Ho già detto che io non sono Charlie Hebdo, non lo sono mai stato, solo perché sono contro il terrorismo e contro la guerra ogni giorno e non soltanto quando accadono eventi straordinari per noi, ma quotidiani per molte altre parti del mondo.
Ogni giorno dovrei avere un nome diverso, ogni giorno dovrei sentirmi indignato seriamente e fare fiaccolate per qualcosa di grave che accade nel mondo, ma la percezione cambia e cambia di paese in paese.
Cambia sicuramente grazie e per colpa dei media che danno grande risalto a Parigi ma considerano la strage Nigeriana del giorno dopo, con oltre 2000 persone morte, una notizia da tredicesima pagina, ho detto persone non soldati e ho detto morte. Tre bambine si fanno esplodere in un mercato, ho detto bambine, ho detto si fanno esplodere.
La percezione cambia sì, morti di serie A, morti di serie B, morti di nessuna serie o categoria.
Percezione diversa ogni volta, siamo Charlie Hebdo oggi, come siamo stati Americani con le Torri Gemelle, Inglesi con le Metropolitane e Madrileni per gli attentati in Spagna, ma quando siamo stati Africani, Islamici o Palestinesi?
L’involucro cambia colore, ma il sangue è rosso. Ovunque.
Colpa dell’ingiustizia sociale.
L’ingiustizia sociale che dilaga e dilaga anche da noi ormai, ingiustizia che si fa spazio tra le disuguaglianze economiche, tra le diversità di status sociale, tra il io ho e te no, si fa largo dove molti vedono un mondo che va alla grande e molti altri lo vivono come morto, dove molti vedono vite che si arricchiscono e altri neanche sopravvivono, è lì che cresce l’invidia e nasce l’odio, dove dilaga l’intolleranza e dove le persone vengono tenute, spesso volutamente, povere economicamente e intellettualmente.
Nell’ignoranza si fa largo l’intolleranza, nell’intolleranza nasce l’odio, con l’odio le guerre. Loro sono pazzi, noi siamo normali? Boh.
Oggi, sono Raif Badawi, blogger Saudita dissidente, giudicato colpevole di aver offeso l’Islam sul suo forum “Liberali dell’Arabia saudita” e condannato a dieci anni di carcere e mille frustate, ne vengono eseguite 50 a settimana e la moglie crede che non resisterà e morirà presto di dolore, perchè le frustate, quelle vere, tagliano la pelle e aprono la carne.
Domani non lo so, forse vorrei essere Mirco che non deve essere nessuno.
Sono stato anche A’Isha purtroppo, chi è? Innocente vittima della follia umana.
Ore 6.30 suona la sveglia.
Ginevra si rigira e, nonostante l’età, ha il suo pollice destro in bocca per coccolarsi.
-Amore dobbiamo alzarci, è il nostro giorno- le sussurra la mamma ricordandole che quel giorno, è un giorno importante per lei, come fosse un compleanno, Natale o il primo giorno di scuola.
Ore 6.30 Il gallo canta
A’isha (nome di fantasia) si rigira, nonostante l’età, ha il suo pollice destro in bocca per coccolarsi.
-Amore dobbiamo alzarci, è il nostro giorno- le sussurra la mamma ricordandole che quel giorno, è un giorno importante per lei, come fosse un compleanno, Natale o il primo giorno di scuola.
Ginevra si rigira ancora una volta, e nonostante abbia un sonno da morire si alza bofonchiando e si avvia verso il bagno, ha sette anni e molte cose, se non tutte, ancora non le conosce.
Mentre papà prepara la colazione, mamma le lava il viso e la veste di tutto punto, perché Ginevra non vuole uscire di casa arruffata, a lei piace piacere e le piace essere una bimba bella.
Fa colazione, con quello che c’è, e aspetta mamma che le prepara lo zainetto per uscire.
A’isha si rigira ancora una volta, e nonostante abbia un sonno da morire si alza bofonchiando e si avvia verso il bagno, ha sette anni e molte cose, se non tutte, ancora non le conosce.
Mentre papà prepara la colazione, mamma le lava il viso e la veste di tutto punto, perché A’isha non vuole uscire di casa arruffata, a lei piace piacere e le piace essere una bimba bella.
Fa colazione, con quello che c’è, e aspetta mamma che le prepara lo zainetto per uscire.
Ginevra prende il suo zainetto, con dentro i libri, le armi per provare ad avere un futuro migliore o un lavoro che le piace, esce di casa con la madre.
-Amore, hai capito cosa devi fare?-
-Sì, mamma-
-Brava la mia cucciola, sono orgogliosa di te-
A’isha prende il suo zainetto, con dentro le armi per provare a far avere un futuro migliore, questo è quello che le ha spiegato la mamma, ed esce di casa.
-Amore, hai capito cosa devi fare?-
-Sì, mamma-
-Brava la mia cucciola, sono orgogliosa di te-
La strada che divide Ginevra dal suo futuro è asfaltata, ci sono macchine che suonano, il tizio che porta il cane a fare i bisogni, negozi aperti, qualcuno che per strada la saluta perché saluta la mamma, lei sorridente cammina.
La strada che divide A’isha dal suo futuro è stretta e polverosa perché fatta di terra friabile, secca, terra chiara che crea polvere, una terra dove non piove da mesi, lei non sorride.
La mamma lascia Ginevra nella piazzetta della scuola, in fondo alla strada, le dà un bacio in fronte e guardandola negli occhi le dice: -A dopo amore-
Ginevra si intrufola come solo i bimbi sanno fare, fra le gambe delle altre mamme ed entra a scuola.
La mamma lascia A’isha nella piazzetta del mercato, in fondo alla strada, le dà un bacio in fronte e guardandola negli occhi le dice: -Dio è grande-
A’isha si intrufola tra le persone, come solo i bimbi sanno fare, e si fa esplodere.
Ginevra è mia figlia.
Vorrei lo fosse stata anche A’isha.