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MUSIC

In ricordo di Primo Brown, rapper dei Cor Veleno



Il ricordo di Marco “Inka” Giani

Il Primo giorno del 2016, con un’amara ironia è morto Primo, rapper romano dei Cor Veleno.

Il cuore di TUTTA la scena hiphop ha sanguinato. Quella scena che è sempre divisa, da sempre tra commerciale e underground, divisa tra i vari stupidi dissing, TUTTA quella scena hiphop si è tolta il cappello davanti alla notizia della morte, dopo la grave malattia di Davide Belardi aka Primo.

Da quel primo di gennaio sto pensando cosa scrivere. Cancello e riscrivo, butto via tutto e rinizio, cercando di fermare qualche pensiero razionale, non banale e… che cazzo, come è possibile.

Siamo chiari, non conoscevo Primo, non bene almeno. Qualche parola prima e dopo i live, qualche scambio di battute tra Firenze e Roma. Saluti e abbracci, reciproca stima. Però lo conoscevo, anzi lo conosco per la sua musica. Le canzoni dei Cor Veleno mi hanno aiutato a uscire da periodi di merda molto di più di una caterva di amici. Perchè la musica dei Cor Veleno è un pugno nello stomaco dato da persone che di pugni dalla vita ne hanno presi tanti. E ti dice: sveglia, perchè qui nessuno regala niente.

Allora ho pensato che il miglior modo di rendere omaggio a un artista è provare a raccontare la sua musica. Intendiamoci, non sarà il racconto di uno storico, non sono il Paolo Mieli della scena rap italiana, e può darsi che sia incompleto o non del tutto corretto. Ma fanculo, io racconto come la musica di Primo ha accompagnato una parte della mia vita.

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Dal 1995 con i DAP (la mia crew) e Toscani Classici (Jamax e Willie DBZ) ho girato in lungo e in largo l’Italia tra jam e concerti. E ovunque andassi sentivo dire: a Roma spaccano i Colle der Fomento e i Cor Veleno. I Colle ok, il primo disco Odio Pieno è consumato dal mio stereo. Ma dei Cor Veleno non riuscivo a trovare niente. Non era diffuso Internet,  non esistevano Napster, i social network e gli mp3. Esisteva Aelle e il passaparola “no, devi sentire i Cor Veleno”. Sembrava un mantra!

Poi nel 1997 esce un mixtape vendutissimo (e copiatissimo), “La Banda der Trucido” di Piotta e Squarta, dove finalmente si trova 21 Tyson dei Cor Veleno. Con un pezzo riescono a raccontare il Rome Zoo, la crew più famosa della capitale.

Negli anni ’90 a Roma i gruppi che rappavano “alla Colle” si contavano a bizzeffe, in poche parole erano tutti hardcore alla Colle.

Tanta carbonara, canne e cattiveria, ma non tanta originalità.  Ma “il duo dell’arsenico” sono una cosa a sè e si capisce subito. Primo è potente e incisivo, Numeri (diventato dopo Grandi Numeri) ha un flow con una cantilena che rimane in testa. Il loro strano connubio è micidiale, in più mettici alle produzioni Squarta, gran maestro di funk accanto a Piotta, Turi e tutta la crew Robba Coatta et voilà! Nel 1999 esce l’EP “Sotto Assedio”.

Nel frattempo succede qualcosa di brutto nella scena rap italiana: una grande crisi, di persone e di idee. Si sciolgono i Sottotono, Neffa smette di rappare, i dischi rap non vendono più come prima, insomma una grande crisi, senza un vero perché.

Eppure il trio Primo/Grandi/Squarta non si arrende, prodotto dalla Antibe Music del Piotta esce Rock ‘N’ Roll, il loro primo vero disco. Come suona? Bene, scorre liscio, è un qualcosa di nuovo in quel periodo marcio di primi anni del duemila. Funk, hardcore, il collo si muove, Rime e Numeri, ci devi mettere il veleno, butta su le mani, trastevere, ma anche un qualcosa di dannatamente poetico.

“la mia attenzione è frammentaria,e mentre tu mi stai parlando ho già preso una penna e sto disegnandomi in aria; dò veleno, tu godi come me che ho la mia lei che con le mani tocca i nervi quando fanno nodi;”

Rock ‘N’ Roll è veramente qualcosa di nuovo, aria fresca, una luce in un periodo brutto per la discografia. Un disco che dovrebbe essere più considerato quando si parla di storia dell’hiphop italiano.

Nel 2004 esce la bomba: Heavy Metal. Il contesto discografico è sempre abbastanza triste. Neffa canta la Signorina, Deda e Gruff si sono un po’ persi, idem Gente Guasta e l’unica vera novità sembrano i Club Dogo (ex Sacre Scuole) che sono fuori con il loro primo disco. in tutto questa desolazione il trio romano decide di esagerare. Di lanciare una bomba a mano nel supermercato musicale vuoto. La copertina è minimale: un cane disegnato stilizzato arrabbiato. Il disco si apre con un intro di chitarre che stridono e un rullante pesante e la traccia che da il titolo all’album. Sembra che Squarta in questo disco ha aggiunto dose di ignoranza al suo stile di suono: Heavy Metal è Rock ‘N’ Roll con la nitroglicerina.

Poi segue un pompino (sisì avete letto bene) interrotto da una telefonata, al concerto dei Cor Veleno hanno chiamato Le guardie, i pompieri e l’ambulanza.

