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Gli anni sessanta



Quando, il 20 Gennaio 1960, il democratico John Fitzgferald Kennedy, trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti, prestò solenne giuramento di fedeltà alla Costituzione, la nazione Americana era reduce da un decennio di mediocrità ed immobilismo.

L’eccessiva sicurezza dei propri mezzi aveva fatto piombare il paese in un profondo torpore.
La prima cosa da fare per il nuovo presidente era quella di promuovere una intensa campagna denigratoria contro la “compiacenza di se stessi” del suo predecessore, il repubblicano Ike Eisenhower.
Gli anni ’60 furono testimoni di una decade complicata e carica di problematiche, sia di questioni interne, che esterne.
Ai vecchi problemi del decennio precedente, come la guerra fredda ed il conseguente incubo del nucleare, si aggiunsero problemi nuovi e di non facile risoluzione.
Gli eventi più significativi di questi anni furono: la guerra del Vietnam, le rivolte per i diritti civili dei neri, i moti studenteschi, la conquista dello spazio e la guerra alla malavita organizzata che portò presumibilmente all’assassinio del presidente Kennedy.

La “Silver Age”:

Dal punto di vista editoriali questi anni prendono il nome di “Silver Age” (anche se sarebbe più corretto chiamarli “Marvel Age”), per via della nuova ondata di testate dedicate agli eroi in spandex.
La casa editrice che creò il maggior numero di personaggi destinati all’olimpo dei super eroi, fu la Marvel (anche per questo viene chiamata la “Casa delle Idee”).
Fedele al suo stile, la casa delle idee sfrutto l’ampia situazione del paese per produrre storie e personaggi in cui gli adolescenti potevano rispecchiarsi; in questo periodo nascono i “Super eroi con super problemi”.
L’eroe conosciuto fino ad ora rappresentava l’ideale di forza e coraggio, uomo capace di gestire qualsiasi situazione gli si ponesse di fronte.
Problemi economici, di cuore e di lavoro, diventano crucci quotidiani per gli eroi della silver age, problemi che andavano ad aggiungersi al complicato rapporto che questi eroi di nuova generazione avevano con il proprio alter-ego.

Novembre 1961, “4 nello spazio”:

La chiave di tutta la nuova produzione fumettistica americana va attribuita ad un evento scientifico straordinario: la conquista dello spazio.
Purtroppo, per gli americani, la nuova frontiera non fu una loro conquista, ma dei loro diretti avversari, i Russi.
Il 12 Aprile 1961, l’astronauta sovietico, Jurij Gagarin a bordo della sua capsula spaziale “Vostok”, compì il primo volo orbitale attorno alla Terra.
Sette mesi dopo, la Marvel lanciò sul mercato, grazie alla genialità di Jack Kirby (forse il più grande disegnatore che la Marvel abbia mai avuto), il primo numero di “The Fantastic Four” (Novembre 1961), albo destinato a cambiare le sorti di una casa editrice sull’orlo del fallimento.

Lo stacco generazionale rispetto agli altri comic-books dello stesso periodo era garantito dal fatto che, per la prima volta, i protagonisti di carta soffrivano, amavano, odiavano e gioivano come esseri umani, pur possedendo poteri eccezionali.
Erano proprio questi poteri, amati e odiati, la fonte maggiore del phatos che circondava le quattro star dell’albo.
La psicologia dei personaggi veniva fortemente caratterizzata, episodio dopo episodio, come mai era stato fatto prima.
Le mille sfaccettature di cui si compone l’animo umano, gli amori, i piccoli rancori e risentimenti che noi tutti viviamo nelle nostre famiglie, sono elementi che Kirby ha voluto inserire nei personaggi, distinguendoli da tutti i loro precursori e dando una traccia che nessun successore avrebbe potuto più ignorare.
I Fantastici 4, nati per una esposizione involontaria a “raggi cosmici” durante una missione sperimentale sulla Luna (o Marte, come successivamente venne imposto per aggiornare l’età degli eroi) formano un gruppo di stampo familiare.
I componenti del quartetto sono: Reed Richards (Mister Fantastic) capo del gruppo, rinomato scienziato, è capace di estendere il proprio corpo, allungandone ogni sua parte entro limiti non ben definiti,
Susan Storm, compagnia di Reed Richards, viene descritta da Kirby come una donna media americana del suo tempo.
Un character come questo potrebbe produrre sgomento in chi lo vedesse con gli occhi d’oggi.
Bisogna però capire che “Susan” rientra pienamente nell’impegno dell’autore di introdurre quanti più possibili elementi di normalità (o medietà usando un termine più brutto, ma forse più corretto) nel gruppo di sua creazione.
Susan non è un’oca, come alcuni potrebbero pensare, è soltanto una donna semplice, priva di eccessive ambizioni, legata al gruppo per amore e non per spirito di avventura.
Il suo stesso potere, quello di diventare invisibile a comando, sembra completare metaforicamente il quadro psicologico di questa ragazza che non rappresenta un modello di donna guerriera, ma piuttosto un personaggio debole e pertanto molto più credibile e, a suo modo più interessante, di altre sue precorritrici (citiamo per tutte l’amazzone Wonder Woman).
Nel corso degli anni questo personaggio è stato modellato e sviluppato, ampliando i suoi poteri ed adattandolo al periodo storico e generazionale, fino a diventare un elemento indispensabile all’interno del gruppo.
Gli altri due componenti del gruppo sono: Jhonny Storm, fratello di Susan, e Benjamin Grimm.
Il primo rappresenta, nella sua psicologia, il giovane americano benestante e scavezzacollo per eccellenza.
Il suo essere “testa calda” viene confermato anche dal potere che acquisisce e che lo trasforma nella “Torcia Umana”.

