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MUSIC

En?gma, l’intervista!



Tra le realtà più in vista, nel panorama italiano, troviamo la Machete Crew, fondata qualche anno fa nei dintorni di Olbia. Salmo ne è il rappresentante più noto, nonchè il primo a raggiungere il grande successo, ma adesso anche gli altri componenti del collettivo stanno sfilando sotto i riflettori. Dopo il buon riscontro ottenuto dal giovane Nitro, ecco arrivare il turno di En?gma che esce con Foga, il suo disco d’esordio, che segue il suo primo EP Rebus.

L’ho incontrato a Firenze, in una trattoria tipica, prima di un suo instore, appuntamento dove il rapper sardo sembra riscuotere davvero molto successo, vendendo cd a pacchi. E non solo lì: il suo primo album è finito primo in classifica Itunes, davvero un risultato incoraggiante considerando che stiamo pur sempre parlando di una realtà indipendente.

Ne ho parlato con En?gma (vero nome Marcello Scano) assieme anche ad un paio di argomenti che esulano dalla classica intervista rappusa ma che mi paiono doverosi in una chiacchierata con un sardo. Perchè poi sempre lì si torna, alla Sardegna, quell’isola meravigliosa.

Ti aspettavi questo successo?

No. Nel senso, il seguito è buono, è sempre stato buono. La classifica Itunes (dove En?gma ha toccato la vetta) è stata una sorpresa, anche se ora sono sceso in seconda posizione perchè è arrivato Antonacci. In quella del rap però rimango ancora in cima.

Occhio che magari tra un po’ Antonacci ti chiede il featuring.

Mi dispiace, ma lo rifiuto in partenza (ride)

Complimenti per il disco.

Grazie.

Mi ha colpito molto la copertina, una delle cose meno “rap”, nel senso classico del termine, che abbia mai visto. Come hai scelto queste immagini? I tarocchi, il terzo occhio..

Fr3nk, che è l’illustratore della Machete, ha fatto le copertine dei primi due mixtape ed ha fatto anche la copertina di The Island Chainsaw Massacre di Salmo, non è un illustratore che fa robe prettamente legate al mondo rap, ma è attinente alla nostra cultura del fare le cose. Siamo trasversali, e lo siamo anche in quello. Lui ha ascoltato determinate tracce in anteprima, sapeva bene cosa volevo rappresentare, conosce il mio immaginario e tramite un’interazione tra me e lui, oltre a Mirko De Angelis che ha curato il resto della parte grafica, abbiamo tirato fuori queste cose legate al mio mondo. I tarocchi, i pianeti, permane il labirinto che c’era pure su Rebus (il primo EP dell’artista sardo), quindi tutti i richiami al mondo mio.

Machete è una delle realtà più forti ed interessanti, al momento, nel panorama italiano. Fate numeri impressionanti, considerando che rimanete, comunque, un collettivo indipendente. E’ frutto solo di un’immagine forte, unica e sicuramente riconoscibile o c’è altro?

Tutto è nato in modo molto naturale. Noi fondatori siamo tutti della stessa città, Olbia, qualcuno, come Fr3nk che ti ho citato prima, è di Cagliari. Ci siamo accorti che eravamo tanti con dei buoni propositi, avevamo delle idee forti in comune e quindi ci siamo abbandonati al classico “l’unione fa la forza” che in questo caso magari è riuscito meglio che ad altre crew in passato. Da una pagina facebook, è nata una società e poi un’etichetta ed i risultati, giorno per giorno, ci stanno dando ragione. La forza nostra è stata dare alla crew classica dei connotati nuovi, avere dei videomaker, dei grafici, quindi anche quegli elementi che ci completano e che nessuno aveva mai proposto prima: questo è il nostro punto di forza, assieme alla qualità a cui accennavo prima.

Questa trasversalità si manifesta anche nei tuoi ascolti? Ricordo che Salmo è un fan del crossover, anche tu lo sei?

