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Chisco, nuova vibra con Ital



Ok, l’avevamo già annunciato tempo fa, in occasione dell’uscita del video de Il Vento, e finalmente è arrivato il momento che in tanti aspettavamo: è uscito il nuovo album di Chisco, l’anima reggae di Lucca, esponente di spicco della vibrante scena toscana.

Una voce nuova.. ma anche no. Quant’è che sei in giro, Chisco?

Sono quindici anni che giro in lungo e in largo per lo stivale e non mi sono ancora stancato, anzi ogni viaggio è uno stimolo in più e nuove vibes che accumulo. I primi 10 anni insieme ai Working Vibes, ormai sciolti, ma con i quali mi sono tolto tantissime soddisfazioni e gli ultimi cinque come solista, quindi una sorta di rinascita per me.

Le persone non mi conoscevano come Chisco ma solo come il cantante dei WV.

Facciamo un passo indietro: nel tuo background troviamo radici hip hop ben piantate nell’era d’oro del rap italiano, i favolosi anni ’90. Come hai iniziato? E com’era fare rap in una città come Lucca?

Ho conosciuto l’Hip hop a Londra attraverso un ragazzo che ballava Break dance e la cosa mi ha letteralmente cambiato la vita e il modo di veder ogni cosa.

Pensa ad un ragazzo che proviene da un paese dove non ci sono stimoli e nient’altro all’infuori di due enormi discoteche.

O ti piaceva la dance dei 90 oppure eri fuori dal gioco, dagli amici, dalle compagnie, venivi emarginato. E così è stato.

Solo con la musica ho avuto il mio riscatto.

In Inghilterra ascoltai per la prima volta The Coming, l’album di debutto di un rapper dal nome Busta Rhymes ed è stato come quando i Blues Brothers entrano in chiesa. Illuminazione pura. Credo che in quel periodo quel rapper che adesso conosce il mondo, avesse lo stile ed il flow più assurdo e stiloso allo stesso tempo, un genio. In seguito durante le occupazioni a scuola mi affiancai alla VZone, la crew di Viareggio che nei 90 massacrava chiunque in Italia nelle battle di rime e tra giornate intere di freestyle al muretto e Jam in giro per l’Italia ho conosciuto i ragazzi di Lucca, con i quali ho passato gli anni più belli della mia vita. I pomeriggi al palazzetto, la notte in Yard a dipingere, le fughe, le risse e le battle erano all’ordine del giorno. Nacquero così i Degradatori o DGT famiglia, 16 amici che si allenavano ogni santo giorno nelle 4 arti di questa cultura (breaking, mc’s, dj e writing).

Lucca in quegli anni era molto viva, adesso i tempi cambiano e i ragazzini di adesso preferiscono Ghali al Danno e Tyga a Rakim. E’ una storia che si ripete da sempre non condanno nessuno, non mi piace dire era meglio prima o era meglio dopo come fanno in tanti. Io amo i ’90 musicalmente ma probabilmente i giovani di adesso fra quindici anni chissà cosa diranno. Non mi è mai piaciuto l’estremismo.

Ho sempre visto un forte legame fra la cultura hip hop e quella rastafariana, che si trasmette poi alle loro espressioni musicali, il rap ed il raggae. Com’è avvenuto il tuo passaggio da uno stile all’altro?

Non è stato un passaggio indolore perché inizialmente la musica reggae non mi piaceva e addirittura mi annoiava, mi sembrava monotona. Poi conobbi durante l’occupazione di un centro sociale a Lucca, Black Heart Sound veri pionieri di questa musica in Italia e grazie a loro ho iniziato a capire meglio i testi dei cantanti Jamaicani e la loro funzione sociale. Questa fu la scintilla che accese dentro me il feeling con questa musica: la bellezza delle armonie e di queste voci incredibili unite ad un forte interesse sociale. La denuncia faceva parte anche della musica rap ma in quegli anni, in Italia, vidi troppi cambiamenti – a livello umano e caratteriale – di quelli che oggi definiamo  “i grandi maestri” dell’Hip hop dei 90. Mettiamola così: come rapper niente da dire, come uomini direi che mi hanno deluso profondamente.

Perciò ho scelto un strada che si rifaceva a valori come il rispetto (quello vero), l’umiltà e la condivisione: Reggae is a mission, not a competition.

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Parliamo dell’album. Ci troviamo a distanza di tre anni dal tuo debutto solista con Come Again. Come nasce Ital e la scelta di realizzare solo brani in italiano?

ITAL (si legge AI – TAL) è il frutto di 3 anni di lavoro, viaggi, fatiche, porte sbattute in faccia ed altre che si sono aperte poco dopo per fortuna.

Più che un album lo definirei un figlio che ho imparato a conoscere e a capire durante questa lunga gestazione. E’ un album improntato su ritmi newroot, con onedrop incalzanti, dove i testi e le melodie la fanno da padrone su ogni traccia.

E’ stato prodotto interamente da Princevibe nel suo studio di Saronno salvo la traccia nr.13 La Tua Storia prodotta da Ketra per King Korg music.

La scelta dell’Italiano è venuta quasi naturale in un periodo dove ogni gruppo reggae italiano cerca di uscire fuori dall’Italia con album in inglese o patois. E’ anche la conseguenza naturale dei pochi posti a disposizione. In Italia i locali che fanno serate reggae sono sempre meno, salvo quei pochi posti storici e le band ed i cantanti si attrezzano di conseguenza. Altro motivo è che credo sia molto più difficile scrivere in italiano che in inglese. In inglese puoi anche dire minchiate scollegate, basta che suonino bene. In Italiano è tutto l’opposto, devi creare oltre alle melodie, il suono di ogni parola che non sempre esce armoniosa, poi le punchline ecc.

Ci vuole più studio ed applicazione per fare un album in Italiano.

Ital è ricco di collaborazioni illustri, ci parli dei tuoi ospiti?

All’interno poi ho voluto con me tanti amici che mi hanno accompagnato durante questo lungo percorso come Terron Fabio, KGMan, Papa Massi e Jaka (Alla luce te lu sule pt.2) Sistah Franzy (Roots United), Queen Mary, Francisca e MisTilla (EBM). Quest’ultima protagonista anche del video uscito a maggio Il Vento, il singolo che ha anticipato l’album. Ho voluto così tanti ospiti perché mi piace condividere le emozioni e poi sono sempre molto curioso di cosa può venir fuori da due teste completamente diverse. La mia purtroppo la conosco fin troppo bene.

Dove possiamo acquistare l’album?

L’album oltre a tutti i digital store si può trovare fisicamente scrivendo a behindmanagement@gmail.com oppure a tutti i miei live.

In ogni caso potete ascoltarvelo tutto dal mio canale Youtube Chisco Official. E se volete potete metter un like sulla mia pagina facebook.

Per chiudere: se avessi la bacchetta magica, cambieresti qualcosa del tuo percorso artistico?

No, ma avrei voluto suonare un strumento. è importantissimo, per scrivere e comporre musica senza vincoli o perdite di tempo.

Check it!