Mi sono fatta sfuggire la voce di Evidence per molto tempo, concedendogli un’attenzione relativa, finché, ascoltando Brutti Ceffi Mixtape, mi sono accorta che il remix di To Be Continued era un connubio perfetto.
Tempo dopo mi consigliarono For Whom The Bell Tolls e me ne innamorai.
Lo scandire lento delle parole, battendo con le sillabe il tempo di quei beat mi affascinarono e mi dedicai per un lungo periodo all’ascolto della sua intera discografia: Cats & Dogs lo trovai perfetto nel suono, armonioso nel collegare le varie tracce e commovente nelle rime.
La sua carriera solista ha esordito in modo «più personale, più riguardo a me, Michael, e meno Evidence» dopo una pausa in cui si è ritirato in casa di sua madre dopo che l’aveva persa, si è isolato, si è rinchiuso in se stesso e ne è uscito sputando versi su un foglio in cui ha confessato la sua anima a delle basi che trasmettessero quella parte rap più conscious e meno Dilated Peoples.
Incontrandolo sul balcone del Big Bang, con un tramonto di una Roma urbana sullo sfondo, gli ho chiesto di descrivermi i suoi cambiamenti musicali e ho indagato su quanto di Michael si nasconda nei versi di Evidence.
Il tuo ultimo lavoro risale ad un anno fa, realizzato con il tuo storico gruppo Dilated Peoples. Com’è cambiato il tuo approccio lavorativo con il gruppo dopo 8 anni in cui hai lavorato solo alla tua carriera solista?
È stata una sfida. Non è stato facile come pensavo. L’unica cosa che non l’ha reso così difficile è stato il fatto che abbiamo continuato a fare live come Dilated Peoples per tutto il tempo. Ci siamo sostenuti su tutto quello che abbiamo fatto come solisti. Sai, siamo molto uniti, ma come passa il tempo, la vita cambia. Ho pensato che ci sarebbe bastato arrivare in studio e la prima cosa che avremmo registrato sarebbe stato come se non ci fossimo mai allontanati, ma ci è voluto un sacco di pratica coi “piccoli pesi”, per poi arrivare a quelli grandi. Non è stato facile come pensavo. Sono molto orgoglioso di quello che abbiamo fatto e mi sono sentito come se ci spingessimo l’un l’altro attraverso le emozioni di cui avevamo bisogno per essere sicuri che la registrazione fosse giusta. Non so quanti pezzi faremo ancora con i Dilated, quindi per me essere sicuro che l’ultimo fosse un buon lavoro è stato veramente importante.
In Good As Gone ad un certo punto rimi: “The more I’m in Rome, the more that I’m me”. Ti stai riferendo alle tue origini italiane?
Sì! Ho un sacco di versi con “Roma”: mi piace la parola. “The more that I roam the more that I’m free, The more I’m in Rome, the more that I’m me“. Torno un po’ alle mie radici. Sto benissimo quando sono qui, come è giusto che sia.
Nelle tue rime spesso fai riferimento a tua madre, alla quale eri molto legato. Pensi che il fatto di averla persa così presto, abbia in qualche modo influenzato il tuo modo di fare musica?
Sì, ha ispirato la mia carriera solista. Non sapevo se avrebbe funzionato inserire qualcosa su mia mamma nei pezzi dei Dilated, quindi quando se n’è andata nel 2004 ho scritto la canzone I Still Love You e volevo inserirla nell’album 20/20, ma eravamo tutti d’accordo che semplicemente non avrebbe funzionato, anche se loro mi avrebbero anche lasciato fare senza problemi. Nel 2006 quando ho iniziato la mia carriera da solista, sapevo che avrei fatto durare per sempre questa canzone. È stato una sorta di avviamento delle mie cose soliste. Non facendo rap solo per fare rap, ma fare rap traendo ispirazione dalla mia vita. La mia carriera solista è stata più personale; più riguardo per me, Michael, e meno per Evidence. È una cosa buona, sai? Non voglio che i miei pezzi da solista suonino come quelli dei Dilated, anche se so che tutto ciò che faccio è ancora da Dilated. Rappresento ciò che è meglio. Sento solo che è una strada diversa per me per esprimere le cose che traggo dalla mia vita. Questa canzone mi ha aiutato un sacco: come una terapia e le altre persone sembrano aver acquisito molto da questo. Quindi per me è stata un’opportunità di aprirmi un po’ ed ha portato alla mia carriera come solista. Non me lo sarei mai aspettato.
