Regia di Vittorio de Sica
Produzione Italia 1956
Siamo nel secondo dopoguerra, in Italia ci sono ancora i soldati americani, il paese è povero e Umberto Domenico Ferrari dopo aver lavorato per 30 anni come funzionario al ministero del lavoro si ritrova solo, senza un fratello o un figlio, con sole £18.000 di pensione, quando d’affitto ne paga £10.000
Umberto ha come suo unico amico il cane Flaick, un bastardino dagli occhi intelligenti e nonostante la miseria e la continua preoccupazione per la sua sussistenza, un pensiero lo dedica sempre al suo compagno silenzioso, unica nota di dolcezza nella sua vita triste.
La padrona di casa cerca di sfrattarlo via, gli amici di un tempo sembrano non voler ascoltare le richieste di un povero vecchio, oramai inutile, il suo umile orgoglio non gli permette di chiedere l’elemosina.
Medita spesso il suicidio e la sua preoccupazione più grande resta sempre Flaick, che anche nel gesto più estremo, anche se spaventato, non lo abbandonerà mai.
La storia è ben più complessa ma non voglio raccontarvela.
Umberto D., oltre ad essere un omaggio da parte di Vittorio De Sica al padre, è anche il film che lui stesso ha amato di più. Come dargliene torto. E’ un vero capolavoro del neorealismo italiano. La macchina da presa segue con le sue inquadrature oggettive il cammino del povero vecchio per le vie di Roma, con obbiettività rigorosa ci narra tutte le vicende strazianti senza mai interferire con la narrazione, senza mai indorare la pillola o camuffare lo sguardo lucido prossimo alle lacrime del disperato Umberto.
Un film che con la sua crudezza fece indignare Andreotti che da lì bandì il cinema italiano dalle sale in quanto dava un’immagine distorta del paese in ripresa… Da non crederci ma è così, è da lì che parte tutto: meno finanziamenti per il cinema italiano e l’obbligo di distribuire nelle sale il 65% di film americani. Ecco perché il nostro cinema ha subito una battuta d’arresto.
Bellissimo il rapporto sentimentale che lega il vecchio al suo cane, entrambi soli al mondo e bisognosi d’affetto.
Un film attuale più che mai, chi l’avrebbe mai detto?? Pensate ai nostri nonnini che dopo una vita di lavoro e sacrifici, hanno per pensione una miseria che toglie ogni dignità all’uomo, pensate a noi che ce la prendiamo con loro per pensioni che mai avremo.
Riflettete su tutto ciò!
E poi ricordate che lì seduto su una di quelle poltrone di rosso velluto c’è ancora lui: Andreotti, con la scatola nera dell’Italia nella gobba, e noi seduti con le mani in mano a non fare nulla, mentre i nostri poveri nonnini scendono ancora in piazza a lottare.
Non vergognatevi se piangerete tantissimo vedendo questo capolavoro.