Bukowski, carta e bassifondi: così ho capito tutto dalla vita
di Redazione23 Novembre 2015
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Charles BukowskiDi Giacomo Lepori
Stava girovagando per il quartiere. Testa bassa, mani in tasca; la sciarpa lasciata svolazzare al vento se lo stava portando via, data la sua leggerezza. Mentre tutti gli altri se ne stavano in un ufficio, in un bar, a costruire case, a curare – o a curarsi – un dente – lui era lì. Aveva un cappello che chiamarlo cappello è quasi un dispregiativo. Aveva un cappello che chiamarlo compagno di vita è quasi un diminutivo. Non se ne era mai separato; gli era stato da sempre, deliberatamente attaccato, come gli altri, in quel momento, al loro lavoro. Sì. Gli era stato sempre attaccato.
Al di sotto di un ponte mentre osservava la magia delle gocce d’acqua che si infrangevano cadendo dal cielo con il fiume della sua città. Sì. Ché quella era solo la sua città, e di nessun altro; quasi come una donna con la quale avesse vissuto tutta la vita, della quale conosceva i segreti e le scorciatoie per giungere prima a ciò che più desiderava; per giungere prima al bar nel quale era meno in rosso e vedere il linciaggio da parte del proprietario – chiedendo una pinta di birra a credito – farsi sempre più vicino. Oh… Quante ne aveva passate…
Sicuramente avrebbe riso in faccia a chiunque gli si fosse parato davanti esordendo con la classica e noiosa frase del qua non succede mai niente. Cresciuto con la magia dei libri di Bukowski era finito per diventare il suo miglior esperto e studioso nonché suo miglior discendente letterario, su carta e nei bassifondi. Cresciuto con i libri di Bukowski era finito per fottersi tutte le donne della città, dalla lattaia all’avvocatessa, le quali volevano fuggire dall’inutile monotonia offertagli dai loro maritini finti-composti e puttanieri di terza categoria data la loro scelta finale, conclusiva.
Aveva capito tutto della vita e solo grazie a questo aveva concretizzato che al suo tempo conveniva più patire il freddo sotto ad un portico attaccati ad una bottiglia di vino scadente che patire, invece, una vita non voluta attaccati ad un termosifone. Concependo la vita fino in fondo aveva stilato il fatto che ognuno di noi è un animale solitario che solo quando si scontra per sbaglio con un branco di lupi col guinzaglio inizia il proprio declino. Aveva capito che quella era la sua strada, del suo quartiere, della sua città, del suo mondo.
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