Come ogni anno, la nostra tradizione di giudizio seriale, si conferma anche in quest’inizio 2017, un’anno che ha lasciato alle sue spalle numerose produzioni interessanti, epici ritorni di stile e di contenuti, innovazioni concettuali che lasciano prevedere un 2017 pieno di emozioni e sorprese.
In questa classifica delle migliori Serie TV del 2016, ho deciso di inserire, per una serie di motivi, soltanto le prime stagioni, ovvero le nuove produzioni che hanno visto la luce l’anno scorso per la prima volta; inserire stagioni di Serie tv che hanno già confermato il proprio valore più volte, avrebbe tolto spazio ai piccoli che, in alcuni casi hanno già convinto, mentre in altri hanno ancora bisogno di fiducia, nonostante idee, costruzioni e svolgimenti molto interessanti.
Ecco la classifica:
10) 11.22.63
Giudicare questa Serie tv dall’idea o della trama non ha molto senso, visto che è tratta da un celebre libro di Stephen King; bisogna dunque valutarla secondo altri parametri. Prodotta da J.J. Abrams, con James Franco protagonista, aveva tutte le carte in regola per essere una delle migliori Serie tv di quest’anno, visto che sulla storia, ovviamente, pochi o nessuno hanno nulla da eccepire. Tuttavia, si sa, quando si prende un best seller letterario e lo si trasforma in una produzione televisiva, i rischi sono tanti, e 11.22.63 è incappato in alcuni di questi. Poco convincente in alcune parti e troppo superficiale in altre, con un James Franco non impeccabile, si lascia vedere per inerzia, ma si finisce volentieri. Salvato dalla trama e da alcuni interessanti particolari.
9) Black Mirror 3
Metto le mani avanti: ho deciso di inserire Black Mirror all’interno di questa classifica in quanto, essendo una Serie tv antologica, può essere vista anche in modo distaccato dalle prime due stagioni, e quindi, rappresentare una produzione singola.
Black Mirror, nella sua totalità, non merita il 9° posto in classifica, anzi, meriterebbe almeno il podio fra le migliori Serie tv degli ultimi 10 anni, per qualità del prodotto, innovazione e costruzione delle trame, ma questa stagione non ha la stessa spinta emotiva delle altre, non sconvolge in maniera dominante, non ti lascia a bocca aperta, almeno non in tutte le puntate, e per questo motivo, nonostante possa avanzare sempre a testa alta, finisce quasi in coda alla classifica. Non deludente – alcune idee risultano sempre geniali – ma quasi.
8) Sense8
La telepatia è un’argomento trattato e ritrattato da molti, sia nell’ambito cinematografico che seriale, e per emergere serve dunque un quid in più rispetto agli altri, sopratutto perché, nei tempi in cui ci troviamo, mettere in scena situazioni come quelle descritte da Sense8 senza scadere nel banale, non è facile. Sense8, almeno in parte, ci riesce, grazie alla puntualità e la pazienza, ad una fotografia eccezionale, alle diversità di contesto in termini sociali e di significato, e per aver inserito una moltitudine di generi all’interno di una singola trama. Ma la perfezione, si sa, è difficile da raggiungere, sopratutto quando punti a qualcosa di grosso come i produttori di Sense8. I buchi narrativi ci sono e in alcuni casi cade lievemente nel grottesco, ma in generale risulta una Serie tv che non vedi l’ora di rivedere.
7) The Get Down
Da vedere rigorosamente in lingua originale, The Get Down racconta in modo quasi fumettistico e in stile Cartoon, gli arbori dell’Hip Hop in una New York acciaccata di fine anni ’70. Mentre la politica della “Tolleranza Zero” comincia a dilagare nella Grande Mela, dei Ragazzi del Bronx scoprono una cultura non ancora del tutto delineata. Djs, BBoys e Masters of Ceremony in un’ambientazione quasi totalmente street, si mostrano al pubblico televisivo per quello che erano, raccontando storie di rispetto, talento e criminalità. La musica è ovviamente una costante della serie, e la trasforma di tanto in tanto in un musical underground con riflessi storici ampiamente romanzati. The Get Down è una buona Serie tv narrativa, che racconta una cultura che in 40 anni ha modificato completamente la sua pelle. Back in the days.
