Una sera di luglio, prima delle vacanze, incontro un amico: “Parto per un viaggio in Cina – mi dice – ma non sono sicuro di aver scelto la compagnia migliore. Vado con la mia ex. Potrebbe andare bene o rivelarsi una completa catastrofe. “Chiacchieriamo giusto qualche minuto ancora”, poi mi saluta per andare a fare lo zaino e sistemare le ultime cose prima della partenza. Mentre va via, si volta e dice: “Magari finisce sulla Muraglia Cinese, in stile Marina Abramović.”
È stato così, appena tornata a casa, che ho scoperto la storia di una donna straordinaria; che parla di Cina, di arte e dell’incontro con il grande amore della sua vita, 23 anni dopo averlo lasciato su una Muraglia dall’altra parte del mondo. Marina Abramović e Ulay si conobbero ad Amsterdam nel 1976 e fu più che amore a prima vista. Serba lei, tedesco lui, entrambi nati il 30 novembre, si dedicavano alla nascente arte della performance.
La loro unione fu totalizzante. Formarono un duo che chiamarono The Other e per dodici anni esplorarono i limiti del corpo, delle relazioni umane, del simbolico, dell’arte stessa. Per cinque anni, non potendo vivere delle proprie performance, viaggiarono e vissero in un furgone, mettendo in scena nel frattempo progetti estremi come Death Self, in cui i due unirono le labbra e respirarono l’aria espulsa dall’altro fino a terminare l’ossigeno a disposizione. Caddero a terra privi di sensi 17 minuti dopo l’inizio della performance. L’idea era quella di esplorare la capacità dell’individuo di assorbire, cambiare e distruggere la vita altrui.
Non è difficile credere che una relazione tanto intensa avrebbe bruciato, prima o poi, tutta l’aria a disposizione. Nel 1988, quando sentivano che la loro relazione stava arrivando alla fine, decisero di compiere un ennesimo, ultimo, atto simbolico, prima di separarsi: sarebbero partiti insieme per la Cina per percorrere la Muraglia Cinese in solitario, dai due estremi opposti, lui dal deserto del Gobi e lei dal Mar Giallo, una camminata di 2.500 chilometri, per poi incontrarsi nel centro del percorso, abbracciarsi e dirsi addio. Il titolo della loro ultima performance era The Lovers.
Così fu: Marina e Ulay si separarono sulla Muraglia Cinese come d’accordo e per 23 anni le loro vite seguirono cammini separati. Fino al giorno in cui fu di nuovo l’arte a metterli uno di fronte all’altra, durante la performance The Artist is Present, in cui la Abramović trascorse 716 ore e mezzo seduta al MoMa davanti a una sedia vuota, dove i visitatori potevano sedersi e sostenere il suo sguardo per qualche minuto. Uno di questi fu Ulay. Il resto lo dicono le immagini.