La prima prima volta che provarono a mettermi in braccio un bambino si trattava di un cuginetto, la mamma fece il gesto di passarmelo, e nel momento esatto in cui le mie braccia erano pronte arrivò la frase:
-occhio al collo èh!-
-occhio al collo??-
-Sì, quando lo prendi tienigli su la testa perché sai, il collo, è fragile.-
Ecco, tienilo te vai.
Un trauma. Questa la prima esperienza.
Per me da quel momento i bambini sarebbero stati delicati e a rischio staccamento testa dal collo fino ai 12 anni.
Ecco, toccali te vai.
Poi andai a trovare Francesco, uno dei miei migliori amici.
Francesco è stato il primo padre della compagnia, quando entrai nella stanza con il famoso vetro, c’era una schiera di parenti e amici di tutti quei mostriciattoli sbraitanti, nel guardarli tutti, ne vidi uno con una testa enorme e capelluta, sembrava un quindicenne, ed io pensai bene di uscirmene così:
-Oh Checco, non sarà mica quello con quel testone lì il tuo eh!?-
-No Mirco, quello è suo…-
E mi indicò il padre che dietro di me mi guardava con lo sguardo infuocato.
-Salve.. si scherza eh..-
Insomma, diciamo che le mie esperienze con i bambini non sono state proprio così felici. Anzi.
Poi succede l’inaspettato, diventi padre.
E diventi padre da un momento all’altro, non in nove mesi come la donna…non te lo aspetti, lo diventi nell’attimo in cui ti mettono in braccio quei tre chili e mezzo circa di essere umano, e quella è una bomba.
Una bomba perchè è come sentire una parte di te in braccio a te, l’espressione della tua vita in un altra vita, la sensazione di toccarsi un braccio, una parte di te stesso..boh.
Non è affetto, non è passione, non è innamoramento, forse un colpo di fulmine, comunque un amore strano, diverso, non so cosa scatta dentro, almeno io non sentii paura nel toccarla, non sentii difficoltà nel tenerla in braccio, la cosa fantastica e strana, fu la naturalezza con cui, almeno io, stringevo quel mostriciattolo.
Niente distaccamento del collo.
Essere padre vuol dire tenersi stretto al petto uno dei sentimenti più profondi che esista.
Non può esserci scusa per non provare fino in fondo ad essere un buon padre, non può esserci scuse per non dare amore incondizionato ad un figlio.
Non possono esserci scuse per non esserci per un figlio.
Non avere un padre fisicamente me lo ha fatto immaginare, me lo ha fatto disegnare nella mente e la mancanza mi ha fatto diventare e provare ad essere quel padre che avrei voluto avere per me e che mi ero immaginato mi sarebbe servito.
Non è mai facile vivere senza un genitore, ma cos’è facile? Esserlo?
A volte non è assolutamente facile vivere con due, per alcuni sarebbe stato meglio non averlo.. perchè la verità è che per alcuni, alcune cose, non sono sventure..
Difficile il rapporto genitori figli e non da oggi.
E provare ad essere un buon genitore è il lavoro più difficile che un essere umano è chiamato a fare, diciamo, obbligatoriamente…
Il 16 Dicembre 1983 mio padre muore.
Anche il come sarebbe importante, ma non più fondamentale, adesso.
Avevo compiuto nove anni da tre mesi, facevo la terza elementare alla Gaetana Agnesi, Via Maffia, Santo Spirito, Firenze.
Vivevo quegli anni tra tre strade, via de’ Serragli dove abitavo, via Maffia dove andavo a scuola e abitavano la mamma di mio padre e la sorella, e via Sant’agostino fulcro di quella parte di rione che a metà anni ’80 pullulava di negozi.
I ricordi sono frastagliati, suddivisi, ricordo quel giorno in cui una donna amica di mia mamma, ma per me semisconosciuta, venne a prendermi a scuola.
Ricordo la pesantezza dell’aria di quei giorni, non ricordo bene cosa mi dissero, o forse sì.
Ricordo quel natale, ricordo l’ultimo regalo di mio padre sotto l’albero, ricordo la sensazione di vuoto, mi mancava già qualcosa anche se non decifravo bene cosa.
Gli anni poi sono passati, i rischi dell’adolescenza superati con errori fatti e pagati, donne mi hanno ferito a morte, amici tradito, qualcuno è morto, la vita è così.
Essere padri è una grande responsabilità.
Auguri babbo. Auguri a me.
Augh e buona fortuna a tutti.