Lui si chiama Polly e, sotto un cappuccio di felpa, nasconde un immaginario non facile, che oserei dire quasi unico in Italia. Dopo le esperienze con Il Lato Oscuro della Costa, Double Thinker (Polly e Nada aka Godblesscomputer) e Occhi di Astronauta, si era un po’ allontanato dai palchi per tornare appena un mesetto fa circa con un EP su basi edite Polly VS Mike (ne avevamo già parlato un po’ per GoldExlcusives) e un video, riprendendo un discorso interrotto circa quattro anni fa.
L’ho incontrato per una chiacchierata e una serata al Sottotetto a Bologna culminata con un kebab alle quattro di mattina (il mio molto piccante), e quello che ne è uscito fuori, oltre un ritorno di fotta da liceali, è questa intervista.
Lato Oscuro della Costa, Delitto Perfetto, Occhi di astronauti. Tantissimi palchi e festival importanti. Poi “4 anni di jet-leg”. Cosa ti ha spinto a rimboccarti le maniche e a rigettarti nuovamente nel meraviglioso mondo del rap-game italiano?
Una mattina mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: “Bene Fede, cosa vuoi fare della tua vita da adesso in avanti?”. Così ho pensato a quello che mi faceva stare bene, e mi sono messo nuovamente a scrivere e a rappare. Perché scrivere per me non è altro che trovare un modo di fare uscire una parte di me stesso che altrimenti non verrebbe fuori. E’ il mezzo per trovare un equilibrio, equilibrio che proprio in quest’ultimo periodo stava venendo meno.
Com’è cambiato l’approccio alla musica e al rap dopo i trenta?
Quando avevo vent’anni volevo essere sempre il più aggiornato possibile su ogni uscita, andavo ogni settimana al Disco D’Oro per cercare le novità e divoravo tonnellate di dischi. Oggi mi interesso alle nuove uscite ma, specialmente per quanto riguardo l’hip hop, mi riascolto quei dischi che ho amato negli anni Novanta e Duemila. Quindi, direi, che il mio approccio alla musica è anche nostalgico, o comunque non solo tendente al nuovo. Direi che la ricerca si è spostata a un livello più intimo e soggettivo, rispetto a quello enciclopedico che potevo avere quando ero sbarbo. Quando ti approcci al rap per la prima volta, invece, sei “duro e puro”, spinto dal desiderio di spaccare e di portare la tua voce ovunque. Il rischio è che, spinto dal desiderio di piacere, inizi a farti delle paranoie su quanto i tuoi pezzi possano essere apprezzati o anche solo capiti dagli altri, e questo può portarti a non fare. A trentacinque anni, all’opposto, sei libero dalle ambizioni e i sogni di gloria che potevi avere da ragazzino. Libero di dire quello che vuoi, di fregartene il cazzo di tutti, di fare il genere che vuoi, di andare alle jam, di andare all’open mic in mezzo ai ragazzini. Con la sospensione del giudizio e il disinteresse a essere giudicato, riscopri l’entusiasmo di quando avevi vent’anni, ma con una consapevolezza di gusti e valore che ti rende libero dai condizionamenti, indipendentemente dallo stile. Un approccio quindi più maturo, disinibito e… figo.
Artisti come Dargen, Ghemon, hanno dimostrato che si può svicolare dallo stereotipo del rap Hardcore, senza perdere credibilità. Credi sia cambiato il pubblico del rap in Italia? Chi pensi possa essere il tipo di ascoltatore di Polly VS Mike?
Il pubblico del rap in italia è molto variegato. Ci sono sicuramente i più giovani. Io personalmente non cerco scorciatoie cantautoriali e non cerco di crearmi un mood che possa andare in una direzione che è, tra l’altro, quella presa da altri in maniera vincente dal punto di vista commerciale come possono essere Ghemon, Dargen, Willye Peyote, Dutch Nazari. Sono tutti artisti bravissimi ma secondo me uno deve cercare la sua strada. Io la mia strada la conosco, non ho mai fatto rap scimmiottando gli altri e non penso che cercherò di infilarmi in quel filone lì. Il pubblico oggi è composto sia da persone che ascoltano l’hip hop classico, e apprezzano particolarmente i testi degli artisti appena citati, sia da persone che magari anni fa non ascoltavano affatto hip hop. È quindi un pubblico interessante. Io non so quale può essere il mio pubblico, forse di musica trasversale, però mi rendo anche conto che ho dei testi che spingono abbastanza e quindi non sempre possono essere digeribili facilmente. Però io ho delle cose da dire e le dico, spero ci siano solo anche dieci stronzi che mi stiano ad ascoltare. Per riallacciarmi alla seconda domanda, è un po’ questo l’atteggiamento del rap dopo i trenta: io faccio questa cosa qui. Se vuoi ci sono.