Mauri (Salmo) si ascoltava i Pantera, io magari quelli no, ma i Rage Against The Machine sì. Nirvana. Cose diverse, i Prodigy, i Chemical Brothers, cose che c’entrano poco col rap. Per tornare al discorso di prima, abbiamo preso elementi dagli altri generi per cercare di proporre musica più nuova, infatti il primo mixtape è stato d’impatto proprio per questo motivo, perchè magari oggettivamente nessuno aveva provato in Italia a fare cose così.

Hai fatto un disco, se vogliamo, dalla doppia anima, con una parte più aggressiva ed un’altra più intima. E’ per questo che hai scelto di dedicare una canzone al personaggio del matematico John Nash? Come si incastra lui all’interno del disco?

Beh lui fa parte della parte intima in realtà. L’ho scelto perchè è un personaggio che mi ha affascinato moltissimo, per il fatto che con la sua genialità, che era davvero sconfinata, è riuscito a controllare la sua pazzia. Probabilmente la sua genialità era talmente grossa che arrivava a diventare pazzia però, tramite la genialità, è riuscito a controllare anche la pazzia. Quindi è probabile che sia stata più forte la genialità della pazzia. In questo senso ho cercato, tramite la musica, che in teoria è la mia genialità, a controllare la pazzia che ti spinge a scrivere determinate cose. E’ rappresentata dai demoni, da tutte quelle cose che nella vita normale ti fanno uscire pazzo.

Il film (A beautiful mind) l’hai visto?

Assolutamente.

Ti è piaciuto il modo in cui è stato rappresentato sullo schermo?

Molto. Uno dei pochi film che mi ha fatto anche commuovere. Non solo per l’interpretazione di Russel Crowe. La prima volta che l’ho visto, dato che io amo rivedere molte volte i film per coglierne ogni aspetto, sono arrivato a dire “ma le visioni le stanno rendendo vere, nel film”? Quasi ti fa diventare pazzo anche a te. Non so se rendo l’idea. E bello per quello, secondo me, il film.

Mi ha stupito l’assenza di Salmo in veste di rapper e la sua presenza nel ruolo di beatmaker.

Questo connubio, lui al beat ed io che faccio le liriche, si era già visto in Death Usb, dove lui aveva fatto la base ed io avevo fatto la canzone Senza, dato che mi aveva dato la possibilità di fare un singolo, mio, nel suo album. Non c’è un motivo per cui non è presente come Mc, è bello secondo me centellinare le collaborazioni anche se siamo all’interno della stessa crew. Anche pezzi con Nitro non è che ne ho fatti tanti. Questo è per tenere un po’ l’effetto novità: ci sono altri che collaborano in continuazione con quelli del loro collettivo, però poi l’effetto finale non risulta più così fresco come potrebbe essere se si facesse assieme un solo pezzo all’anno. Vedi, ad esempio, quando è uscito The island, che ha colpito in una certa maniera. Anche grazie al video ed alla Sardegna.

Tu ora sei tornato in Sardegna?

Sì.

Com’è stato il passaggio di arrivare a Milano, la metropoli, e poi tornare al punto di partenza, la provincia?

Io sono il primo di noi che ha vissuto a Milano, ci sono andato appena ho finito il liceo, a 18 anni, e ci son rimasto fino a quando ne avevo 23. Quindi due anni fa. Salgo quando ne ho bisogno. Il discorso è che quando vai via dopo il liceo, vai via per necessità: una delle città papabili era Milano. L’ho scelta, l’ho voluta, perchè pensavo che potesse arricchirmi. Mi ci son trovato bene ma dopo 5 anni ne riconosci anche i limiti: è chiaro che una metropoli ti apre la mente per mille cose, ma è anche alienante. Ti senti, se vogliamo, piccolo piccolo, almeno per certi aspetti.

Questo ti ha portato ad apprezzare nuovamente la Sardegna?

Olbia. Anche se poi l’ho criticata duramente in un pezzo.

L’ho sentito. Giù da me, mi è piaciuta.

