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Pannaus Props: l’artigianato che ci invidiano all’estero



Fulvio Pannese, fondatore, e Riccardo Depaoli, scultore/maker, sono i due abili imprenditori dietro le meraviglie di Pannaus Props, tra carpenteria, design e divertimento da cine-fumetto. Pannese ci racconta da vicino che cosa sogna e quanto ardua sia la realtà italiana per il suo business oggi.

Sito ufficiale QUI

Le origini di Pannaus Props

“Pannaus Props nasce come Alpha Studios nel gennaio 2011 per poi divenire Pannaus Props nel 2012, quando sono tornato nella mia città natale. Il nome deriva da un mio nick name affibbiatomi da un compagno di liceo dopo essere stato un anno negli Stati Uniti. Non è altro che il mio cognome ‘Pannese’ inglesizzato. Ho optato per un nome che fosse subito riconducibile a me. In più Pannaus è un nome unico su internet, Alpha Studios esiste in decine di diversi campi”.

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La produzione di Pannaus

“Nonostante abbia niziato a creare ‘oggetti’ già nel lontano 1999, dopo l’uscita di Episodio I di Star Wars, posso attribuire ad Iron Man il mio vero ingresso nel professionismo da prop maker. Prima di vedere le immagini dell’armatura nel 2008, infatti, i miei metodi erano piuttosto amatoriali e proprio la voglia di ricreare dapprima l’elmetto poi l’intera armatura dell’uomo di ferro, mi ha dato la spinta necessaria per arrivare a un livello che negli anni è migliorato costantemente grazie anche all’incredibile quantità di informazioni presenti sulla rete. Purtroppo l’armatura intera di Iron Man è un sogno che rimane nel cassetto per motivi di tempo ed economici. Creare un’armatura intera di una certa qualità richiede tantissimo tempo e dovendo rimanere un progetto personale (non si può vendere un oggetto coperto da copyright), rischierei di investire tantissimo tempo e denaro per qualcosa che non porterebbe comunque introiti. L’elmo invece, finito nel 2010 dopo due anni di tira e molla, mi ha permesso di farmi conoscere nella comunità mondiale di makers e fan, e questo mi ha dato modo di capire che c’era un pubblico là fuori pronto a spendere soldi per chiedere commissioni. In quel momento ho deciso di intraprendere quest’attività full time”.

Il sogno americano

“Nonostante le cose andassero bene e gli ordini non mancassero, ho iniziato ad avere un tarlo fisso. La stragrande maggioranza della nostra clientela è estera, tanto che spediamo il 95% delle nostre creazioni fuori dall’Italia, ma il paese che più richiede i nostri servizi sono gli Stati Uniti. Tempio del nerdismo e collezionismo per eccellenza, gli Stati Uniti sono sempre stati per me quello che considero il mio vero paese, un po’ per il mio amore smodato per il baseball e per gli sport americani in generale e un po’ per le opportunità e possibilità che in Europa non è possibile avere. Parliamo anche solo di convention come il ComicCon di San Diego dove ogni anno si ha la possibilità di incontrare registi e attori famosi, più decine di migliaia di fan perfetti per il nostro business. Dal 2012 ho iniziato a pensare seriamente a spostarmi negli States, anche solo per un periodo di tempo per vedere effettivamente se la mole di ordini e di commissioni potesse in qualche modo aumentare. Nel 2013 ci è stata data questa opportunità da un Leathersmith del Texas, Samuel Lee di Prince Armory che ci ha ospitato da inizio dicembre a fine febbraio nella sua ‘factory’ di Dublin, a sud-est di Dallas. Nonostante io avessi già passato più di 18 mesi negli States, in città come Las Vegas (a 16 anni come Foreign Exchange Student) e Bartlesville (Oklahoma per un anno di college, ma sempre per il baseball), Dublin è stata un’esperienza totalmente diversa. Abbiamo dovuto crearci le nostre stanze con cartongesso e legno, dividere un bagno con altre 5 persone e lavorare con temperature veramente basse. Senza possibilità di spostarci liberamente abbiamo dovuto anche affrontare la spesa di una macchina e, per lavorare in modo adeguato, anche quella di diversi attrezzi e utensili. Il tutto ci ha portato a spendere tra viaggio, materiali e auto, più di 11.000 euro in due. Fortunatamente le spese per mangiare, spostarci in macchina e vivere le abbiamo ammortizzate creando e vendendo diversi oggetti. L’highlight del viaggio è stato il consegnare il nostro primo Crossover Masterpiece durante il SciFi Expo a Irving, Texas, a Karl Urban, persona veramente piacevole che ha infinitamente apprezzato il nostro regalo per lui, tanto da parlarne anche in successive fiere con più persone. Abbiamo dovuto fare la fila per gli autografi e pagare 55 dollari per accedervi. Quindi, ironia della sorte, abbiamo dovuto pagare per consegnare un regalo. Tra l’altro, la sorte vuole che Urban sia l’unico attore che non ha pagine Twitter, Facebook o altro, negandoci l’opportunità di avere anche un riscontro in pubblicità. Negli States siamo poi tornati a maggio per un solo mese, dove abbiamo partecipato al Dallas ComicCon e consegnato il nostro secondo CrossOver Masterpiece questa volta a Stan Lee. Il nostro pezzo ha fatto il giro del mondo, apparendo su diverse pagine molto importanti come la Stan Winston School of Character Arts o The Replica Prop Forum e tante altre di settore. Questa grandissima notorietà però ci ha anche penalizzato in quanto qualche invidioso ci ha poi segnalato alla Marvel che ci ha inviato una lettera C&D (Cease & Desist) per chiederci di smettere di fare commissioni riguardanti i loro oggetti”.

