“Dai sui nervi, non ti tollero
mangia vermi fenicottero”
Per festeggiare il 1° maggio, MoFire Movement organizza una jam esplosiva, riunendo in un unico evento le quattro discipline dell’hip hop al Factory Club -Via delle Cantine 27- a Calenzano, nelle propaggini di Firenze.
Per celebrare nel migliore dei modi questo evento, è stato invitato ad esporre la sua arte Lord Madness.
Non ricordo di aver mai assistito ad una performance live dell’mc romano, eppure qualcuno che gli somigliava lo vidi in occasione di un evento in cui si esibiva un gruppo di cui tuttora non siamo certi dell’identità dei componenti: Carati.
Era il 25 aprile a Bologna.
Tra i numerosi personaggi sul palco, ne ricordo uno che si cimentò in un extrabeat portentoso. Fu una scena surreale, che si ripeté allo stesso modo a Roma qualche tempo dopo: il rapper sembrava non aver bisogno di ossigeno e in questa sua personale atmosfera anaerobica -nonostante il rossore e la carotide sempre più sporgente dal collo- quello che personalmente presumo fosse Lord Madness continuava a proporre rime ad un ritmo così incalzante che talvolta era difficile cogliere il significato delle parole, ma contemporaneamente si assisteva ad un tecnicismo nell’uso della voce e incastro sonoro assolutamente impareggiabile.
Non so se fosse realmente lui.
Di certo so che l’autore di alcuni pezzi tra sarcasmo e toccante autobiografia sono sicuramente suoi e che strofe come “cosa darei per un bacio da mia madre lo sa solo dio ma cosa conta / se è lo stesso dio che me l’ha tolta” o “Sorpresi e misi in crisi visi tesi musi pesi presi gli easy illesi illusi fusi i primi mesi spesi ottusi offesi dagli esiti obesi abusi rappusi confusi contusi contesi come siamesi gli ennesimi indifesi fake mc’s” possono portare solo la firma di Lord Madness.
«Cosa ne pensi di Carati?»
«Non so assolutamente di cosa tu stia parlando, però i bling mi piacciono un sacco, soprattutto quelli 24 carati. Se un giorno farò il cash che mi spetta, sicuramente mi vedrete con tantissimi carati addosso. Per il resto non so cosa intendevi.»
«Sei principalmente riconoscibile per l’extrabeat. È uno stile che si è sviluppato con gli anni o hai iniziato così fin dal principio?»
«La prima cosa che mi ha folgorato è la velocità con la quale molti artisti che sentivo da piccolo dimostravano: Big Daddy Kane, Rakim, LL Cool J… Ho iniziato così: facendolo male naturalmente! Quando sei giovane e inesperto è anche giusto che uno inizi in questo modo -come riesce a fare- ed è importante anche l’attitudine con la quale uno lo fa. Vorrei mettere una postilla: è un’arma a doppio taglio. Molti si fermano solo alla capacità tecnica che è la cosa che colpisce a primo impatto; magari non approfondiscono sentendo un disco intero e rendendosi conto che non c’è solo quello.»
«Gli Inquilini è l’unico collettivo al quale hai partecipato. Perché l’hai abbandonato per dedicarti ad un percorso solista?»
«Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto eravamo tanti -troppi-; in secondo luogo la mia idea era fare un disco solista continuando a far parte del collettivo, mentre invece mi è stato detto di scegliere tra l’una e l’altra cosa. Alla fine quindi ho preferito scegliere me stesso -questa è stata la ragione principale-. In ogni caso c’erano delle cose che non mi rappresentavano più, oltre al fatto di non avere più gran rapporto con qualcuno del crew. Da lì ho avuto un po’ l’istinto di mandare a fanculo la cosa e direi che è stata la scelta azzeccata perché ho vinto io [ride].»
«28/05/’99 si differenzia dalla tua produzione ricollegandosi al titolo del tuo ultimo disco e identificando questa data come “l’inizio della fine”. Cosa è cambiato nella tua vita da quella data in poi?»
«Quel pezzo parla di problematiche riferite ad un periodo specifico non particolarmente bello in cui giravo con un sacco di gente di strada -cioè fondamentalmente di merda-; ho cominciato ad avere un pacco di problemi d’ansia e a livello psicologico e sono cambiato molto: da certe esperienze negative, se ne esci, maturi tanto in poco tempo. Musicalmente, il primo disco Suicidio era molto più classico di Suicidio Fallito, che comunque ha un sacco di spunti elettronici: è più fresco. A me piace così: mischiare il suono più classico a quello più fresh. Quello che sto preparando sarà equilibrato anche in questo senso.»
«Entro l’anno si è intuito che uscirà il tuo nuovo disco e come primo pezzo hai voluto dare un’anteprima spontanea (senza neanche il beat) de Il Grande Addio in cui le tematiche sembrano essere ipocrisia e tradimento che si condensano in una grossa disillusione e delusione della vita. Il nuovo disco si presenterà con meno sarcasmo e black humor e più conscious e depressivo?»
«Diciamo che ci saranno i vari elementi della mia personalità e della mia vita, a volte più conscious -come hai detto tu- e a volte più provocatorio e sarcastico: è un po’ il dualismo Maddy-Michele. Maddy è rappresentato da White Nigga Black Humor e Michele è rappresentato da Il Grande Addio. Il Grande Addio è la title track: è questo il nome del disco. Non chiedermi se sarà “il grande addio”, perché non ti risponderò. È un pezzo autobiografico: a volte parlano più le rime che le chiacchiere. Uscirà a dicembre per la Glory Hole e anche se è ancora in scrittura, ci siamo; manca poca roba.»
«Un elemento che ricorre nella tua produzione è la perdita di tua madre. Quanto ha inciso questo evento nelle tue argomentazioni musicali?»
«Ho perso entrambi i genitori. Avevo un forte legame con mia madre e incidendo tantissimo sulla vita, ha influito anche nella musica. Penso che il rap abbia proprio questa caratteristica di poter raccontare quello che sei, senti, hai vissuto, emozioni e sensazioni.»
«Non ti spaventa esporre aspetti così intimi della tua vita ad un pubblico?»
«No, per me mettermi a nudo non è un problema. Io la musica la interpreto soprattutto così: per me è una valvola di sfogo che se non avessi mi sarei già tirato un colpo. Alla fine la musica è quella che mi rimane; dedicare questa cosa così importante alle persone a me care la trovo una cosa bella, ma non sta a me dirlo. Sono spontaneo. Nei miei pezzi c’è tutto me e non ho problemi né a dire quello che penso, né a dire quello che vivo, anzi mi aiuta: è auto-terapeutico.»
«Sei consapevole che un giorno durante un tuo extrabeat su un palco ti esploderà la carotide?»
«Non credo succederà mai, comunque -scusa il francesismo- mi sto toccando le palle.»
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