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MUSIC

Il clan è sempre il clan…



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Quando una leggenda vivente della musica come i Wu-Tang Clan annunciano un concerto dal vivo, l’attesa e le aspettative si fanno sempre gigantesche. La super-crew di New York è probabilmente l’unica realtà musicale hip hop al mondo che gode di un seguito e di una venerazione simile a quella che i pubblici occidentali hanno per certe musiche anticonformiste. Purtroppo come capita alle leggende, spesso la realtà si confonde con la fantasia e il rischio di rimanere delusi è sempre in agguato.

Sarebbe quindi più opportuno dire che in occasione dell’esibizione, la realtà si è palesata e ci ha presentato i Wu Tang Clan semplicemente per quello che sono, ossia una crew formata da nove mc di grande livello, inevitabilmente diversi gli uni dagli altri, e molto cambiati rispetto ai fulminanti esordi.

La location scelta per il concerto è il prato a sud-ovest dell’Ippodromo del galoppo di Milano, ospitata nel ambito del nutrito cartellone estivo dell’Alfa Romeo Milano City Sound. L’organizzazione del concerto è di buon livello, se si esclude la nefasta presenza di sciami assatanati di zanzare che creano grossi fastidi al pubblico.

A precedere i nove generali ci sono i capitolini Noyz Narcos, che sotto certi punti di vista superano forse i mostri sacri di New York, perlomeno perché appaiono più affiatati e coesi sul palco.

Ogni vero appassionato di musica che si rispetti, quali che siano le sue preferenze e gusti, ripone sempre molte aspettative quando si reca al concerto del proprio mito. Come già accennato, più il mito è costruito, più il rischio di rimanere interdetti è grande. Purtroppo nel mondo della musica hip hop il confine fra posa e realtà è sempre molto sottile, considerando poi anche il distacco e la spocchia che molti rapper hanno nei confronti di pubblici che non ritengono esattamente i loro, soprattutto pubblici bianchi in genere.

Il clan, dall’alto della sua indiscussa fama, si aspetta sempre delle udienze scatenate e idolatranti, ma se scopre il contrario, può capitare che arrivi a criticare e bacchettare chi sta sotto a sudare e a mangiare la polvere.

Questo il primo problema: un pubblico poco presente, poco informato e molto piccolo rispetto a quello che ci si poteva aspettare. I motivi? Prima di tutto la scarsissima publicizzazione dell’evento, che a esclusione dell’area meneghina e di pochissimi spazi web, non è stato minimante diffuso.

Persino chi scrive, se non avesse seguito le pagine facebook del Blunt Duo (Method Man e Redman, e quindi non le ben due pagine che i Wu Tang hanno sul più famoso social network del globo…), non sarebbe mai venuto a conoscenza del concerto, e non sarebbe qui oggi a scriverne.

Altro motivo, su cui però poco si può obiettare, è la preferenza degli astanti per i Noyz Narcos, ragione prettamente generazionale. Per quello che riguarda invece il pubblico poco reattivo, sicuramente le cause sono state il caldo, ma anche i troppi joint e i troppi chilum scremati, che combinati a dovere, come in una pozione malefica, stenderebbero anche il più scatenato metallaro di turno.

Gli Shaolin Soldiers dalla loro non sono esenti da critiche e limiti, incominciando per esempio dal fatto che la reunion europea, come da copione già letto, si è rivelata una bufala, tanto che la solita assenza di un membro a rotazione si è ripresentata. Mancava all’appello infatti RZA, il master mind della crew, The Abbott, il quale siamo sicuri avrebbe fatto la differenza, ma che a quanto pare è andato k.o. per un attacco d’asma (forse se si spaccasse meno sarebbe anche meglio…occhio al primo video linkato a fine testo.)

Secondariamente, il set messo in piedi per il concerto, pur proponendo effettivamente molti classici e pezzi di valore, è stato ampiamente rimaneggiato interrompendo spesso i brani. Difficile dire se per motivi logistici o di gerarchie interne al gruppo, tanto che guarda caso molti di questi si esaurivano quando avrebbe dovuto rappare GZA. Note da menzionare per la precisione, The Genius appunto, è apparso il generale più appannato e distante della crew, tanto che per più di un quarto del concerto non rappa, e arriva persino a lanciare ai tecnici dietro le quinte il proprio microfono visto che tanto non lo deve usare (abominio per chi ha registrato un concept come Liquid Swords…), arrivando infine addirittura a sedersi scocciato sotto la postazione del buon dj Allah Mathematics.

Ultima critica da muovere agli eterni nove, è la poco professionale tendenza a considerare un offesa personale il fatto che il pubblico dei loro concerti non reagisca come vorrebbero loro. Verso la metà dell’esibizione assisto più volte al brontolio confabulante di Method Man con Ghostface e U-God, i quali sembrano chiedersi perché il pubblico sia cosi spento, fino a che, grazie a dio, Meth ci mette una pietra sopra e svolge il suo lavoro dimenticandosi dell’inconveniente.

Dopo aver letto queste righe potreste pensare che il concerto sia stato una delusione totale, ma invece il potere del Wu, del Wisdom, della conoscenza dell’arte del flow, arriva lo stesso, come una specie di fluido extracorporeo che ti possiede la mente, il corpo e lo spirito (e nonostante le voci rauche di alcuni membri, e di un impianto audio non proprio perfetto).

L’ imponente presenza scenica del gruppo tiene incollati gli occhi e le orecchie dell’ascoltatore, che appare distante forse perché incredulo e annichilito da questi specie di esseri fantastici (nell’ accezione romanzesca della parola) che si muovono come se stessero dando la caccia a qualcosa. L’ascoltatore è famelico per uno sketch, per un siparietto o un vezzo, o meglio cerca di capire se quelli che vede saltare sul palco sono esseri umani come lui, o attori che interpretano una parte.

Method Man è il più in forma di tutti, incontenibile e generosissimo. Parla lui col pubblico, incita con cori da concerto rock. Da una svegliata agli spettatori sventolando una bandiera Italiana, salta come un pazzo da una parte a l’altra del palco, e verso la fine rischia di spezzarsi il collo facendo stage diving. Una bestia pregiata!

Entrando poi nel merito dei brani proposti, si spazia dai dischi del gruppo, fino ai brani solisti targati Wu-Tang production. Raekwon lo Chef con Only built 4 cuban Links, e il già citato Meth a.k.a Johnny Blaze.

Molto spazio e infine stato dato a membri minori come Masta Killah, U-God ‘braccia dorate’ e Cappadonna, quest’ultimo molto ispirato nella impressionate Ice Cream.

Una cenno finale poi va alla stramba improvvisata che non sappiamo bene chi ha avuto in mente di organizzare verso la conclusione del concerto: far salire sul palco una ventina di ragazze, chi più scatenata e chi meno, a far da contorno poco convincente all’esibizione. Cosa credevano che venisse fuori? Una roba tipo video con spogliarelliste e cristal?

Insomma, non sarà stato un concerto eccezionale, ma sicuramente è stata un’esperienza memorabile e impressionate, questo è poco ma sicuro! Wu Tang Forever!

Di seguito il video di un eloquente intervista al gruppo in occasione del festival americano Bonnaroo, tenutosi in giugno, la quale ci da la cifra dello stato attuale in cui versano i wu tang . Imperdibile.

Infine il link di uno spezzone del concerto, primo di una serie che documenta fedelmente l’esibizione.

Lorenzo Davani