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Emcee O’Zi Ispirato da Napoli e Funk



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Nel novembre 2013 nasce Yes We Jam da un’idea di Millelemmi, baluardo della rima fiorentina a 16 barre.

Ogni domenica l’appuntamento rimane fisso, senza bisogno di chiamate, inviti o messaggi: Yes We Jam al Jazz Club.

La formula della jam session di stampo hip hop, nu beats e jazz si arricchisce ogni volta con elementi nuovi e originali, che talvolta si manifestano in sembianze umane con un certo nome (riconosciuto spesso nell’ambiente hip hop) come ad esempio: Danno, Alien Dee, FFiume e molti altri.

Questa domenica 22 marzo Yes We Jam presenterà una nuova sorpresa dal sapore partenopeo, che con i suoi affezionati accenti dialettali contrasterà le nostre insipide aspirazioni, dimostrando come il rap si possa fare arte e come il flow possa essere così strettamente connesso alla propria lingua e uno strumento che crei suono: Emcee O’Zi.

Emcee O’Zi, classe ’84 cresce tra vagoni dipinti della circumvesuviana, tra cerchi di rap in piazza, raduni di breaking alle poste, dischi de La Famiglia e dei 13 Bastardi ed i freestyle di Speaker Cenzou in una Napoli che prenderà un’aroma funk-soul e che sarà sempre sua musa.
Il collettivo TCK sarà essenziale nella sua evoluzione e sarà quello che lo porterà sui palchi di tutta Italia e con i quali si prenderà cura della sua città organizzando eventi e manifestazioni influenzando il luogo con nuove tradizioni di gusto hip hop. Clementino, Ganja Farm e Fabio Farti saranno componenti fondamentali del suo tragitto musicale, che infine lo porterà ad essere l’MC che è oggi.

Carico di una nuova adrenalina data dal suo ultimo album Debug, che ha rinforzato il suo stile e intensificato i suoi testi, Emcee O’Zi in previsione della Jam ha descritto un po’ la sua rima, un po’ la sua cultura e infine Napoli, che caratterizza lui, la sua musica e il suo pensiero.

«È da poco uscito il tuo nuovo album Debug. Il fatto di utilizzare alcune basi così sperimentali e inusuali (come ad esempio Quanno Fa Scuro) è stata una decisione atta a creare un ambiente volutamente ansiogeno per i tuoi testi?»

«Non saprei, è tutto nato in maniera molto naturale, sono cresciuto in mezzo ai bboyz tra cerchi, cartoni e marmi, quindi la mia prima fonte di ispirazione resta sicuramente il funk; anche se la mia ricerca musicale è “break beat based” ed è proprio per questo che negli anni ho iniziato ad ispirarmi tantissimo al rock progressive ed alla prima industrial, generi musicali dove il break è dietro l’angolo fuso con elementi talvolta inusuali, talvolta dissonanti. La ricerca di qualcosa di insolito infine, è attribuibile allo stesso background, nel breaking ma anche nei graffiti: la ricerca dell’originalità è qualcosa di ossessionante.»

«La scelta di rappare in dialetto è dovuta ad un senso di appartenenza, per accentuare i tuoi “versi sovversivi” o perché si presta ad avere un flow più fluido?»

«Il napoletano è la mia prima lingua, quella nella quale penso. Ho sempre ritenuto che il rap fosse una forma d’arte libera da alcuni schemi e congetture, per cui ho scelto di esprimermi in questo modo fin dalle mie prime produzioni. Tradurre significherebbe per me filtrare l’intenzione.»

«Come è nata l’idea di Enter The Bug

«Ho pensato che sia le scelte linguistiche, sia la “cervelloticità” degli argomenti trattati nel progetto potessero inficiare la fruizione del progetto rendendolo non proprio immediato. Mi sono quindi ispirato ad un’idea avuta già qualche anno fa da Aesop Rock nel progetto Behind Skelethon


«Cosa cerchi nella composizione di un pezzo rap?»

«Inizialmente era scrittura per libera associazione, battle rhyming fine a se stesso; ho col tempo però sviluppato il desiderio di scrivere “canzoni” che rimanessero. C’è da dire che dall’esercizio di stile ho ereditato l’imperativo di superare sempre e comunque quanto da me fatto in precedenza.»

«Il rap è per te uno strumento per veicolare un messaggio?»

«Decisamente, credo che la musica sia uno dei pochi mezzi che ci siano rimasti per esprimere in maniera più o meno libera i nostri pensieri.»

«Il fatto di rappare in napoletano non credi che limiti la comprensione?»

«Talvolta sì, ma non è una cosa che mi preoccupa più di tanto. Potrei dirti ad esempio che il pubblico Hip Hop ha perennemente gli occhi aperti su tutto quello che succede negli States: ma quanti al primo ascolto capiscono perfettamente tutti i testi dei rapper stelle e strisce?! Per comprenderli appieno c’è comunque un bel po’ di lavoro da fare. Personalmente cerco di facilitare da sempre il compito allegando in tutti i miei progetti le traduzioni in italiano dei brani.»

«Quanto è parte Napoli della tua ispirazione?»

«Vivermi Napoli per me è fondamentale sia linguisticamente, sia concettualmente. Sono innamorato della tradizione teatrale, musicale e letteraria della mia città: è un’ispirazione infinita per me.»

«Come credi che ti approccerai all’improvvisazione di Yes We Jam

«Per citare John Cage, la vera sperimentazione musicale non conosce il risultato finale, sono curioso quanto ansioso di vedere cosa ne uscirà fuori.»

Domenica a Yes We Jam se ne cadrà il posto.

Emcee O'Zi by Gaetano Massa 3

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Press Photo Gaetano Massa