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Tornare in Italia: marketing o non marketing?

“Insomma, alla fine, levarmi questo dubbio sugli Stati Uniti ci è costato carissimo, tanto da chiedermi sinceramente se tornando indietro, rifarei una cosa del genere. Tornati in Italia abbiamo cercato altre strade per entrare un po’ più nel mondo cosplay. Abbiamo lanciato la campagna di Crowdfunding per la creazione di una rivista Heroes Factory. Progetto editoriale che avrebbe raccolto foto post prodotte di cosplayers, pubblicità di makers e rubriche tecniche sul propmaking e altro. Non incontrando l’interesse dei cosplayers italiani, la campagna è stata un discreto fallimento purtroppo.
Ma questo mi ha permesso di capire un po’ meglio come muovermi per una successiva riguardante il sito web di Pannaus Props che si è rivelata comunque un fallimento se non contiamo il sostegno di amici e conoscenti. Insomma, il marketing a quanto pare non è il mio forte”.

L’artigianato puro delle repliche

“In Italia esistono diversi makers e artigiani che operano nel nostro campo, tantissimi nel campo del cosplay, moltissimi nel campo della scenografia teatrale e degli effetti speciali, ma veramente pochi nell’ambito delle repliche di altissima qualità. La nostra ossessione per il dettaglio e per la pulizia del pezzo ci rendono rari, ma allo stesso tempo ci penalizzano perché sono davvero poche le persone che comprendono il tempo impiegato a fare anche un singolo pezzo o che sono disposte a spendere la giusta somma per una commissione di qualsiasi tipo. Ecco perché anche noi ci siamo spostati su creazioni con budget più bassi, altrimenti rischieremmo di non colmare il deficit che ci portiamo dietro dagli Stati Uniti”.

 

La verità di questo business e un team futuro

Capisco bene che traspaia un po’ di negatività, ma in fondo questo è un lavoro che porta tante soddisfazioni personali, e veramente poche a livello economico. Nonostante lavoriamo sei giorni e a volte sette su sette, le spese per i materiali ed il laboratorio sono sempre tantissime e non avere clienti con budget superiori a poche centinaia di euro non ci permette di trovare margini di guadagno degni di poter vivere serenamente questo nostro business.
E’ per questo che stiamo pensando di diventare uno studio vero e proprio, inglobando gli artigiani che lavorano nel nostro laboratorio in modo da poterci vendere a produzioni teatrali, TV e cinematografiche e non più ai singoli utenti”.

Comic-books

“Per quanto riguarda i fumetti, non ci crederete, ma non sono un lettore assiduo. Ho qualche cosa di Star Wars, la serie di Ade dei Cavalieri dello Zodiaco e una ventina di numeri di Nathan Never. Il mio collega Riccardo Depaoli è invece un vera enciclopedia sia di videogiochi che di fumetti”.