E’ evidente quanto House of Cards, serie politica e apparentemente di nicchia, abbia spopolato e aumentato l’audience più inaspettata. Nonostante il linguaggio tecnico e legato a strategie immaginabili ma sconosciute, è seguito da milioni di telespettatori in tutto il mondo. Merito del carattere machiavellico di Frank Underwood, interpretato da Kevin Spacey, attore cinematografico di successo che ha abbracciato la tv, e della moglie Claire, interpretata dall’affascinante Robin Wrigth, con la quale il protagonista intrattiene un rapporto devoto, complice ma profondamente anti-convenzionale, soprattutto per l’immaginario collettivo relativo alle cariche politiche di quel livello. Una serie di ingredienti equilibrati e messi al momento giusto in questa zuppa, considerata una delle maggiori sorprese degli ultimi anni.
La vera forza di questa serie è sicuramente la verosimiglianza, la messa in scena di un’insieme di modalità attraverso le quali si muove la classe politica statunitense, che, in realtà, dovrebbe disgustare lo spettatore medio, per il modo in cui gli interessi personali non concedano nemmeno un minimo spazio a quelli sociali, ma che invece lo attraggono spontaneamente. L’intelligenza strategica del protagonista seduce lo spettatore così come tutti i personaggi della serie, spazzando via ogni sentimento di bene comune. Nel nostro profondo sappiamo tutti quanto ingannevole, cinico ed egoista sia il deputato Underwood, ma ce ne freghiamo, perché il suo modo di agire è paradossalmente ammirabile tanto da superare ogni morale. La gente tifa per lui! E questo è tanto strano quanto evidente.
Il tweet di Obama, il presidente “black” che ha vissuto per primo l’universo social e la rinascita delle serie tv moderne, ha fatto notizia in tutto il mondo: “Tomorrow: @HouseOfCards. No spoilers, please”, ecco il messaggio lasciato da Barack al mondo intero, dichiarandosi apertamente appassionato alla serie che distrugge la credibilità della politica americana. In più il presidente americano ha elogiato l’efficienza della Washington di House of Cards: “Mi piacerebbe che le cose a Washington fossero così spietatamente efficienti”, aggiungendo: “Questo tizio riesce a ottenere un sacco di risultati”.
Il virus ha contagiato anche i politici americani meno importanti che hanno utilizzato svariate citazioni in moltissime occasioni.
Insomma il paragone fra la finzione e la realtà, alla classe politica americana non può che venire spontaneo; quello che conta è non prendere alla lettera la serie come fosse un manuale per agire in politica, e difatti, è proprio quello che ha detto l’autore del libro Micheal Dobbs al nostro Matteo Renzi dopo aver avuto notizia dell’acquisto del suo libro: “Le mie storie non sono un manuale di istruzioni“, ecco il messaggio che lo scrittore britannico, ex consigliere di Margaret Thatcher, ha mandato al nostro presidente del consiglio, probabilmente preoccupato degli effetti incontrollati che un semplice romanzo trasformato in serie tv possa avere sui capi di stati più “inesperti”. Renzi confida che non somiglia per niente a Frank Underwood, ma che ha intenzione di alternare “strumenti tradizionali di formazione politica con le serie tv americane”. Chissà!
Dall’Inghilterra arrivano diversi paragoni con il personaggio interpretato da Kevin Spacey e il Primo Ministro David Cameron, che ha dichiarato di adorare la serie; in Cina milioni di persone preferiscono House of Cards alle produzioni locali, mentre il governo critica aspramente la corruzione diffusa della politica americana. Secondo Zhao Lin dell’Istituto di Vigilanza (organo legato al Ministero della Vigilanza cinese), la serie ha l’obiettivo di conferire legittimità alla corruzione dilagante degli Stati Americani, esprimendo la vera essenza della politica americana.
Dal Cremlino arrivano invece notizie coerenti con la politica profondamente repressiva adottata negli ultimi tempi da Putin. Alla richiesta di girare una scena all’interno della sede del Palazzo di Vetro dell’ONU, dopo l’appoggio del Segretario Ban Ki-moon che aveva visto un’occasione di pubblicità per le Nazioni Unite, arriva il forte “niet” della Russia, decisamente contro la trasformazione momentanea del palazzo in un set televisivo: la scusa, in questo caso, sta nell’intralcio ad un’eventuale riunione straordinaria in un momento così caldo per il panorama delle relazioni internazionali. Magari la troppa verosimiglianza tra il cinismo di Underwood e quello del premier russo è imbarazzante?
House of Cards, una delle poche serie tv politiche di successo, offre pareri contrastanti provenienti da molte parti del mondo, ma tutti scalpitano dal desiderio di sapere come andrà a finire, se Frank la passerà sempre liscia, elogiando dunque la vittoria del potere sulla giustizia morale, o se riusciremo ad assistere, forse tristemente, alla picchiata che fisicamente dovrebbe arrivare dopo un’ascesa così repentina.