La sua creazione rappresenta forse, da parte di Kirby, la coscienza dell’importanza storica della sua opera: la “Torcia” originale apparve nel primo albo Marvel pubblicato nel Novembre del ’39; ora a 22 anni esatti la casa delle idee rinasce con un albo che contiene fra i suoi personaggi una seconda “Torcia Umana”.
Jhonny, preoccupato soprattutto dalle macchine da corsa e del suo aspetto da bambolotto, appare come la personificazione dell’egoismo e dell’insubordinazione tipica dei giovani immaturi che vuole rappresentare.
Il successo di tale personaggio sta proprio nella sua immaturità e quindi nell’idoneità a rappresentare una gran massa di giovani ed adolescenti americani.
Il vero “masterpiece” Kirbyano, il personaggio in cui l’autore dà tutto se stesso è senz’altro Ben Grimm.
Irascibile e schivo come il suo creatore, Ben, con la sua mostruosa trasformazione nell’orribile e potentissima “Cosa”, è l’elemento più drammatico di tutto il gruppo.
La sua tragedia è quella di un uomo che pur conservando la propria umanità nelle emozioni e nell’animo, l’ha persa completamente nell’aspetto fisico.
Il suo corpo è l’unico ad essere stato completamente deformato dalle radiazioni cosmiche.
Egli vede dinanzi a sé l’amore di Reed e Sue, la gioia di Jhonny per il suo potere e non può unirsi a loro, rimane costretto ai margini per via della proprio innegabile mostruosità.
Le emozioni di Ben, il rapporto col proprio corpo deformato, la paura del proprio aspetto che conduce all’asocialità, il timore di manifestare i propri sentimenti, l’invidia per la felicità altrui, sono emozioni vere, più comuni di quanto si immagini e sicuramente più vicine al pubblico del falso patriottismo di cui si facevano bandiera i comic’s “eroici” degli anni precedenti.
Il carattere della “Cosa”, con le sue frustrazioni, le sue ire ed i suoi sarcasmi ricalca perfettamente quello del suo autore.
Kirby lancia, attraverso Ben, un messaggio fra le righe diretto a chi lo poteva comprendere in cui lamenta qualcosa che si svolge ai suoi danni.
Solo in una sua intervista sul “Comic’s Journal” n. 134, del Febbraio ’90, si scoprirà che quel messaggio in codice era la protesta di un uomo che si sentiva costantemente derubato delle sue opere per mano di Stan Lee, che apponeva la sua firma su capolavori non suoi.
A parte questo, la creazione dei “Fantastici Quattro” rappresenta il momento più importante della storia moderna dei comic’s.
Dalle loro pagine è nato quasi tutto l’universo Marvel, da “Silver Surfer” al “Dottor Doom”, da gli “Inumani” a la “Pantera Nera” (il 1° super eroe di colore della storia dei comic’s).

Eroi contro “lo spettro rosso”:

Lo spauracchio comunista continuava a tormentare gli americani e la Marvel, ormai pratica a queste situazioni, iniziò a partorire personaggi votati alla difesa dei valori della libertà.

Quelli che seguono sono gli eroi che, nonostante una nascita prettamente propagandistica, sono tuttora, a distanza di 40 anni, vivi ed attivi nell’universo Marvel.

