità. Un’iniziativa bellissima e non posso che essere lusingato di aver lavorato con loro. Questo modo di affrontare le cose dovrebbe essere preso come esempio da tutti: cercare di creare una connessione fra le persone che non si erano mai incontrate prima, legate da un unico scopo, che è quello di produrre musica, buona musica.
A proposito di “Sottovalutato”, che rapporto c’è fra i sopravvalutati e i sottovalutati del rap italiano?
Secondo me non è tanto un fatto di valutazione, dipende molto dalla volontà di fare e da cosa si cerca di voler fare. A mio parere è dunque una questione di scelta: si può produrre musica alla portata di tutti, ascoltabile anche da bambini di 5 anni, o si può puntare a fare qualcosa di più ricercato. Le valutazioni le lascio fare agli altri: molti mi dicono che meriterei di più e che quindi la gente mi valuta in maniera sbagliata, ma io continuerò sempre a seguire il mio stile, è questa la mia scelta! Sopravvalutato o un sottovalutato che sia. Chissà mai che un giorno si potrà arrivare a un pubblico più ampio senza fare “rap for dummies”.
Come hai vissuto l’esperienza della vittoria del contest “Captain Futuro” di Esa?
Una bellissima esperienza. Quello che mi ha appassionato maggiormente di quel contest è l’atteggiamento nei confronti della musica e l’altissimo livello dei partecipanti. A differenza dei soliti contest di freestyle, che spesso a lungo andare perdono di energia, quest’esperienza mi ha stimolato molto da un punto di vista artistico. Quando ero partito avevo poche pretese, ma poi alla fine sono riuscito a vincere; al Prez è piaciuta molto la pulizia della mia esibizione e fortunatamente è andata così! In più dopo aver vinto ho cominciato a frequentare il suo mondo, l’ambiente di un artista che ha fatto la storia di questo genere in Italia, e l’ho trovato ovviamente molto interessante e formativo.
Ci puoi dire qualcosa riguarda qualche tuo nuovo progetto?
Il mio prossimo progetto in uscita è “Screenshot Mixtape”, un tape fatto in collaborazione con Easy One. Questo progetto è caratterizzato da lavori di getto, pezzi meno ragionati e più istintivi, SU BEAT sia inediti che editi. Da tradizione, saranno presenti diversi featuring con coloro i quali sono diventati la mia famiglia musicale, le persone in questo momento a me più vicine: ci sarà Moder, Paura, HEGO Kid, Black P., Mastino ed altri. In più, prossimamente uscirà un Mini EP fatto in collaborazione con FreshBeat di Trento, e ci saranno delle belle sorprese. Fra qualche settimana uscirà tra l’altro un suo disco, dove è presente un pezzo che ho fatto con Esa e Planet Asia, “International Splash”.
Grazie mille per il tuo tempo e buon ritorno a lavoro. È stato un vero piacere.
Figurati, anche per me! Grazie a te.