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Ci lascia il papà di Freddy Krueger: Wes Craven



Se ne va il regista Wes Craven per un tumore cerebrale. Il papà di Freddy Krueger, Scream, L’ultima casa a sinistra, Le colline hanno gli occhi e Sotto Shock lascia in eredità il suo mondo horror e una sconcertante visione della gioventù cannibale: noi.


Vi riproponiamo un’intervista realizzata da Gold all’uscita di My Soul To Take, penultimo film di Craven.

– New York –

GoldWorld: My Soul To Take è un sorprendente e pauroso ritorno al cinema. Come vive il suo ritorno all’oscuro dopo il dramma romantico di Paris, Je T’Aime?

Wes Craven: Non lo so. Non ne ho idea. Tutto è nato da un sogno, come al solito. E’ da lì che traggo ispirazione prima di scrivere una storia. Mi ero prefigurato un uomo che abita in un sobborgo stile Main Street, un territorio che avevo esplorato quando ho cominciato a fare cinema; anche se in modo del tuo inconsapevole, mi sono riavvicinato alle radici.

GW: La famiglia è un elemento-chiave nella sua filmografia. Ecco, la cosa piu’ inattesa del suo nuovo film, quale sarà secondo lei? La piu’ innovativa che il pubblico troverà in sala…

W. C.: Grazie alle nuove tecnologie, come il 3D, con il quale ho girato My Soul To Take, vedrete qualcosa di audace. Tornano, comunque, alcuni simboli del passato, a metà tra Nightmare e Sotto Shock. Tornano verità nascoste della famiglia americana di periferia, a suggerire che l’innocenza non è poi una virtu’.

GW: Una delle nuove regole della serie Scream, approdata al quarto capitolo (in uscita in aprile negli Usa), è la morte delle vergini, un tempo incolumi da serial killer e mattanze. Qualcosa è cambiato?

W. C.: Come ho detto ad altri gironalisti, è stato Dennis Iliadis, regista del remake di un mio film, L’Ultima Casa a Sinistra, a farmi notare che, voi europei, vedete la pretesa di certi personaggi ad esser puri come un insulto all’intelligenza. La vita è troppo complicata perché si possa ancora fare gli innocenti.

GW: In My Soul To Take c’è un padre impazzito e, di rimando, un ragazzino che sa ben poco del padre. Lei che legame aveva con suo padre?

W. C.: Mio padre è morto quando io ero ragazzino. Assieme a mio fratello, mi sono messo a cercare notizie su di lui, qualcosa che dimostrasse che non era solo l’uomo ruvido e schivo dei ricordi, quello che a stento mi teneva la mano. L’effetto Rashomon, in cui ognuno ha una sua versione su chi sia la medesima persona, puo’ dirsi fallito. Non ne siamo mai venuti a capo, non ho ancora capito chi fosse mio padre.

GW: La sua ultima pellicola sembra la beatificazione della gioventu’. Gli attori, in una fase, sono a stento maggiorenni. Il suo bilancio sui teen-ager di oggi?

W. C.: Dagli anni Novanta, sono abbonato a trenta riviste pop diverse, ma solo mia moglie (Iya Labunka, ndr.) mi ha trasmesso quel senso dello humor che rende i miei horror piu’ vicini alle personalità dei giovani. Nella vita di tutti i giorni, io mi sento divertente e non particolarmente pauroso.