Avvertenza: se avete intenzione di farlo e non avete ancora visto il film potreste trovare qualche piccolo spoiler (sebbene sia stato molto attento a non farli e soprattutto che il film sia molto poco spoilerabile, dato che sappiamo benissimo dove andrà a parare).
Se invece non avete mai visto nessun film della saga evitate di andare avanti e cominciate proprio da questo.
Ovviamente valutare un film a poche ore dalla prima visione è assolutamente fine a se stesso e spesso la cantonata è dietro l’angolo, ma è anche divertente fermare alcune considerazioni e alcuni dei ragionamenti fatti a caldo, soprattutto quando si parla di prodotti di intrattenimento destinati al grande pubblico.
Ieri mattina sono stato a vedere Rogue One: A Star Wars Story al Cinema Odeon di Firenze, una delle poche sale fiorentine che proietta in lingua originale e, poche ore dopo, mi sono sbilanciato con un “Best Star Wars Ever”.
Ribadisco che è un’iperbole, il film non è certo privo di difetti, ma devo ammettere che sin dalla visione del primo trailer, mi ero esposto sostenendo che il potenziale per fare una grande cosa c’era e ora cercherò di esporre la mia tesi.
Premetto che adoro Gareth Edwards, regista che si fece notare con il bellissimo Monsters e che si era già cimentato con un blockbuster gigante come Godzilla, film che purtroppo non è stato molto capito, nonostante io l’abbia trovato molto bello.
Devo dire che il primo punto a favore di Rogue One sta proprio nel fatto che, per la prima volta nell’universo di Star Wars, la vicenda non è strettamente legata alla famiglia Skywalker, rendendo quest’ultima pellicola auto-conclusiva (seppur collocata tra ep.III e ep.IV) più un film di fantascienza che una space opera, ma con un inizio a gamba tesa come nel primo Star Wars: A New Hope (ep. IV).
Infatti, secondo il mio modestissimo parere, gli incipit che ti catapultano nel mezzo della storia (come la maggior parte dei racconti di Philip K. Dick o i più bei film di Hitchcock) sono i migliori.
È vero che la maggior parte del pubblico che si approccerà a Rogue One sicuramente conoscerà l’intera saga, ma sono certo che un neofita riuscirà ad orientarsi benissimo nonostante tante cose non vengano spiegate, ma lasciate in sospeso.
Il tema è sempre quello dell’eterna lotta tra il bene contro il male.
Capiamo da subito, senza bisogno degli iconici titoli introduttivi, che siamo in una galassia dove l’Impero, il male, sta prendendo il sopravvento sul bene, portando quindi alla nascita della Resistenza.
Niente di nuovo quindi?
Beh, in realtà di nuovo c’è decisamente poco, ma il punto di forza che ho individuato, sta proprio in questo: aver utilizzato al meglio e senza troppo calcare la mano gli elementi a disposizione.
Certo, il fan service c’è ed è anche molto presente, ma sempre giustificato ai fini del racconto o quantomeno non fastidioso come in The Force Awakens (ep. VII).
Le scene di combattimento tra X-Wing e Tie Fighter sono spettacolari e Darth Vader che combatte corpo a corpo contro i Ribelli è una delle cose che vorremmo vedere per ore.
La cosa positiva è che i personaggi sono tutti azzeccati e non troveremo personaggi-pupazzi nuovi pensati solo per per il merchandising (come l’odioso Jar Jar Binks di ep. I o l’adorabile BB-8 di ep. VII), non vedremo smielate buoniste a tutti i costi, ma soprattutto non sentiremo parlare di midichlorian.
Infatti, un’ altra delle cose che ho apprezzato tantissimo è stata proprio la tematica della Forza affrontata come un aspetto di una religione.
«I’m one with the Force, the Force is with me» suona proprio come una preghiera o un mantra.
Infatti in questa pellicola non troveremo nessun Jedi, ma Chirrut Îmwe, il guerriero cieco che crede nella Forza, è la cosa che più vi si avvicina e che paradossalmente la rende molto più chiara dei tanti discorsi, seppur epici, di Yoda o di Obi-Wan Kenobi.
Ma la cosa che rende epico questo racconto è proprio il valore che viene dato al sacrificio e alla speranza.
La storia narra di come vengono recuperati i piani della Morte Nera, l’arma-astronave-pianeta in grado di distruggere altri mondi, andando a colmare anche alcune lacune del primo film del ’77, quindi sappiamo già dal primo secondo che ce la faranno.
Il finale è epico e si colloca nella saga in modo perfetto, ma è proprio la costruzione che ci porterà allo spoiler che conosciamo a funzionare.
Si intuisce dal primo secondo che i protagonisti di questa storia potrebbero morire (dato che non li vedremo nel film successivo), e progressivamente capiamo che anche loro sono consapevoli che la loro missione potrà essere suicida, ma la voglia di credere è più forte della paura della morte (cosa che nella saga vista fino ad ora emerge in modo lieve, in modo chiaro solo dalla morte di Obi-Wan).
Infatti una delle frasi più iconiche del film è pronunciata dalla bellissima Jyn Erso (ennesima eroina femminile che consolida il trend degli ultimi anni della donna guerriero): «Rebellions are built on hope».
Insomma, al netto di quanto detto, ribadisco che ad oggi rimango sulla mia posizione:
Best Star Wars Ever