Lì ne ritraggo le parti negative, come il pettegolezzo: ci son riferimenti a cose molto intime che mi son successe e che probabilmente nessuno potrà capire.. pero’ sai, sei in una città di 25mila abitanti come Olbia, dove sai che comunque conosci più o meno tutti..

Ora sei pieno di amici eh?

Ne ho sempre tanti, assolutamente. Ma è anche giusto non aver paura di dire determinate cose.

Quando avete cominciato com’era la situazione? Eravate delle specie di mosche bianche o c’era una scena?

C’era una scena, ma io ne stavo al di fuori. Salmo già lo faceva da tanto, come tanti. Anche El Raton lo faceva da tanto, come altri elementi. Io però ero al di fuori, ho portato avanti la mia cosa in casa, in modo assolutamente tranquillo, senza neanche conoscerli o sapere determinate cose. Mi son fatto una cultura da solo, tramite quello che passava e internet, che era sempre più ricco di informazioni. E quindi pian piano c’è stato il momento in cui loro si sono accorti che facevo questa cosa, sono andato a suonare in determinate situazioni locali e da lì è nato poi un rapporto di conoscenza e di amicizia che ha portato alla Machete.

Ok, le domande noiose sono finite.

No, non erano noiose.

Tranquillo, lo so che te le chiedono tutti ma, vedi, io spero di tornare in Sardegna quest’estate e quindi vorrei che mi facessi una classifica delle spiagge.

AHAHAHAHAHAAHAH!

Almeno tre.

Posso dirti quelle che frequento di più. Io vado principalmente a Nodu Pianu, Cala Sabina che mi fa impazzire e una spiaggia che nella mia adolescenza è stata importante, la Playa, la spiaggia dove andavo sempre. Ora ci vado di meno, che ci vanno le generazioni più fresche.

Cala Brandinchi non me l’hai messa.

Ci vado poco, son spiagge che son rinomate però per andarci devi pagare un parcheggio che è spropositato, secondo me. La cosa scoraggia, soprattutto i giovani. Come ci sono un sacco di spiagge belle, stracolme di concessioni demaniali.. ombrelloni ecc.. cose che son cominciate ad apparire nella mia adolescenza, ma quando ci andavo che ero piccolo piccolo alcune spiagge erano intonse. Questo un po’ è triste se vogliamo. Non ti puoi più mettere dove vuoi, perchè lì magari devi pagare la sdraio.. quello è brutto, ma credo sia una realtà con la quale dovremo sempre più avere a che fare. Turismo aggressivo, chiamiamolo così.

Massimiliano Lonuzzo (tour manager Machete): la Machete è per il turismo sostenibile!

(risate)

Ok. L’altra domanda che veramente volevo farti, dato che, come avrai, capito l’uscita del disco era solo una scusa..

AHAH!

Io sono un grande fan del porceddu, ma qui a Firenze non è possibile mangiarlo buono. Quindi dovresti dirmi tre segreti per cucinare il porceddu a modo.

Dovresti venire a casa mia e chiedere a mio nonno.

Non ho tuo nonno qui, e poi non ha fatto un disco su Machete.

AHAHAHAA!

Non ancora, almeno. Magari un featuring nel mixtape..

I segreti però ancora glieli devo estrapolare.

Veramente?

Uno dei segreti, forse l’unico, che mi ha detto, è questo: se vuoi fare il porceddu a pranzo, devi preparare il fuoco dalle sei.

Di mattina!?

Sì. Una brace di una certa consistenza e di un certo calore per avere poi la cottura finale per avere il porceddu in tavola all’una. Così facendo, verso le dieci, le undici, il fuoco avrà raggiunto quel livello di intensità da garantire una cottura seria: è importantissima la fragranza della cotenna. Deve essere fragrante al punto giusto: molti cuociono il porceddu bene all’interno ma fuori però la cotenna è bruciata perchè l’han cotto troppo. Così no. Tu devi avere il porceddu cotto bene e la cotenna fragrante. Queste sono le mie due informazioni, quando avrò 50 anni lo saprò fare ancora meglio.

Ok, l’ho portata a casa, sono felice.  

Ciao, grazie!