Per la prima volta in Cats and Dogs con I Don’t Need Love componi dei versi riguardanti le donne, argomento che non avevi mai affrontato prima e in una delle tue rime dici: “don’t need love / It’s the rebuttal of thieves”. Come sei arrivato a formulare questo paragone?
Devo pensare alla riga: “It’s the rebuttal of thieves / And chicks with crooks like you, so what’ll it be / She steal your heart”: sto solo dicendo che le ragazze possono rubare il cuore e il ladro è qualcuno che sai che ruba.
Evidence si sofferma un secondo e sussurrando ripete i propri versi «Now she runnin’ the streets / Don’t need the pain, man troublin’ me», cercando nella memoria le motivazioni per le quali aveva trovato opportuni certi riferimenti e alla fine mi guarda e con un mezzo sorriso mi spiega che «in quel periodo, è stata la prima volta che ho avuto il cuore spezzato da una ragazza. Sai non pensi mai che possa accadere -o pensi di averlo già avuto- fino a che non accade davvero. Un sacco di persone dicono che non puoi essere mai stato veramente innamorato senza aver avuto il cuore spezzato: ho voluto fare questo pezzo e ho deciso di scriverlo anche per parlare di mia mamma. Quindi questa canzone tratta di differenti tipi di situazioni riguardo alle donne. Normalmente non parlo molto di queste cose, quindi mi ci è voluto una buona dose di coraggio. Alle persone piace molto questo pezzo: me lo sono prodotto, ho fatto anche i beat; quindi per me è stato fantastico poter fare tutto per conto mio».
E la tua opinione è cambiata da allora fino ad oggi?
Sì. Non sono troppo affettuoso. Voglio dire che ho una specie di guardia – forse a causa di ciò – ma non voglio tornare indietro: sono grato di esserci passato.
Nel 2010 hai realizzato l’album I Don’t Need Love, nel quale si trovano tracce con basi realizzate campionando dei pezzi dei Beatles. Perché hai fatto questa scelta?
Ho realizzato questo progetto con un amico: Tweeze. Non sapevo se sarebbe mai uscito a causa delle regole molto rigide riguardo al campionamento dei Beatles; in più Danger Mouse aveva appena fatto qualcosa di simile con l’album di Jay-z e non volevo rischiare una causa legale. Ci fu una mancanza di comunicazione con il mio amico della compagnia di registrazione e lo postò su Internet. Inizialmente avevo solo la canzone I Don’t Need Love e solo dopo realizzai l’EP. Gli dissi di far uscire I Don’t Need Love, ma pensavo di avergli specificato che intendevo la canzone, non l’EP: non aveva capito cosa volevo dire e fece uscire tutto l’EP. Provammo a ritirarlo, ma senza successo. Così invece di fermarlo, abbiamo accettato di buon grado la cosa, ma non l’abbiamo mai venduto, mai stampato le copie fisiche, quindi… Se i Beatles stanno seguendo: non sono stato io! Sono innocente! Mi è piaciuto moltissimo quel progetto.
Qual è stato il processo che ti ha portato a rappare così lentamente e a farti riconoscere come Mr. Slow Flow?
Non lo so: penso al fatto di essere ascoltato. Sai, perché un sacco di persone hanno incredibili modelli di flow, ma quando li ascolto penso: “Woah, hai un flow fantastico”. Quelle solitamente sono persone a cui non piace solo la musica. Mi colpisce al cuore. Preferirei essere ascoltato per davvero, piuttosto che stupire con doppi tempi e cose così. A me piace tutto, ma quando mi sono imbattuto in KRS ONE, Rakim e gente così, capaci di proiettare la propria voce così chiaramente, ho capito che volevo essere così.
Sei nato e cresciuto nel posto in cui ha avuto origine l’Hip Hop. Qual è la tua visione riguardo agli altri paesi che hanno importato questa cultura e se ne sono appropriati?
