All’inizio della settimana esplode lo scandalo Volkswagen negli Stati Uniti, ben 11 milioni di veicoli della celebre casa automobilistica tedesca sono dichiarati fuorilegge.
Le vetture incriminate, come ha confermato nei giorni scorsi l’Agenzia per la protezione ambientale (Epa), dispongono di un software in grado di raggirare i controlli sui livelli di emissioni nocive e pertanto devono essere richiamate presso le officine autorizzate.
In borsa i titoli della Volkswagen perdono il 22% bruciando 24 miliardi di capitalizzazione in due giorni. L’autorità americana promette azioni penali e preannuncia una maxi-multa di 18 miliardi di euro, la casa tedesca sospende la vendita di modelli diesel negli Stati Uniti e successivamente costringe il suo Ad Martin Winterkorn a dimettersi… con una pensione da 28,6 milioni di euro e 33 milioni di liquidazione.
Nel frattempo lo scandalo si allarga anche all’Europa, il ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt conferma: “Siamo stati informati che anche in Europa i veicoli con motori diesel 1.6 e 2.0 sono stati manipolati”.
Il caso Volkswagen è uno più grossi scandali economici della storia, ma forse anche uno dei più gravi danni d’immagine per un brand. Il simbolo del Made in Germany, da sempre sinonimo di qualità e controlli rigorosi ampliamente pubblicizzati o ostentati, definitivamente compromesso da una frode.
Una cosa è certa. La tragedia economica, in cui adesso primeggiano facce contrite, scambi d’accuse, fatti acclarati e indescrezioni, ospiterà presto nuovi protagonisti.
A partire da quest’oggi infatti Volkswagen farà i nomi dei responsabili coinvolti nei test anti-smog truccati. Esecutori materiali e, si spera, mandanti.
Buon weekend e buon ascolto!