6) 3%
Questa produzione brasiliana mi ha prima sorpreso e poi sorpreso ancora di più. 3% è una sere fantascientifica con pochi effetti speciali, che racconta una società lontana ma non troppo, un mondo in cui le divisioni sociali si fanno sempre più grandi ma dove chi vuole può provare a migliorare la propria posizione attraverso un test psico-attitudinale, precisamente all’età di 20 anni; tutti hanno dunque questa possibilità, e bisogna solo coglierla. Il mondo raccontato da 3% non è tanto distante dal nostro, ma con un’organizzazione sociale molto più netta e tenace: il 3% è quella parte della popolazione che vive nel lusso e con problemi sociali molto relativi, al contrario del restante 97% che trascorre i propri giorni nel degrado e nella totale mancanza di regole. Raggiungere il 3% e l’ambizione di tutti i giovani che si apprestano a diventare uomini e donne e il test è l’unico modo per guadagnarsi quel posto. In generale, l’idea, la recitazione e la messa in scena, risultano sorprendenti, al contrario dei dialoghi e dell’attitude che sembrano non voler abbandonare le classiche telenovelas Sudamericane. Tuttavia, aspettiamo con ansia la seconda stagione, perché la trama e tutt’altro che banale.
5) The Young Pope
Da un’idea di Paolo Sorrentino, che è riuscito a trasferire un cinema di nicchia nella wall of fame internazionale grazie all’oscar vinto qualche tempo fa, The Young Pope dipinge un Vaticano ricco di contraddizioni e colpi di scena. In pieno stile Sorrentiniano, la serie girata quasi interamente all’interno dell’enclave Romana, tratta di un Papa giovane, bello e affascinante ma profondamente conservatore e intenzionato a trasformare la Chiesa nella potenza che era un tempo, attraverso il mistero, il terrore e la paura di Dio. Non è un Papa buono e nemmeno carismatico – se non per i telespettatori – ha un carattere forte forgiato dal passato e propositi tutt’altro che piacevoli. The Young Pope è una delle Serie tv più sorprendenti del 2016, che vede per la prima volta il suo regista avere a che fare con la televisione uscendone in maniera impeccabile. La caratterizzazione dovuta al suo ideatore, però, lo mantiene sempre un prodotto destinato ad un mercato di nicchia, una piacevole creazione intellettuale che sembra però in certe parti, un tentativo di spalmare un film in 10 puntate. Probabilmente avrebbe reso allo stesso modo, se non meglio, se fosse stato concentrato in 120/150 minuti.
4) The Night of
Presentata come la Serie rivelazione dell’anno si conclude dopo 10 puntate in maniera molto intelligente senza deludere del tutto le aspettative. E’ la storia di Nasir, un ragazzo pakistano, proveniente da un’umile famiglia di immigrati di New York, che si ritrova all’interno di un vortice di casualità che comincia con un appuntamento mancato e si conclude con una giovane e ricca ragazza accoltellata fra alcol e droghe sintetiche. Unico sospettato: il nostro Nas, trovato con la probabile arma del delitto in tasca, anche se in realtà non ricorda nulla dell’accaduto. In suo aiuto arriva John Stone, avvocato di basso bordo con evidenti problemi di stress interpretato da John Turturro. Una trama fitta, complessa ricca di colpi di scena, con personaggi “umanizzati” da bizzarri particolari e dai caratteri e caratteristiche instabili. Non è la Serie più bella del 2016, ma si avvicina parecchio ad esserlo, se non fosse per alcune piccole uscite non indispensabili. Il “finale/non finale” vince su tutto.
