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Kiave Nemico di Se Stesso



Nel momento in cui ognuno decide di compiere un passo in una direzione, allora significa che ha scelto.
È l’inizio di una strada solitamente buia, spesso impervia, talvolta che si biforca.
È l’incisione astratta di un’alpha il cui desiderio è scontrarsi con la sua omega.
Non so quando è stato il momento preciso in cui Kiave ha scelto che la sua via sarebbe stata quella della “povertà”, quel vicolo con pochi sbocchi, con scarsa luce, ma ricordo perfettamente quando involontariamente ha indicato la mia via, benedicendola con la prima conversazione musicale che pose quell’alpha sui miei piedi.
In quell’occasione Kiave, raccontando del suo ultimo disco, mi confidò che «Se avessi dovuto intitolare il disco Solo per Cambiare Se Stessi, allora sarebbe stata molto più ambiziosa come cosa» ed effettivamente lo sarebbe stata, ma non per questo il titolo Solo per Cambiare il Mondo lo è stato meno.
A tre anni di distanza Kiave esce con un nuovo mixtape Fixtape e la prima cosa che mi sovviene è se quell’obiettivo l’abbia realmente realizzato.

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«Il tuo ultimo lavoro risale al 2012. Sei riuscito a cambiare il mondo?»

«Dato che io sono cambiato, sì, credo di aver cambiato il mondo. Ho scelto il titolo del disco Solo Per Cambiare il Mondo perché sono fermamente convinto che se tu ti senti parte integrante del mondo e decidi di cambiare te stesso, allora il tuo cambiamento si ripercuote anche sul mondo. Faccio tante cose nella mia quotidianità per la società e realtà che vivo, cercando di cambiarle ogni giorno. In questo periodo sono cambiato tanto, anche musicalmente: mi sento più solido, più concreto e focalizzato e ho dovuto attraversare l’inferno per raggiungere queste cose.»

«Il secondo brano del mixtape, sembra manifestare una rassegnazione per quanto riguarda la qualità del pubblico che dice di apprezzare il rap. Come apertura del tape non è un po’ avvilente?»

«Alla fine è pure molto ironico quel pezzo e spero si noti. È stato scritto in un momento in cui mi ponevo la domanda: “per chi sto scrivendo?”. Sembra banale, ma ho continuato a scrivere per me stesso, perché non stavo attraversando un bel momento della mia vita e la scrittura mi ha di nuovo tratto in salvo, facendomi prendere bene. La creatività ha guarito le ferite. Alla fine però lo dico per chi scrivo. Ho capito col tempo che il mio genere non può piacere a tutti, perché io non piaccio a tutti e tutti non piacciono a me; io non voglio piacere a chi non mi piace, sarebbe un rubare e io non voglio rubare (per il momento) [ride].»

«Pezzo Positivo è la prima anteprima che hai fatto uscire, che tutt’altro sembrerebbe che positivo. Perché questa scelta?»

«Perché è stato scritto in un periodo in cui non stavo vivendo assolutamente un momento positivo per varie cose personali. Un giorno mi sentivo totalmente alienato dal mondo (un anno fa all’incirca) e ho deciso che non avrei fatto un cazzo: mi sarei seduto sul divano e avrei vissuto come tante persone che conosco, senza fare un cazzo dalla mattina alla sera, senza cercare di cambiare a tutti i costi le cose, senza fare per forza musica e avrei guardato la televisione. Dopo un’oretta e mezza, tre, quattro che guardavo la televisione, ho iniziato a sentire tutte le rime che mi arrivavano una appresso all’altra; ho preso un beat di Fid Mella anche abbastanza datato e l’ho fatta in un attimo. Era più uno sfogo, ma poi quest’estate l’ha sentito Paura e mi ha detto di farlo uscire con un video: mi sono fidato.»

«In questo tape, produttori e feat superano il numero dei pezzi. Sei riuscito a trovare una connessione artistica con ognuno di loro?»

«Ma sì: è l’ambiente mixtape! L’ambiente mixtape è una sorta di super party dove ognuno viene e porta il suo.Mi sono lasciato andare e così anche i produttori. Uno tra i produttori con il quale non avevo mai collaborato è Anagogia. Mi ha mandato una serie di beat e appena ho sentito la base di Odio Auto-Citarmi, mi sono messo lì e ho provato il pezzo in freestyle; l’ho risentito, ho cambiato tre o quattro rime e l’ho lasciato in quel modo. L’ho registrato tutto d’un fiato: è come se fosse un freestyle unico. L’altro è Chebit, che mi ha mandato il beat appena gliel’ho chiesto e ho fatto il pezzo in tre giorni. Nel mixtape c’è tutta Blue Struggle con cui ho un rapporto fantastico e tutti gli altri che ho voluto inserire sono ragazzi più giovani con i quali ho voluto confrontarmi. Ormai le persone con cui collaboro mi conoscono; mi trovo sempre bene e loro sono sempre super felici, quindi vuol dire che un minimo di impronta l’ho lasciata.»

«Il pezzo 6 Sens(e)i richiama il titolo dii un pezzo di Don Diegoh, 5 Sensi, che in più è presente proprio in questa traccia come uno dei sei sensei. C’è un riferimento in merito alla prima valenza del duplice significato che ha questa traccia?»

