“Lascia che la miccia bruci
Ho esplosioni sul set
Dai una traccia a DJ Lugi
Altresì a Fritz da Cat
Lui è il gatto, io la volpe, siamo in società
Di noi ti puoi fidar
(Ti puoi fidare man, fai guidare me)”
– Dj Lugi Non C’è Limite Allo Show – Fritz Da Cat, Novecinquanta
Ha accompagnato Joe Cassano, Neffa, Kaos One (e molti altri simboli delle rime) nel 1999, ha affiancato Fede dei Lyricals e Fabri Fibra nel 2001 e poi dopo spray e colori, nel 2015 è tornato a far vibrare baffi e casse accanto a Noyz Narcos con Localz Only.
In un tardo pomeriggio di inizio estate tra Gewurtztraminer, Moscow Mule e piazze afose, Fritz Da Cat mi ha raccontato come il suo corpo sia cosparso di ormai innumerevoli prospettive, posizioni e inclinazioni di quel gatto al quale in un negozio di dischi molto tempo fa gli dissero assomigliava.
Dal ’98 ad ora hai prodotto brani collaborando con quasi tutti i protagonisti della scena rap. Nel 2015 decidi di realizzare un disco scegliendone uno tra tanti: qual è stata il canone di scelta?
In realtà una cosa analoga era successa con Basley Click con un paio degli artisti presenti in Novecinquanta con cui avevo più affinità e con mi frequentavo, cioè Fede dei Lyricals e Fabri Fibra. Qui è successa un po’ la stessa roba.
Non è che io ho scelto Noyz o lui ha scelto me. Sono quelle cose che capitano per qualche ragione: ci si becca, si chiacchiera, vengono fuori le canzoni e si raccolgono.
Qual è l’elemento che porta un produttore ad evolvere il proprio suono piuttosto che a mantenere sempre un medesimo sound negli anni?
Per me mantenere un legame forte con il suono che avevo quando ero ragazzino è stata una scelta obbligata, perché io ho fatto per dieci anni altro. Ho ripreso da dove avevo lasciato quando ero piccolo, integrando un po’ di fattori nuovi: avevo congelato dentro di me quello. Poi ognuno, com’è immaginabile, trova il suo equilibrio tra conservatorismo e progressismo come in tutte le cose della vita. In alcuni momenti c’è chi ha più propensione a mantenere uno status quo e chi invece a sconvolgerlo, dipende dal singolo. Non c’è una regola comune per tutti: c’è chi cambia continuamente insieme al mondo e chi tende a rimanere com’era una volta e si sente più comodo in quei panni. Nel momento in cui uno decide di cambiare sempre per rimanere al passo coi tempi, espone un’attitudine più “modaiola”: ogni stagione cambi e segui quel trend.
Tutti ti diranno che integrano degli elementi della contemporaneità e sono fedeli alla linea, però non lo sono. Per me è comunque una cosa di testa e non di macchine mantenere un filo conduttore di produzione con il passato, di modus operandi che mi è rimasto.
Ma tu come operi un pezzo?
Purtroppo non ho raggiunto uno stadio tecnico professionale tale da permettermi di riuscire a fare le cose entro una data di consegna. Se mi dicono che serve una base con un determinato tipo di atmosfera per la settimana successiva, io non riesco a farlo. Produco mantenendo un aspetto un po’ ludico/ragazzino, carina come cosa ma non sempre funzionale: mi metto lì, faccio la musica e quel che viene viene, la metto da parte e attendo un’occasione. Non riesco a produrre a comando.
Seguo quello che mi viene da fare in quel momento: suona un po’ cliché, ma è così. È un po’ da cazzone, perché i professionisti fanno quel che c’è da fare quando c’è da fare; trovano sempre il compromesso tra essere ispirati e dover fare quella roba lì per quel giorno.
Quindi c’è da lavorare?
Sì! Ma penso che non sarò mai un professionista cazzuto in tal senso, sarò sempre più viziato. Non voglio fare quello che dice: “No, io seguo l’istinto, zia”.
Lo pronuncia marcando un accento milanese che ha un lento intercalare e la risata è spontanea. Aspira una boccata, la pausa è scandita dal fumo che esce dalla bocca sotto il baffo scuro e conclude che «Non ne vado fiero: preferirei avere un po’ più di controllo su questa cosa».
Perché il disco ha titolo Localz Only, nonostante che i pochi MCs che troviamo tra i feat non abbiano origini comuni né a te, né a Noyz?
Perché Localz Only è una metafora. Non è riferita ai locali dal punto di vista geografico: è più un’appartenenza. I personaggi coinvolti hanno origini comuni di background; siamo cresciuti tutti -a dispetto delle differenze anche anagrafiche- con uno stesso gusto.
Come ha avuto origine il titolo del disco?
Il nome all’inizio doveva essere: Support Your Local Weirdos, ma poi con il fatto che non l’avrebbe capito nessuno, abbiamo tenuto l’ultima idea che ci è venuta.
Fritz elenca una serie di storpiature del titolo del proprio disco causato dell’incapacità di pronunciarlo e sorridendo mi spiega che sarebbe stato «Troppo difficile. Già così è complicato. “Localz Only” non riescono a dirlo: “Locazzonly”, “Locanzoly”…».
Come siete riusciti a collaborare armoniosamente tu e Noyz, dopo un passato in cui eri abituato a diversificare i beat in base alle voci con cui sceglievi di lavorare?
Ha richiesto una dose di compromesso: abbiamo dovuto in qualche modo venirci incontro. Abbiamo dovuto mettere da parte quella che dai tempi di Nas con Illmatic è lo standard: il momento in cui un rapper aveva tanti produttori diversi, magari anche con un gusto differente. Noyz ha dovuto fare il sacrificio di accontentarsi più di un gusto identificato come il mio e con i limiti che ne conseguono. Questi paletti in qualche modo credo lo abbiano costretto ad adattarsi ed ad usare quel che c’è e a fare diverso. È un bel modo per sforzarsi a fare cose diversificate rispetto al solito ed è una prova a cui io inviterei altri artisti: lavorare a progetti più o meno coerenti con pochi o un solo produttore. È un modo di lavorare che secondo me dà i suoi frutti; se da una parte è una costrizione, dall’altro è un arricchimento, perché altrimenti con i soliti produttori che circolano il disco con un po’ di beat trap, un po’ di beat classici, sembra sempre lo stesso disco con un rapper diverso. Invece questi limiti con lo stesso produttore e lo stesso rapper conferiscono al prodotto un’identità definita.
Il live di Localz Only sarà a Firenze al Viper il 26 Settembre.
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