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Il caso Erri De Luca: on line una petizione per aiutarlo



Istigazione al sabotaggio della tav. Di questo è stato accusato lo scrittore napoletano Erri De Luca. 8 mesi di reclusione dovrebbe essere la sua pena secondo il pubblico ministero di Torino, come reso noto qualche giorno fa. La sentenza del giudice arriverà il 19 ottobre, e nel frattanto è partita una petizione on line (di cui è promotore Giuseppe Catozzella, anche lui scrittore)per raccogliere firme in favore della libertà di parola. Perchè è questa in fondo la questione.

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De Luca ha commentato: “Mi sarei aspettato il massimo della pena, invece sono stupito della differenza tra gli argomenti prodotti dall’accusa e un’entità tanto esigua della richiesta. Non sono un martire, non sono vittima, non uno cui è caduta una tegola in testa passeggiando, sono solo testimone di una volontà di censura della parola”. In rete è subito partita la diffusione dell’hashtag “#iostoconerri” e poche voci si sono levate per sostenere il poeta giornalista e traduttore. Fra queste quella di Roberto Saviano che sulla sua pagina Facebook ha scritto: ” Il silenzio degli scrittori è assordante. Me l”aspettavo del resto nell’aula di tribunale contro i boss Iovine e Bidognetti (e il loro avvocato) accanto a me non c’erano scrittori, non c’era quel residuo di mondo culturale che ancora galleggia. Come non ci sono dietro e accanto a Erri De Luca […] Questo paese di scrittori melliflui, pronti ad avere parole dure e acide per ricevere l’obolo di una rubrica, pronti a candidarsi a qualsiasi cosa per lo scranno che gli darà pensione, pronti a scannarsi per qualche copia. Si possono non condividere idee e prassi, ma bisogna sempre stare dalla parte di chi rischia scrivendo. Di chi assume sulla pagina, e nelle parole, posizioni che possono fargli smarrire serenità, equilibro, libertà, credibilita’ “.

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De Luca, in aula, ha parlato del significato della parola “sabotare” (utilizzata nell’intervista incriminata nel settembre 2013 in merito alla TAV Torino-Lione), che ha un vasto spettro di possibilità: non solo di danneggiamento materiale, ma anche di ostacolo, intralcio, impedimento, accezione della parola a cui lo scrittore si riferiva. Ma come può una simile parola essere oggetto d’accusa fino a procurare il carcere ad uno dei più fini intellettuali del nostro paese? Oggi Massimo Carlotto su Twitter ha scritto: “La richiesta di condanna ė ridicola ma anche di una gravità inaudita. Una condanna creerebbe un precedente pericoloso.” E’ pericoloso infatti punire e perseguire chi si assume la responsabilità delle proprie parole, perchè una sanzione di questo tipo da parte della giustizia significherebbe allo stesso tempo una vergognosa violazione della cosiddetta libertà di parola, che soprattutto per uno scrittore, costituisce un diritto essenziale da esercitare. Fare un processo alla parola “sabotaggio” non ha nessun senso quando la questione essenziale sarebbe invece: come è possibile provare nei fatti che il pensiero di un autore, per quanto illustre e popolare, sia direttamente correlato ad ipotetiche azioni altrui (che peraltro non vi sono state) di sabotaggio effettivo e materiale?

E cosa pensano gli altri intellettuali in Italia? Dove sono coloro che credono in questo diritto, i colleghi di Erri? Cosa pensano tutti gli altri scrittori? Sono forse troppo occupati per manifestare il proprio supporto in questa spinosa situazione?

Per chi magari non fosse abbastanza familiare con la figura di Erri De Luca vi basti sapere che oltre ad essere una delle voci più poetiche dei nostri tempi, egli è stato anche operaio, muratore, alpinista, volontario in zone di guerra, e traduttore dall’ebraico antico. Insomma una persona che non solo conosce a fondo il significato delle parole, ma anche un uomo che ha avuto una vita densa e ricca di esperienze variegate, che ne hanno fatto un individuo estremamente consapevole e padrone del proprio pensiero. “…Se queste mie parole sono un crimine continuerò a commetterlo e quindi sono un reo confesso.”ha detto nell’intervista video qui sopra. Erri infatti ha deciso che non farà appello. “Possono imprigionare il mio corpo, ma non possono imprigionare queste parole che sono quelle che appartengono ad una comunità in lotta”. Avere le idee chiare e comunicarle apertamente non può costituire reato, in nessuna legislazione possibile. Firmiamo tutti oggi la petizione.

#iostoconerri