Ant-Man : Un piccolo supereroe

Siamo nel Gennaio 1962 quando, sul n. 27 di “Tales to Astonish”, iniziano le avventure di Henry Pym, rinomato scienziato di fama internazionale, scopritore di un siero capace di rimpicciolire oggetti e persone, fino alle dimensioni di un insetto.
Visto il sorprendente risultato, lo scienziato, progetta un casco cybernetico capace di mettersi sulla stessa lunghezza d’onda delle formiche.
Nasce così “Ant-Man”creato, ancora una volta, dalla magica fantasia di Stan Lee e Jack Kirby.
Purtroppo, in questo particolare caso, al posto di “magica” sarebbe più indicato dire “squallida”.
L’idea, che di base era innovativa e vincente, fu sfruttata in modo vergognoso.
Ant-Man divenne in breve tempo uno dei fumetti più reazionari e propagandistici della sua epoca: lo spauracchio comunista, con la sua scia di spie goffe e maldestre, la fobia di un invasione da parte di un popolo ostile (terrestre o alieno che sia), il nuovo pericolo Cinese; gli striscianti richiami alla necessità di un intervento USA nelle questioni africane e, soprattutto, l’esaltazione del “modus vivendi” americano, sono le questioni più trattate e ricorrenti.

In realtà, non si può certo dire che l’opinione pubblica statunitense dell’epoca si dissociasse da questo atteggiamento fin troppo nazionalistico, ma è anche giusto aggiungere che la spinta emotiva e demagogica che traspariva da queste pagine andava ben al di là della stessa posizione del governo.
Anche gli insetti “malvagi” venivano rappresentati con pigmento rosso.
Il pesante clima di guerra fredda che gravava sul mondo veniva, in questo caso, alimentato anziché smussato.

Hulk : Il mostro atomico

L’anno 1962 segna, per gli Stati Uniti, la fine della moratoria nucleare ed il ripristino di nuovi esperimenti in tal senso.
La minaccia di una nuova guerra mondiale diventa sempre più reale e la ricerca di armi sempre più micidiali è quasi un obbligo per le grandi potenze.

Così nel Maggio dello stesso anno, il primo numero di una nuova testata Marvel, “The Incredibile Hulk”, riporta la cronaca uno di questi spaventosi esperimenti.
La storia si svolge all’interno di una base situata nel deserto del New Messico, dove il noto fisico nucleare, Dott. Bruce Banner, sta per sperimentare la più potente arma di distruzione di massa, la bomba Gamma.
Pochi istanti prima del test, un giovane di nome Rick Jones, penetra nel perimetro di deflagrazione.
Il dott. Banner si lancia in soccorso del ragazzo, ma non fa i conti con Igor, suo invidioso collega, il quale non interrompe il conto alla rovescia.
Investito dall’onda d’urto e dal vento radioattivo, Bruce, si trasformerà nel mostro verde (anche se nel primo episodio appare in una versione grigia) più famoso del mondo dei comic’s.
I creatori di questa verde amenità sono sempre loro, Stan Lee e Jack Kirby, alla ricerca, questa volta, di un nuovo Dr. Jeckill e Mr. Hide.
Il tormento e l’angoscia del Dott. Banner, uomo misurato di giorno e mostro furioso di notte, regalano all’albo un importante elemento narrativo.

Purtroppo, da qui in poi vale lo stesso discorso fatto per “Ant-Man”.
La serie è esplicitamente propagandistica e promuove, ad intervalli regolari, i soliti sovietici cattivi e cialtroni (Igor stesso è una bieca spia Russa), le paventate invasioni nemiche e l’incombente pericolo asiatico.
Un episodio emblematico viene mostrato nel secondo numero della sua collana (Agosto ’62): questo ci narra la vicenda del mostruoso Gargoyle, uno scienziato Russo, che incolpa Kruscev (leader sovietico di quel periodo) di averlo fatto lavorare a contatto con materiali radioattivi.
Riacquistata la normalità, Gargoyle, si suicida per la causa della “libertà”.
La storia si chiude con un “ben augurante” epitaffio di Stan Lee pronunciato per bocca Banner: “E’ la fine di Gargoyle…. e forse è l’inizio della fine di tutti quelli come lui”( nella traduzione italiana la frase fu cambiata in “[….]e forse è l’inizio della fine della tirannia rossa”).

