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Cinema

Six by Sondheim, l’omaggio di HBO



Stephen Sondheim ha tre principi ispiratori, tre totem con i quali compone musica e testi, e sopravvive alle esalazioni della vita quotidiana. I principi sono: Less Is More (Il meno è più); Content Dictates Form (Il contenuto dètta la forma); God Is in the Details (Dio è nei dettagli). Tutto al servizio della Chiarezza, “senza la quale nulla avrebbe alcun senso”.

Il documentario Six by Sondheim, trasmesso qualche settimana fa in America dal canale HBO (di lunedì, quando le luci di Broadway mettono una gelatina opaca sui riflettori e si spengono), sembra seguire rigorosamente il cuore di Sondheim, per tracciarne un ritratto fedele e primitivo al tempo stesso. Uno dei produttori esecutivi è Frank Rich del New York Magazine, che ha contribuito ad installare uno dei più interessanti lavori sul “processo creativo” di un compositore mai visti prima su piccolo schermo. La forza del doc sta anche nel saper avvicinare spettatori che di Sondheim conoscono poco o niente.

Qualità respirata sfogliando i medesimi tomi autobiografici: Finishing the Hat e Look, I made a Hat. Six by Sondheim mette in scena una carrellata di passioni da far impallidire i palcoscenici teatrali classici: dalla lavorazione di West Side Story alla scrittura di Send In The Clowns, nata nella tempesta, nella miseria e nello sconforto di una compagnia. Tutto scorre senza cliché da celebrazione preconfezionata: Sondheim è semplicemente un fiume di note, aneddoti e chiavi, ben sei, come suggerisce il titolo del documentario e come approvano i tunes della sua carriera: Something’s Coming, Opening Doors, Send in the Clowns, I’m Still Here, Being Alive, e Sunday. Qualche estratto è preso da documentari precedenti o tv show già mandati in onda (la performance di Dean Jones di Being Alive da Company deriva dal documentario del ’71 di D.A. Pennebaker che vede coinvolto tutto il cast in studio di registrazione – fantastico!). Altri frammenti, invece, sono originali e commissionati da HBO per cortometraggi prodotti dal network (Audra MacDonald che canta Clowns dietro le quinte; Jarvis Cocker diretto dal regista diVelvet Goldmine Todd Haynes, mentre canta I’m Still Here e ha come spettatrici solo donne di età diversa – impressionante il lavoro dell’autore sui volti dei personaggi, graffiati da una luce in sottrazione o col trucco espanso e la carne che pare già una pista sonora di vita).

Nel mezzo, assistiamo a lezioni, master class e mini-letture di Sondheim intento a spiegare la genesi di un brano, le nozioni di Sunday in the Park with George, gli imperativi delle etichette discografiche e del mondo pubblicitario, le dinamiche di lavoro con Ethel Merman in Gypsy. Diretto e co-prodotto da James Lapine, già collaboratore di Sondheim, Six by Sondheim infila 87 minuti di storia musicale e umana che hanno la lucentezza e la pericolosità dei rasoi usati da Sweeney Todd. Un Sondheim “on-camera” ritmico, sonico, aderente al racconto, mai spettro di se stesso. Miky Wolf segue i suggerimenti del compositore nel montaggio dell’opera e seleziona soltanto parti nelle quali lo spettatore è in grado di trovare parole e significati. Tutto è “mettere ordine nel caos”, sussurra Sondheim, che ha scritto musica e testi per teatro, film e televisione, e che forse, sa di dover mentire questa volta: l’artista, in fondo, non è mai ordinato.