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Cinema

La poetica supereoistica italiana di Jeeg Robot



Finalmente sono riuscito a vedere un film che attendevo con ansia e, finalmente, si trattava di un film italiano (in realtà sono riuscito a vederlo il giorno in cui è uscito, ma solo ora ho avuto il tempo di poter scrivere qualche mia impressione a riguardo): Lo chiamavano Jeeg Robot.

Premetto che, proprio perché è già passato un po’ di tempo, molto probabilmente farò spoiler, quindi se non avete ancora visto il film vi sconsiglio di continuare con la lettura.

Opera prima di Gabriele Mainetti, fortemente voluta dal regista, tanto che ha avuto una gestazione veramente lunga, ma devo dire che ne è valsa veramente la pena.

Non si tratta del primo esperimento di film supereroistico italiano (solo l’anno scorso è uscito “Il ragazzo invisibile” di Salvatores, film buono ma fortemente sottovalutato), ma devo dire che “Lo chiamavano Jeeg Robot”, pellicola presentata alla Festa del Cinema di Roma (purtroppo in quei giorni ero troppo preso da Street Opera per poter approfittare di quell’anteprima), ha una decisamente una marcia in più.

Il film racconta le origini del supereroe di Tor Bella Monaca e dello scontro con il cattivo di turno. Una trama semplice, ma sviluppata in modo incredibile.

Gli interpreti sono eccezionali (Luca Marinelli una spanna sopra a tutti, ma tutti gli altri sono comunque credibilissimi) e la storia ha uno stampo originale, rispetto al fil di Salvatores che ricordava molto di più la struttura “classica” dei cinecomics.

La cosa che più mi è piaciuta è comunque l’italianità che il film trasuda dall’inizio alla fine.

Il villain Marinelli (sicuramente uno dei migliori visti nei film supereoristici degli ultimi anni che nulla ha da invidiare al Joker di Heath Ledger – in un mondo ideale sia lui che Mainetti dovrebbero essere immediatamente contattati da Kevin Feige) è quello che potremmo definire il frutto di venti anni di berlusconismo: una persona interessata soltanto all’apparire.

Appassionato di musica italiana (la colonna sonora è già un cult) e nostalgico della sua unica apparizione televisiva a Buona Domenica, lo Zingaro è uno dei personaggi nostrani più ben caratterizzati e interpretati che io abbia mai visto.

Anche il protagonista Enzo Ceccotti, interpretato magistralmente da Claudio Santamaria, è un eroe (o anti-eroe) decisamente fuori dagli schemi.
Caratterizzato benissimo nonostante i pochissimi dialoghi, il nostro pornomane mangia budini evolverà nel corso del film per portarci alla scena finale dove ci renderà assolutamente credibile la sua trasformazione in supereroe, nonostante la location atipica (è in cima al Colosseo in una posa che ricorda molto Batman) e la maschera di Jeeg Robot fatta a maglia da Alessia, interpreta da Ilenia Pastorelli, probabilmente la vera rivelazione del film.

Lo chiamavano Jeeg Robot è un film che fa bene al cinema italiano (che va visto assolutamente al cinema) che consacra Gabriele Mainetti come autore di tutto rispetto.

Insomma, la morale di questa pellicola è che in Italia è possibile fare un cinema diverso (cosa che pare aver dimostrato anche Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese, film che devo ancora recuperare) ed è possibile pure fare una versione nostrana di uno dei generi più popolari del decennio.

Bravo Mainetti, continua così!