“tu vuoi sapere di che parlano i miei testi, loro sono la mia banca e fanno solo i miei interessi; ehi, non mi dire tutto uguale, tutto uguale, tu e il tuo gusto popolare potete andarvene a cagare; sì, definitivo, quando lo scrivo, ti bastano i Subsonica e già parli di mercato alternativo;”

Perchè Primo è così non ha peli sulla lingua, credo che sia il primo rapper che ho sentito bestemmiare su un pezzo. Il disco è bellissimo, alcune tracce saltano per il flow di Grandi (Bonsai, Kamikaze), altri parlano di rapper che diventono giornalisi e un pezzo che fece molto discutere per la presa di posizione nel ruolo del poliziotto “Un Mestiere qualunque“. Si deve pensare che è un pezzo che fa riferimento ai fatti di Genova. E nel video i Cor Veleno sono in divisa, il pezzo è una vera perla.

Poi uscì Primo + Squarta: Bomboclat. Un macigno, scritto di getto, un disco cotto e mangiato, rovente come lava con beat di Squarta incredibile (con campioni anche da Britney Spears!), featuring del Danno, Turi, Tormento, Amir e i Club Dogo. Primo sembra sempre più convinto, lo si capisce da come incide le rime, dal vivo, al Viper di Firenze è una vera bomba.

Quello che è successo dopo, i dischi, i singoli, i live con Jovanotti, il successo che sicuramente doveva essere maggiore di quello che hanno avuto i Cor Veleno, i tre mixtape di “Rap nelle mani”, il Micro D’Oro con Tormento (“Mantenere, almeno il punto sulle cose vere / Stringermele al petto mi fa stare bene”) e l’incazzature con i fan, tutto questo + parte della storia di un rapper. Perchè Primo era questo, un vero animale rapper. Fino all’ultimo, fino a pochi mesi fa quando aveva registrato “Alberto Tomba” prodotto dalla Machete Records di Salmo.

Sentendo quel pezzo, insieme a quello di Hyst, il primo pezzo cheapre questo articolo, viene da pensare che la Signora Morte può portarci via in maniera fin troppa prematura gli artisti con una logica inspiegabile. Certo che lo può fare, ma l’arte prodotta, quella, mi dispiace per lei, rimarrà viva.

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Il ricordo di Mirko “Psaiko” Monti

Era la fine degli anni ’90, non ricordo bene l’anno, ma so per certo che l’hip hop per me erano bombolette, tag e One Two One Two. Lo ascoltavo da quando si chiamava Venerdìrappa e lo conduceva Albertino con gli Articolo, con quel programma ho scoperto dai Gangstarr ai Sangue Misto, da Warren G ai Colle der Fomento. Fu in una puntata di questo programma che sentii per la prima volta 21 Tyson, senza capire di chi fosse. Dovetti aspettare un po’ di tempo, fino a quando per vie traverse mi arrivò una cassetta copiata da una copia di una copia del mixtape La Banda Der Trucido, in cui Piotta e Squarta a.k.a. Robba Coatta racchiusero quella che, per un breve lasso di tempo, è stata una scena hip hop romana unita. E da qui conobbi i CorVeleno, quelli mezzi Rome Zoo e mezzi Robba Coatta (come dicevano loro dopo il “divorzio” fra le due fazioni).

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Con un paio di amici organizzammo il capodanno 2000: una ventina di ragazzi in una casa sfitta e un sound system composto da un ghetto blaster e un giradischi. Per l’occasione comprai da Good Stuff l’EP Sotto Assedio, una vera e propria bomba per me, una cagata per gli altri che di rap non masticavano, ma sticazzi, il giradischi era il mio. E per me, che i live non  li ho mai bazzicati, per molto tempo la voce di Primo Brown ha avuto la faccia di Cielo Brasco (oggi Grandi Numeri): che dovevo fa, me li ero immaginati così, a pelle.

Passa il 2000, poi il buio del rap, gente che smette, gente che passa a fare canzonette, e loro Rock n Roll. Poi la luce, che è quasi peggio del buio, perché dopo il buio la luce acceca e confonde, c’è chi chiede applausi per se stesso, chi si improvvisa rapper, tutti fanno rap, e loro Heavy Metal e quella manata in faccia dell’Ambulanza. Fermi sulle loro posizioni. Poi Bomboclat, e soprattutto, Radio Bomboclat: per me era gioia pura, Primo e Squarta a presentare una sorta di podcast selezionata da loro ma soprattutto a raccontare dei fatti loro, era puro spettacolo. E scopri così che Primo ama la musica di Jovanotti dai tempi dei tempi, quando io l’ho sempre considerato come negativo per il rap italiano. O la sua passione per Everlast degli House Of Pain, ancora viva nonostante fosse passato alla musica country. Oppure conoscere perle musicali come Polvere di Gesso di Gianmaria Testa, consigliata da Primo e contenuta nell’OST di Ultimo Stadio, alla quale hanno collaborato anche i CorVe.

Non ho un rapper preferito, nei mesi posso amare stili differenti o totalmente opposti. Ma anche se passano gli anni, ogni volta che una rima di Primo sollecita un mio timpano riparte il trip. Tutti in questi giorni hanno voluto ricordare l’uomo, la bella persona che era, io invece vorrei omaggiare l’artista, il suo lato immortale. Primo è rimasto coerente a se stesso nonostante tutto intorno scorresse con grande forza verso una soluzione più facile, lottando e incitandoci a lottare per la nostra idea personale di essere. Personalmente, non posso non essergli grato per tutta l’energia che ha trasmesso inconsapevolmente a me, che manco mi conosceva, ma che volente o nolente mi trovo invischiato in questa cosa chiamata hip hop. Grazie Primo.