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L’ignorante 1.2 L’omicidio della Giustizia



Come mi dispiace dover riaffrontare questo argomento dopo così poco tempo da: Babbo ma loro non erano quelli buoni? 

Era il 6 Gennaio quando andò in onda la puntata di #Report dedicata alle morti di stato ed io scrissi quello in risposta a mia figlia Ginevra.

Non sono passati nemmeno quattro mesi e siamo di nuovo a parlare di “morti di stato”.

Sì, morti di stato, perché la standing ovation di martedì del sindacato di polizia ai tre dei quattro poliziotti condannati in via definitiva a tre anni e mezzo per la morte del giovane Aldrovandi (18 anni)  è un altro omicidio di stato, sì, un omicidio.

E’ l’omicidio alla dignità per la vita umana, l’omicidio della giustizia, della sensibilità, della verità, ed è anche il suicidio degli uomini di stato che dovrebbero rappresentare la giustizia e la verità.

Non esagero, se penso, scrivo e urlo che è vergognoso e che diventa sempre più vergognosa questa storia se mai non lo fosse già di partenza.

La morte di un giovane, i depistaggi, gli insabbiamenti, un processo con la verità emersa su fatti accertati e confermati da prove, una condanna a tre anni e mezzo eseguita con soltanto quattro mesi grazie all’indulto, il ritorno in servizio anche se in ufficio.

E se non bastasse tutto questo, l’applauso del sindacato di Polizia a mettere quella ciliegina non dolce su quella torta che sa di fango, che sa di oltraggio alla giustizia e alla verità, come se la verità, poi, ogni volta fosse doppia, fosse diversa a seconda di chi viene giudicato e condannato.

Basta!  Basta! Avete capito? Basta!

E se da una parte le condanne sia del Ministro dell’Interno, sia del Presidente del Consiglio danno il senso della pesantezza dell’accaduto, c’è sempre chi specula.

Matteo Salvini velocemente ha preso posizione: Io sto con le forze dell’ordine!”

Bravo Salvini, complimenti.

Ho capito che il sindacato coinvolto è il Sap, vicino alla destra e non il Siulp vicino alla sinistra.

Ma caro Salvini, invece di andare a difesa della giustizia, della verità, invece di stare dalla parte della certezza della pena, cara alla vostra linea politica da sempre, cosa fate? Prendete le parti di tre condannati. Vogliamo discutere sul giusto o sbagliato della condanna? Si può fare… mettiamo in discussione, come sempre la magistratura? Ok.. succede troppo spesso quando però accade a chi vi è caro.

Ma pensate davvero che a noi che viviamo la nazione reale non piacerebbe avere un paese sensibile, giusto, equilibrato, senza ombre, senza la prova continua che in Italia il pesce puzza dalla testa?

E mentre a Firenze (Nel mio Rione) si cerca la verità sul caso Magherini, scoppiato proprio in questi giorni sulle prime pagine dei giornali nazionali, loro applaudono a tre poliziotti condannati. Furbi. Intelligenti. Oppure cosa dovremmo dedurre da questo applauso?

Che per voi la condanna è ingiusta. Che la magistratura ha sbagliato.

Allora dovremmo arrivare alla conclusione che la legge non si basa sulla giustizia e sulla verità, ma sul: dipende a chi succede.

Io sono un padre. Vorrei aver paura della droga, dei violentatori, dei rapimenti, rapinatori, dell’alcool, della velocità, dei motorini, di tutto… ma non della Polizia.

Devo insegnare ai miei figli che devono stare attenti anche a voi? che vergogna.

Ho visto la madre di Federico.

Sì, si chiamava Federico, gli amici molto probabilmente lo chiamavano Fede, quella sera tornava da una serata con loro.

Sua madre molto probabilmente quella sera prima di uscire l’avrà salutato dicendogli:

-Fede mi raccomando stai attento, torna presto- con quell’accento dolce che hanno in Emilia Romagna.

-Si, mamma non preoccuparti, tranquilla- gli avrà risposto Fede quasi sbuffando e uscendo.

Federico non è tornato.

Poi la telefonata, il campanello di casa che suona, la notizia, l’incredulità, lo strazio, il dolore lacerante.

Poi i dubbi sulla sua morte, la battaglia per la verità, gli anni di lotta.

La rabbia. Lo sdegno. Il senso di impotenza.

La condanna e finalmente un po’ di giustizia per Federico.

Poi la piazza che manifesta dopo il reintegro in sevizio dei poliziotti.

E ancora gli applausi di ieri.

Ancora la morte.

Quante volte deve morire Federico? Si sarà detta Patrizia, la mamma di Federico.

Allora arrivano ancora gli incubi di come e cosa avrà provato Fede in quei momenti, se avrà invocato aiuto, se avrà urlato mamma mentre lo pestavano. E allora ancora rabbia. Sdegno. Vergogna.

E voi genitori cosa fareste oggi?

Carlo al G8 aveva un estintore in mano a giustificare il colpo di pistola.

Federico tornava a casa dopo una serata con gli amici, come fate ancora a difendere chi lo doveva difendere e invece l’ha ucciso?

Vergogna.