Il tuo rap è sensibile e visionario, sembra provenire da una provincia tondelliana, e si mantiene in equilibrio tra slam poetry e underground. Tre libri e tre dischi che consiglieresti al te stesso di dieci anni fa.
I dischi che consiglierei a me stesso… Questa è una bella domanda. Dieci anni fa avevo 24 anni… hmm. Direi, il disco di Sole, Live from Rhome, in generale tutti i dischi che ha fatto EL-P, ma tutti, da Fantastic Damage ai RTJ, e in generale tutti i dischi di The Streets, perché ti da una prospettiva molto ampia di come si può usare la voce nel rap.
Se ti devo dire tre libri incredibili che ho letto e che consiglierei a un ragazzo di 24 anni, sarebbero Ubiq di Philippe Dick, L’Occhio dell’Airone di Ursula K Guin, Il Condominio di Ballard. Sono tre autori che dilatano veramente la visione dello spazio, del tempo e della mente. Creano universi complessi e paradossi, e ti mettono di fronte ai tuoi limiti mentali. Al fatto che tu pensi che una cosa sia così perché tu pensi che sia così e basta, quando in realtà in questa società c’è pochissimo di naturale ed è tutto un condizionamento ambientale o culturale che ci viene trasmesso. Quindi sono tre autori da conoscere. Poi bisogna aggiungerci Bakunin o Kropotkin, qualcosa di anarchico insomma. Qualcosa di anarchico un ragazzino dovrebbe leggerlo, sempre. E anche noi alla nostra età.
Quali sono gli ultimi due dischi che hai ascoltato?
Gli ultimi due dischi sono L’uomo che Viaggiava nel Vento di Murubutu e The Impossible Kid di Aesop Rock.
Come vedi il cambiamento nella scena hip hop? Ti riconosci nei nuovi suoni della trap oppure quali sono le tue alternative?
Io, al costo di sembrare un po’ arretrato, devo ammettere che non sento particolare affinità con la trap. È un sound che non mi sembra particolarmente originale. Quindi se parliamo di musica elettronica, la trap può essere lo 0,1 % della musica elettronica. Diciamo che il rap si può fare molto bene sulla musica elettronica e artisti da tutto il mondo l’hanno dimostrato, senza andare per forza a finire sulla trap (che tra l’altro è un sound che va di moda adesso ma che tra tre o quattro anni magari non se lo caga più nessuno). Io penso sia più importante fare bella musica, e non costringerla a un solo genere per non rischiare di limitarsi da soli. Non escludo di fare pezzi trap perché a me piace rappare dove capita, però ne farò uno, due, cercando di spingere la mia curiosità sempre un po’ più in là dai confini. Anche musicali. Tra l’altro io penso che il rap si stia evolvendo in molti modi, e credo che la trap sia solo uno di questi. E’ un distaccamento, su certe cose anche interessante, ma non la vedo come il futuro. E’ più come una deviazione.
E’ da poco uscito il tuo disco. Puoi raccontarcelo un po’ e parlare dei progetti che hai in cantiere?
Il 3 maggio è uscito Polly vs Mike, un ep di tre pezzi scritto in una settimana, di getto. E’ un progetto che ho scritto in un momento particolare della mia vita perché mi sto separando da mia moglie. Ho scritto di getto, in una settimana, queste tre canzoni. Per cui pur non avendo un filo conduttore alle spalle, perché tra l’altro erano anni che non scrivevo, in realtà ascoltando i testi si percepisce una forte coerenza. Ascoltando le tracce si capisce che sono uscite dalla stessa testa, nello stesso periodo, e questo ne è sicuramente il collante. Ora io ho vari progetti: sto preparando un EP su strumentali di EL-P che dovrebbe uscire a fine estate. Sto lavorando ad un altro EP con Alfre D’O’Ness, poeta e rapper, mio socio durante i live, e sarà un progetto molto interessante con dei musicisti. Inoltre sto lavorando al mio album da solista e a un altro progetto… top secret! Quest’estate cercherò di suonare ovunque… e intendo ovunque. Locali, Jam,Open Mic, con Alfre D’O’Ness e con la Cal, i miei soci attuali in questa avventura.
Per farti un’ulteriore idea, puoi ascoltare l’intero ep e i vecchi lavori sul suo sondcloud Qui, e seguire la pagina artista di Polly per rimanere aggiornato sul suo tour estivo.