«È stata una cosa non proprio voluta. Avevo questo beat di Big Joe (fantastico) e io ho sempre voluto fare un pezzo sui sensi, che parlassero però in prima persona: l’ho proposto e in cinque secondi è nato il pezzo. Diego mi disse questa cosa (io me n’ero completamente scordato) e gli prese bene: non l’abbiamo vissuta come un limite, anzi. Poi sono sei sensei, perché c’è anche DJ Tsura. Sono super contento di quel pezzo.»

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«Questo Fixtape racchiude i brani che hai scritto negli ultimi anni. È più un percorso che indica gli scalini che hai salito per arrivare ad un nuovo disco che uscirà a breve?»

«Assolutamente sì. È l’anticipazione. I soldi di Solo Per Cambiare Il Mondo (non è molto da rapper questa cosa) li ho investiti per rimettermi a studiare: l’impostazione vocale, musica, ho riascoltato attentamente milioni di dischi. È una cosa che non ho mai potuto fare prima. Spero venga percepito il mio desiderio di evoluzione. Mi è sembrato troppo secco arrivare subito con un nuovo me, quindi il mixtape funge da ponte: dentro ci sono featuring in cui mi sono confrontato con altre realtà, rapper, bpm e in più ho fatto dei pezzi che fanno da tramite a quello che poi sarà il disco, che comunque avrà anche un suono completamente diverso dal mixtape, rimanendo sempre rap.»

«Nei tuoi brani affronti spesso e parallelamente spiritualità e combattimento, come se tu fossi ispirato dalla filosofia de L’Arte della Guerra. È così?»

«Sì. Continua ad ispirarmi moltissimo l’oriente e la ricerca di se stessi. Non a caso l’outro del mixtape è proprio Bruce Lee. Ho letto tantissime cose sia su di lui, sia sulla filosofia zen: per come concepisco io l’hip hop e l’arte in generale va sempre di pari passo con una continua ricerca interiore. Sono sempre in competizione con me stesso. Sono io il mio nemico, per quanto riceva dissing, io devo superare me stesso. Anche nel nuovo disco non ci saranno dissing ad altri rappers (l’ho fatto moltissimo in passato), ma adesso non m’interessa più questa cosa.
La vera guerra è rimanere saldo sui tuoi principi e sulle tue scelte, cercando di fare qualcosa per cambiare le cose. Voglio migliorare me stesso e dare alla gente qualcosa in cui rispecchiarsi.»

«Perché “fix”?»

«È semplicissimo: il cosentino tende a mettere la x per abbreviare le cose e i miei amici (dato che mi chiamo Filice) mi hanno sempre chiamato Fix. Quando lo dissi a mio padre, mi raccontò che quando era ragazzino lui lo abbreviavano così, quindi è una cosa generazionale e mi sembrava bello dare anche un tributo alle persone con cui sono cresciuto.»

All’improvviso Kiave sorride, colto dal ricordo di com’è nato il titolo del mixtape.
Mi racconta come in sala di registrazione con Rafè, insieme stavano ascoltando un pezzo in cui Mirko era sicuro di aver pronunciato correttamente “mixtape” e invece «ho detto “Fixtape”, ma senza rendermene conto! Quindi quando l’ho risentito ho pensato che fosse bellissimo: avevo trovato il titolo del mixtape». Sincero, spontaneo, schietto allo stesso modo di quando ridendo gli chiedo un parere sul sistema orario milanese.

«In Cattiva Ragazza traspare una certa insofferenza per alcune usanze del nord. Quanto ti sei ambientato a Milano?»

«Sono ironico, però ci sono cose del nord a cui non riesco ad abituarmi: per me le sei e mezzo di pomeriggio sono le 6 e 30 di pomeriggio, non le 18 e 30. A parte quello mi piace e mi ci trovo bene, però logicamente è diverso da dove sono cresciuto io e da Roma dove mi sono poi spostato. La cosa è totalmente ironica: vado a fare anche io gli aperitivi alle 19.30.»

«Concludi il mixtape con Via della Povertà

«È un pezzo a cui tengo tantissimo, che è stato tagliato da Solo per Cambiare il Mondo, perché c’era già un tributo a De André. Per fare questo pezzo ho ascoltato tantissimo il brano di De André per poterla rifare in chiave rap, che è la via che ho scelto io, con un determinato tipo di musica, un certo tipo di linguaggio, mantenendo forte la radice underground. Questa è la mia via della povertà: non mi arricchirò mai con questa musica. L’idea di cavalcare la tecnica che ha usato De André di prendere determinati personaggi storici e farli interagire tra loro e il concetto di “via della povertà” mi piaceva tantissimo.

«Quindi non credi che dovresti semplicemente traslocare?»

«No, anzi. Adesso sto in una zona fantastica, super hip hop con graffiti ovunque e ragazzi che stanno sotto casa a fare freestyle.

Per scaricare il Fixtape cliccate QUI e forse dopo averlo ascoltato, vorrete cambiare un po’ più le cose e un po’ meno le case.