Zona Roveri Music Factory, Bologna
Inaspettato come la potenza dei bassi, la serata di Bologna mi ha sorpreso in una telefonata nel tardo pomeriggio del 3 settembre: “Sei pronta? Passo a prenderti”.
In un minuto e mezzo la veste da casa si è trasformata in un vestito, capelli acconciati e trucco perfetto. La rapidità di chi sa che ogni minuto è un minuto verso la minaccia: “non sei pronta, ti lascio qui”.
In macchina risuona la voce di Darkswing, mentre la stessa voce dibatte su quale sia il miglior film di Woody Allen.
Rapidamente siamo in città, velocemente pasta al forno, cocomero e una borsa piena di vinili preparati per essere autografati.
Arriviamo presto.
Il locale è semi vuoto, la fila all’ingresso quasi inesistente.
Ci fermiamo nel cortile, prendiamo una birra e fumiamo: mi sarei aspettata una ressa insormontabile e ore di gomiti nelle costole per mantenere il posto conquistato davanti alla biglietteria.
Seconda e ultima data dopo Milano (già era giunta voce di un live esplosivo) credevo che avrebbe comportato un esondazione di folla incontenibile, buttafuori a barriera, merchandise esaurito dopo mezz’ora dall’apertura delle porte.
Sono le 23, pare che inizieranno presto.
Sbirciamo il palco e una voce soave giunge al poco pubblico presente: le movenze armoniose, acuti intonati, poca luce ad illuminare i tratti dell’artista sul palco. È Shamir che ammorbidisce il terreno prima della detonazione.
Conclude, le persone aumentano a poco a poco.
Si alzano le luci, dalla consolle si dispiega uno stendardo: Run The Jewels; dietro si distendono due mani zombie: una stringe una collana, l’altra le punta due dita contro.
Buio. Locale pieno. Fumo denso.
Le casse introducono Freddy Mercury che canta We Are The Champions, sul palco massicci, con occhiali da sole, snapback ed entusiasmo si mostrano alle luce El-P e Killer Mike.
Tutti cantano (impossibile non farlo, no?) e all’apice del pathos alle 23.20 l’esplosione dei bassi: Oh My Darling Don’t Cry e la trasformazione.
Chi genera fomento è il protagonista, chi è il numero uno si lascia trasportare, il king si muove al tempo delle vibrazioni potenti.
Io impazzisco.
Un vortice di bassi, le voci di El-P e Killer Mike riempiono i timpani e nascono solo brividi e l’esigenza di partecipare col corpo al suono nel modo più violento possibile.
Seguono altri pezzi, poi Banana Clipper.
Non c’è pausa, non c’è la volontà di smorzare quel flow che ha contagiato chiunque fosse lì sotto. All due Respect rimbalza sulle pareti e Killer Mike stordisce fino a “Punch him in his shit again / Punch him in his shit again / Punch him in his shit again / Punch him in his shit again” imitando il kick e dopo El-P allo stesso modo “High or the highway / High or the highway / High or the highway / High or the highway” ed entrambi con la conclusione che esce dalla turntable “Cause you get no respect”.
Ad un certo punto “Run them jewels fast, run them, run them jewels fast / Run them, run them, r- run them, run them, run them” e “Fuck the slow mo”.
Se non mi fosse arrivato in soccorso un sorso di birra sarei probabilmente morta di disidratazione e il cuore non avrebbe retto il ritmo a cui l’ho sottoposto ballando Close Your Eyes (And Count to Fuck).
El-P permette di riprendere un sospiro e regolarizzare la sudorazione e il battito.
Purtroppo subito dopo aver chiarito che ci sono cinque regole, Killer Mike mostra la mano, le cinque dita distese: “Lie, cheat, steal, kill, win”. Cannas si unisce al coro “Everybody’s doin’ it”! Dopo un’ora termina il live con un ultimo pezzo che calma gli spiriti posseduti rallentando i bpm e concedendo solo un’ulteriore comparsa sul palco dopo l’uscita del duo statunitense.
Usciti per scacciare il caldo soffocante, rieducare il battito e ricominciare a scandire un respiro equilibrato si susseguono saluti e scambi di commenti entusiasti sul live: sicuramente un’ora egregiamente spesa, un concerto che non poteva essere perso.
Un ricordo scalfito nella memoria, un polmone in meno, alcuni vinili segnati dal marker di Run The Jewels e una stretta di mano tra Danno e Killer Mike che rimarrà più vivido di qualsiasi scatto: questo è stato Run The Jewels.
Paura commenterà con “Beats, flow e contenuti geniali. Uno dei live più potenti visti in Italia”.
“Run them jewels fast”.