Non ci vuole molto a pensare che i social siano diventati, ormai da tempo, dei veri e propri bar virtuali dove molti utenti sfogano la loro frustrazione o la loro rabbia in modo inopportuno.
Se però a dirlo è Umberto Eco, uno dei massimi intellettuali italiani, ecco che subito la notizia diventa virale.
L’autore de “Il nome della Rosa”, a cui pochi giorni fa è stata conferita la laurea honoris causa in Comunicazione all’Università di Torino, ha infatti affermato: “I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”.
Poi prosegue: “Sono fedele a Hegel, che diceva che la lettura del giornale è la preghiera quotidiana dell’uomo moderno. Si tornerà all’informazione cartacea”.
Ecco, sarò sincero. Con tutto il rispetto che questo signore merita, questa sua ultima affermazione mi ricorda molto quella di quel discografico che negli anni ’60 decise di non produrre Abbey Road dei Beatles perchè convinto che la chitarra sarebbe diventata, di lì a poco, uno strumento obsoleto.
Io da questo modestissimo angolo in rete mi limito a dire una cosa, sicuramente banale. Il Professor Umberto Eco non sarebbe stato più aderente alla realtà se avesse aggiornato la citazione di Hegel dicendo che “la lettura del giornale è (o almeno dovrebbe essere) la preghiera quotidiana dell’uomo moderno”?
Poi per carità! Lunga vita ai libri, ai giornali (di cui sono un accanito compratore) e a tutto ciò che ci consente di arricchirci culturalmente e spiritualmente.
Ma lunga vita anche al dibattito, all’interazione e alla possibilità di criticare, in modo educato, chiunque e ovunque.
Se poi il bar virtuale che frequentiamo diventa troppo chiassoso o irrispettoso dell’opinione altrui c’è sempre l’opzione “off”.
Buon ascolto, buon weekend
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