È fantastico. Io vengo dalla California. New York è stato l’inizio, ma nel tempo che si è spostato ad ovest e si è modificato; quando è arrivato in Europa è cambiato ulteriormente; ma ognuno ci mette del proprio: non c’è giusto o sbagliato. Penso che finché conosci la storia, rendi omaggio ai fondatori, tutti possono farlo.
Pensi che il fatto di essere uno dei pochi rapper bianchi in una cultura nata dalla black culture, ha scatenato qualche pregiudizio da parte delle persone?
Ora è una cosa frequente. Ci sono un sacco di rapper bianchi. Non penso sia inusuale vedere un rapper bianco oggigiorno. Quando sono cresciuto io era un’altra epoca: non ce n’erano così tanti. Se volevi essere notato dovevi essere bravo il doppio o avresti dovuto impegnarti ancora di più. Non ci sono più tante regole adesso. È libero: ognuno fa ciò che vuole. Posso parlare per me stesso: mi sento solo onorato di essere parte di una comunità composta da professionisti che quando sentono la mia roba dicono: “Non male”. Visto che per me è un onore, mi impegno a rimanere sulla mia rotta e fare il meglio che posso.
Nel tuo ultimo lavoro da solista, hai proposto una visione più profonda e conscious. Che cosa ci dobbiamo aspettare dal tuo prossimo album?
Ho appena iniziato a lavorarci. Ho raccolto i beat negli ultimi mesi da chiunque volessi così da poter plasmare il suono prima, scriverci sopra i testi e sentirli. È strano perché se avessi fatto uscire un altro lavoro solista subito dopo Cat’s and Dogs probabilmente avrei dovuto re-inventarmi o fare qualcosa di diverso rispetto a quando abbiamo fatto uscire l’ultimo album dei Dilated. Invece che cambiare, preferisco ricominciare da dove ho lasciato: roba più underground, senza dovermi preoccupare di ciò che dice la televisione, la radio… Facendo semplicemente quello che sento.
Ancora conscious?
Penso di sì. Negli ultimi anni ho avuto a che fare con rappers incredibili come Rock Marcy, Durag Dinasty, Vince Staples, tutta la crew di Alchemist… Gente fica che mi mette voglia di provare nuovi modelli di flow e cose differenti che ho imparato in modo da trasmettere il mio messaggio al meglio. Mi piace sperimentare nuove cose invece che dirigermi sempre sugli stessi motivi.
In una vecchia intervista hai detto: “Penso che le persone sentiranno sempre più parlare di me e tra un anno sarò Evidence, non Evidence dei Dilated Peoples. È il mio ultimo obiettivo”. Pensi che l’anno in cui le persone ti riconosceranno come Evidence – e non solo Evidence dei Dilated Peoples – sia arrivato?
È dannatamente vicino. A volte sono ancora considerato Dilated People e lo rispetto, ma non dici “Ghostface Killah del Wu Tang Clan”: lui si è guadagnato il diritto di essere chiamato Ghostface Killah. Questo è il mio obiettivo. Non è che io non sia Dilated People; semplicemente sono io. Se la gente mi riconoscesse come Evidence, come è successo a Raekwon, mi dimostrerebbe che ho lavorato duro e che il mio impegno è stato riconosciuto. Capisci, non è che voglia mettere da parte i Dilated, non è una mancanza di rispetto del mio gruppo: tutto ciò che faccio è Dilated. Lo vedo più come un testamento personale: mi sto avvicinando al mio obiettivo.
Quindi il prossimo anno?
Il prossimo anno, sempre il prossimo anno.
Ringrazio TAK Production (https://www.facebook.com/pages/TAK-production/157225100965707 ) e Mr. Phil (http://www.mrphil.it/) per la collaborazione e l’occasione datami, che mi ha permesso di intervistare Evidence.
Ringrazio inoltre The ProudAction (http://theproudaction.wix.com/tpastudio )che mi ha supportato durante l’intervista e ha realizzato splendide riprese.
Ringrazio Beatrice Chima (http://crazyl8.wix.com/beatricechimaph) per aver catturato suggestive immagini cariche di un silenzioso pathos.