Sarà un caso, forse no. Avevo pensato di scrivere un pensiero, ma qualcuno lo ha fatto, molto bene, prima di me. Meglio così, significa che se ne sentiva la necessità.
Molti anni fa se ne andò Elvis. Io non c’ero e non so se piovve anche allora. Ma ho l’impressione di sì. La scomparsa di The King dette vita ad una mitologia particolare che da lì in poi avrebbe accompagnato tutte le personalità degne del nominativo Star, o Stella, per essere italianisti. Quel mistero che ha “scortato” da quel punto in poi tutte le “sparizioni” fisiche delle icone di questo strano e bizzarro tempo. Icone come non ce n’erano quasi più e, permettetemi, Michael era uno degli ultimi esempi e non solo per la sua sregolatezza, balordaggine o i controsensi, ma soprattutto per quella completezza, genialità e lungimiranza oramai praticamente estinte.
Una specie, la sua, rimpianta ed elevata solo nella mancanza, nella realizzazione del vuoto lasciato. Se ne parlerà tanto, forse spostando finalmente l’accento su caratteristiche fino ad adesso schiacciate da dietrologie e dal suo stile di vita troppo eccentrico per esser compreso ed accettato. Qualcuno oggi ha detto che la morte di Jackson, per lui e per i suoi fans, ha avuto il gusto della liberazione. Come se il suo mito, così genuino e longevo, fosse già stato troppo viziato da violenze indotte e praticate, da abusi chirurgici e mediatici. Forse Michael era già morto e forse tutti ci eravamo già rassegnati a questo, ma ancora una volta ha voluto stupirci, andandosene così, come un uomo normale, con un “banale” attacco cardiaco. In apparenza (almeno per adesso) niente droghe, suicidi, veleni o omicidi. Una morte inaspettata ed accolta ancor prima di arrivare. Ma, come le stelle che si spengono e continuano a brillare, così lui, il bambino prodigio, mister 750 milioni di dischi, si sarà andato a sedere al fianco di Mercuri, Elvis, Lennon, Hendrix, Morrison, […], mentre noi, tra fango e asfalto, ogni tanto, alzando gli occhi al cielo, ci rifocilleremo con le loro splendide luci.