Iron Man: eroe del capitalismo

Ricco, bello, genio della scienza e rinomato play boy; tutto questo è Tony Stark, inventore di armi strategiche per il Pentagono nonché facoltoso industriale.
Durante un sopralluogo nella giungla di Corea, rimane ferito mortalmente da un ordigno.
Grazie alla sua inventiva, costruisce un’armatura la cui funzione è simile ad un cuore artificiale.
Il connubio uomo-macchina crea “Iron Man”e le sue avventure prendono il via su “Tales of Astonish” numero 39 (Marzo 1963).
L’esoscheletro metallico viene dotato di jet ed armi che lo trasformano in una vera e propria fortezza volante; tuttavia esso richiede numerose ricariche, pena la morte istantanea del povero Stark.

Iron Man diventerà la guardia del corpo del geniale inventore, al fine di celare il gioco della doppia identità.
S’ intuisce da queste poche righe che l’eroe di cui stiamo parlando altro non è che il più mero prodotto di ciò che la guerra fredda poteva produrre: un uomo, paradigma del capitalismo, dedito alla salvaguardia dei propri beni, alla creazione di armi rivoluzionarie per combattere l’avanzata dei rossi e a fermare le infiltrazioni nel territorio nazionale.
Repubblicano conservatore e nazionalista spinto, è l’eroe di stato per eccellenza, ancor più di “Capitan America”, profeta del sogno americano, personaggio sicuramente più ricco di dignità civile e morale.
Anche questo “eroe nazionale” è opera del lato oscuro dell’immaginazione di Stan Lee, coadiuvato per la realizzazione grafica da Don Heck e dall’immancabile Jack Kirby.
Per quanto riguarda le storie non esistono mezze misure: il nemico numero uno è il premier sovietico Nikita Kruscev in persona, chiamato per l’occasione “Grande capo d’oltre cortina”.
Il tozzo capo di stato viene rappresentato come un essere vigliacco ed infido il cui unico scopo nella vita è quello di tramare progetti nefasti alle spalle dei nemici “yankee”.
Tutto questo accadeva in un periodo delicato in cui la via diplomatica stava dando i suoi primi frutti.
La “pacifica competizione”, promossa da Kennedy, stava raggiungendo risultati, fino a qualche tempo prima, impossibili: nuovi accordi per la sospensione parziale degli esperimenti nucleari, l’invio del grano alla Russia e l’installazione della “linea rossa” fra il Cremlino e la Casa Bianca.
Nel corso degli anni, tutti e tre i personaggi di cui ho parlato, hanno abbandonato il cammino della propaganda per percorrere la strada del puro intrattenimento senza scordarsi, però, di toccare argomenti difficili e delicati: Ant-Man affronterà i problemi della violenza domestica, Iron Man per un certo periodo abbandonerà le vesti di eroe per problemi di alcool e Hulk nonostante tutti i suoi poteri non potrà fare nulla per un suo amico malato di A.I.D.S.

Il “Potere Nero”:

Una delle questioni, interne al paese, per cui il nome di Kennedy è passato alla storia fu, senza dubbio, la lotta per i diritti civili.
Fin dalla metà degli anni’50 pacifiche manifestazioni di protesta, organizzate da gruppi neri integralisti, come il C.O.R.E. o i Freedom Riders, si susseguivano in tutto il paese.
Leader dell’associazione dei diritti civili era il pastore protestante Martin Luther King, oratore di grande talento e fautore dell’azione diretta e non violenta.

Gruppo a sé stante era invece quello dei Black Muslin, capeggiati da Malcom X.
I suoi membri si dichiaravano contrari ad ogni forma d’integrazione razziale e convinti assertori del nazionalismo nero.
Nel discorso allo Stato dell’Unione del 1962 John Kennedy, per la prima volta, prese in serio esame il delicato problema dell’integrazione razziale.
Nel Settembre dello stesso anno lo studente di colore James Meredith chiese ed ottenne l’intervento delle guardie federali per entrare nell’Università di Oxford, nel Mississipi, lo stato roccaforte del razzismo e dell’intolleranza bianca.
Al fine di stroncare i sanguinosi tumulti che scoppiarono da lì a poco, furono necessari ventimila agenti.
In seguito a ciò, all’inizio del 1963, i due fratelli Kennedy approntarono un progetto di legge sulle libertà civili.
Il 28 Agosto di quello stesso anno, per appoggiare l’importante iniziativa, Martin Luther King organizzò a Washington un’imponente marcia pacifica.
Duecentocinquantamila persone, di cui un quarto bianche, sfilarono lungo il viale alberato antistante la Casa Bianca.
Due mesi più tardi, il Senato, accordò la fiducia al progetto di legge.
Un importante passo era stato fatto.

