Una storia cominciata 23 anni fa che fa fatica a terminare. Personaggi che hanno vissuto quei momenti in primo piano che continuiamo a vedere, sentire, votare.
1992 racconta tante storie differenti ma profondamente legate a uno degli eventi che hanno segnato la politica e la società italiana in maniera “apparentemente” radicale: Tangentopoli. Dico apparentemente perché la realtà è che poco è cambiato, continuiamo a vedere in parlamento molte delle persone anche solo accennate nella serie, e continuiamo a comportarci guidati dall’individualismo e dalle scelte semplici anche se moralmente discutibili. Tutti abbiamo sentito parlare di Tangentopoli, molti di noi (chi ha l’età) l’hanno seguito e vissuto in maniera attiva, hanno visto crollare la prima repubblica con auspici futuri molto positivi e ambiziosi e che invece hanno dato inizio a una serie di scandali che in qualche modo, anche lateralmente portavano ancora il fardello degli imbrogli, della disonestà prorompente e invadente di quegl’anni. La classe politica non aveva più la fiducia del popolo, un popolo forgiato da quel modo di vivere, che ha imparato a stare a galla prima e successivamente a nuotare nella melma lercia che era ed è la società italiana; un insieme di dinamiche che invece di risollevare l’Italia avevano davanti un futuro incerto, legato alla paura e alla volontà di cambiare, in qualsiasi modo.
Leonardo Notte, interpretato da Stefano Accorsi, è un brillante pubblicitario con un passato oscuro (oltre che comunista), ingaggiato da Pubblitalia per trovare un’alternativa valida alla classe politica che piano piano si stava sgretolando. E’ cinico, ambizioso e ha un gran successo con le donne, arma che gli tornerà utile più volte nel corso della storia.
Luca Pastore è un agente della polizia giudiziaria e fa parte del pool investigativo guidato da Antonio di Pietro contro la corruzione che sta dilagando in politica. Ha uno spirito vendicativo incontrollato, che lo guiderà in tutte le vicende e in tutti i suoi movimenti, legato al fatto di aver contratto l’aids dopo una trasfusione di sangue infetto distribuito dall’industriale Michele Mainaghi, coinvolto anch’egli nello scandalo di Mani Pulite. Mainaghi ha una figlia, Bibi, interpretata da Tea Falco, una ragazzina già abbastanza cresciuta, viziata e senza un posto nel mondo, definita dal fratello Zeno “la punkabbestia di famiglia”; inizialmente lontana dalla vita aziendale, arriverà a guidare gradualmente l’impero del padre, cambiando completamente la propria personalità e il suo modo di vivere.
Veronica Castello è una donna debole, ma pronta a tutto per un momento di gloria, che in quel periodo si poteva trovare facilmente, avendo le conoscenze giuste, in televisione. Si concede a cani e porci pur di ottenere una parte di rilievo all’interno del programma televisivo domenicale di turno. Un personaggio che trasmette sentimenti contrastanti: pena, dispezzo, sessualità, caratteristica principale e che ha portato l’attrice, Miriam Leone, ad avere un enorme successo d’immagine sul web e in tv. Pietro Bosco è un ex soldato congedato con disonore per aver difeso un compagno, tornato a casa e in cerca di un futuro; il caso gli permette di entrare in contatto con un esponente della neonata Lega Nord e a diventare deputato nazionale. Dunque fa le valige e arriva a Roma, dove quello che anche lontanamente si aspettava in realtà risulta molto peggio: vittima di intrighi, accordi forzati, minacce e ricatti permettono al fastidioso e burbero personaggio di trasformarsi nel corso della storia nella figura più pura, anche se la purezza è la cosa più distante da qualsiasi vicenda trattata dalla serie.
Le vite di questi personaggi, in un modo o nell’altro, s’intrecciano in modo incontrollato, sprofondando in un vortice di bugie, sesso e scelte forzate; un’intreccio però troppo spontaneo, troppo casuale che diventa a volte tanto inaspettato quanto fastidioso. Alcune interpretazioni potevano essere più intense, più emozionali e meno grottesche. Miriam Leone recita molto bene la sua parte, una donna bellissima ma con poco talento. Da Stefano Accorsi invece mi aspettavo un po’ più di personalità, soprattutto nei meccanismi che fanno parte della sua vita privata; da cinico si trasformava spesso in un personaggio apatico, robotizzato con comandi semplici, mentre a lavoro, trovandosi davanti a Berlusconi, Dell’Utri e compagnia bella, diventava carismatico, brillante e preciso. Tea Falco recita in maniera lineare, anche se la sua vita muta radicalmente. Forse questa caratteristica è voluta, ma sembra che nonostante si comporti da grande donna di successo, sia rimasta comunque bloccata all’interno della Bibi viziata. Domenico Diele, che interpreta l’agente Pastore, fa lo sbirro e lo fa bene, trasmette allo spettatore il suo disagio e rimane, per forza di cose, ancorato al passato del suo personaggio. Brillanti le interpretazioni di Antonio di Pietro, meno grottesco e più duro, a tratti comico, ma nella migliore accezione del termine, e di Pietro Bosco, interpretato da Guido Caprino, che pur recitando la parte di un leghista, risulta il più vero fra tutti, un’uomo vittima delle circostanze, con dei valori, alcuni decisamente dubitabili, altri invece decisamente umani, che rendono il personaggio più vicino alla realtà di chiunque altro.
In generale 1992 è una serie che racconta il contesto storico di una storia che ancora non si è conclusa e non si concluderà a breve. Parla degli italiani e dimostra quanto non sono cambiati. Cominciata con sprazzi di intimismo e vicende sentimentali tipiche delle serie tv (e dei film) italiane da sempre, si trasforma alla fine in qualcosa di diverso, qualcosa che ti aspetti solo in parte, risultando intrigante e interessante. La storia di Mani pulite è sempre stata trattata in altre chiavi, mai seriali o ampiamente romanzate, tanto da avvicinare esclusivamente un pubblico interessato attivamente alla questione, lasciando gli altri in balia del pressappochismo. La serie risulta guardabile, vista soprattutto la stragrande maggioranza di serie tv italiane mediocri e legate più al genere soap, l’idea è molto buona anche per il semplice fatto di far rivivere i momenti di transizione più importanti e vicini della politica italiana in chiave romanzata, vicende ancora presenti e vivi nel nostro immaginario. Sulla sceneggiatura ci sarebbe qualcosa da dire: a volte, soprattutto all’inizio, cadeva nella banalità, mentre si salva alla fine, così come tutta la produzione. Sicuramente coraggiosa e probabilmente legata a diversi compromessi per forza di cose, rimane un prodotto discreto e, nonostante non sia Twin Peaks, appassionante, salendo sul podio delle serie tv moderne italiane, subito dopo Gomorra e Romanzo Criminale, anche se rimane decisamente distante.