3) American Crime Story: The People vs. O.J. Simpson
Uno dei casi giudiziari più controversi della storia americana, uno dei primi esempi di spettacolarizzazione del dolore, la storia di O.J. Simpson e del suo processo ha dell’incredibile a prescindere della messa in scena, ma la Serie tv cooprodotta da John Travolta – presente anche all’interno della miniserie come attore – è riuscita a riprodurla in maniera praticamente impeccabile, riuscendo a mantenere, per quanto possa essere stato possibile, il distacco necessario per una riuscita eccellente del racconto. Cuba Gooding Jr. interpreta l’ex campione di football e Travolta uno degli avvocati ingaggiati da Simpson per difenderlo. La storia è raccontata in modo molto approfondito e, potendo fare un paragone con le scene reali, i personaggi sono riusciti a scendere nella parte abbastanza profondamente. Il loro intento è stato raggiunto: dimostrare quanti limiti ha, a volte, il sistema giudiziario americano e quanto clamoroso è stato il caso di O.J. nella sua totalità. Insomma, una serie fatta bene, con pochi errori e con un respiro hollywoodiano. Merita come minimo un posto nel podio.
2) Stranger Things
Se vi mancano i classiconi di fantavventura, rappresentati dalle famosissime pellicole degli anni ’80 come “I Goonies”, “Standby me”, “Alien”, o più o meno tutti i film di Spielberg di quel tempo, Stranger Things non potete proprio perdervela. Ha la forma e la struttura tipica di quelle produzioni, così come le musiche, i tempi e gli argomenti trattati, ma con un tocco decisamente più moderno. Stranger Things è un ritorno consapevole al passato, una prova nostalgica di ciò che molti della mia generazione ricordano con affetto. La qualità della trama, della messa in scena e dei dialoghi, tutti profondamente rievocativi, la rendono una delle Serie tv più interessanti dell’anno, e ciò è probabilmente dovuto anche al finale che apre ad una probabile seconda stagione in modo classico, cinematografico, “all’antica”. La passione per il cinema, per molti, deriva dai film a cui la Serie si ispira, e l’esito del risultato di una produzione come questa poteva essere una catastrofe o un capolavoro di genere. Nel nostro caso, Stranger Things si avvicina molto al secondo possibile esito.
1) Westworld
Westworld è la serie tv più incredibile, sorprendente e imprevedibile del 2016. E’ una serie di fantascienza, ambientata in un futuro ignoto non troppo lontano dal nostro presente, un futuro in cui la creazione di forme pseudoumane (che generalmente nella cinematografia fantascientifica classica vengono identificate come “replicanti”) si confondono incredibilmente con gli esseri umani, ma nel nostro caso esclusivamente all’interno di un gigantesco parco a tema western chiamato “Westworld”, un mondo parallelo, che solo in pochi hanno l’onore di visitare, dopo aver pagato un salatissimo biglietto d’entrata, e in cui vige la legge del selvaggio West, un mondo in cui è possibile uccidere, stuprare o saccheggiare in completa libertà. E’ un luogo in cui l’uomo si mostra a se stesso e agli altri per quello che è, nella sua più estrema e inimmaginabile forma, consapevole che la maggior parte degli esseri con cui ha a che fare li dentro è stata creata artificialmente, eliminando quel senso di colpa che li affligge nel mondo reale. La trama è di una brillantezza disarmante e gli intrecci che progressivamente vengono creati si aggrovigliano in modo complesso per sciogliersi via via verso la fine in modo leggero, spontaneo. Westworld è il sinonimo del lato oscuro di ognuno di noi, un lato che all’interno di una società civile non può, per forza di cose, emergere, e solo il parco riesce ad evocare. Il tentativo di confondere lo spettatore per poi abbagliarlo nel finale con una verità scioccante si realizza in maniera impeccabile, e questa è sicuramente una delle ragioni che hanno permesso a Westworld di diventare uno dei kolossal fantascientifici più ambiziosi e affascinanti degli ultimi anni.