Gli artigli della Pantera:

La distensione, lenta ma costante, fra le due etnie fu vista dalla Marvel come una occasione per allargare il mercato dei comic’s inserendo, all’interno degli albi, super eroi di colore.
Dal 1966 fino ai primi anni del ’70, ci fu una vera ondata di Black-Heroes.
Le loro avventure si svolgevano esclusivamente nelle città, soprattutto nei ghetti e nei quartieri degradati.
Erano gli eroi del popolo delle minoranze che combattevano contro il crimine organizzato, e non contro alieni, divinità e mostri tecnologici come i loro, più illustri, colleghi “Fantastici Quattro” o il “Mitico Thor”.
Tra i più importanti troviamo “Falcon”, “Luke Cage” e, soprattutto, la “Pantera Nera”.

Falcon nasce nel Settembre del 1969 in un’avventura di Capitan America (“Captain America”n.117).
Quest’ultimo, segregato su un’isola sperduta dei Tropici dal Teschio Rosso, troverà aiuto da un giovane isolano di nome Sam Wilson.
Falcon divenne così la spalla di Capitan America, e trasferitosi a NewYork,
s’impegnò nella lotta per i diritti della popolazione dei ghetti vestendo i panni, di giorno, dell’assistente sociale, e di notte, quelli del vigilante.
Lucas Cage è un galeotto che, pur di liberarsi dalle continue torture dei suoi carcerieri, si offre volontario per testare un esperimento scientifico.
L’intrusione di un secondino sconvolge il test trasformando Lucas in un uomo indistruttibile, capace di respingere persino le pallottole.
Trasferitosi nella “Grande Mela”, sotto l’identità di Luke Cage “The Power Man”, metterà in profitto i suoi poteri diventando il primo “Hero for hire” (eroe a pagamento).
La novità introdotta da Luke, personaggio modellato sulla fisionomia del pugile Cassius Clay, è proprio quella del mercenarismo che, oltre all’ambientazione rigorosamente da bassofondo, spinge il concetto di super eroe sempre più verso la completa umanizzazione e verso la distruzione del mito.
Il personaggio che, però, si merita il podio d’onore è “La Pantera Nera”.
Apparso per la prima volta nel numero 52 di “The Fantastic Four”, del Luglio 1966, T’Challa, sovrano del Wakanda rappresenta il capostipite di tutti gli eroi di colore della storia dei comic’s.
Jack Kirby, creatore del personaggio, pone la Pantera a capo di uno stato dell’Africa Centrale, Wakanda, dove l’uso della tecnologia avanzata si mescola ai riti tribali.
Campione del suo popolo, lo difenderà dalle continue aggressioni da parte di contrabbandieri ed avventurieri bianchi decisi ad impadronirsi del prezioso “Vibranium”, metallo che riesce ad assorbire integralmente le onde acustiche.
Eccezionale atleta sostituirà Capitan America nelle fila dei “Vendicatori”(gruppo di super eroi, nato nel Settembre del ’63, che raggruppava i più potenti esseri della Marvel).
Capitan America si dimostrerà più volte un ottimo “talent scout” d’eroi appartenenti a minoranze etniche, e la cosa non era casuale.
La Marvel pensava che essendo Cap portabandiera del popolo americano fosse il più adatto ad inserire (e dare il benvenuto) personaggi di etnie diverse.
Trasferitosi a Manhattan, la Pantera viene a contatto, prima, col sottile razzismo dei suoi stessi compagni, che a stento lo accettano, e poi col quello assai più grave e meno sottile degli strati bigotti della popolazione americana.
Nel Settembre del ’73 gli viene dedicata una serie regolare in cui, tornato in patria, la Pantera troverà Wakanda dilaniata da una guerra civile.

Il razzismo che vede il nero opposto al nero, è un razzismo culturale dovuto soprattutto a una fede spezzata, a una delusione bruciante nei confronti dell’occidente che vorrebbe sfruttare le risorse del piccolo stato, spogliandolo della sua cultura e tradizione.
In questo clima di diffidenza e sospetto T’Challa lotterà per riconquistare la fiducia in se stesso e quella del suo popolo a cui vuole dimostrare che quella della violenza non è la via giusta.
Le storie del piccolo stato di Wakanda erano molto simili alle sanguinose rivolte, che fra gli anni ’60 e i ’70, dilaniavano i paesi dell’Africa.

Illustrazioni di Alex Ross