Luca Barcellona aka Bean One
di Omar Rashid8 Febbraio 2009
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Colleziono vinili. Mi vesto spesso di nero; mi piacerebbe trovarci un significato tipo “sono in lutto per un pianeta che muore”, ma la verità è che non so molto abbinare i colori.
Un aneddoto sulla tua carriera di writer?
Mi ricordo che andavo a scuola e durante le lezioni organizzavo il mio book con le foto dei treni… Un professore una volta me lo strappò dalle mani e disse “Adesso basta, ora chiamo la polizia!”
Dipingi ancora?
Sporadicamente vado con Spice, Mind e pochi altri a fare dei pezzi su muro. Con tutta la calma che posso prendermi cerco di fare delle cose semplici e ben fatte. non siamo particolarmente “nerd” nel fare sfondi ricercatissimi o sfumature con la mezza pressione… il nostro pezzo deve essere finito in giornata. Questo ormai è il mio concetto di Wild Style: “Quite is the new loud“.
Chi è stato l’artista che ti ha influenzato di più?
Parlando dei pezzi potrei citarti prima, Cope e T Kid, per i throw up perlopiù bombers semisconosciuti.
Anche la produzione di Milano dei primi anni ’90 mi ha segnato parecchio: FlyCat, Rax E, Dose, Sky, Lemon. Non cercavo di dipingere come loro, ma li ammiravo molto.
In realtà c’è stato un lungo periodo in cui ho cercato di guardare meno cose possibili, e questo può portare a dei buoni risultati a livello di stile personale.
Ora i miei maestri però si chiamano Hermann Zapf, John Stevens, Giovanni De Faccio. Sono personaggi che stimo molto e che nell’ambito calligrafico e tipografico hanno dato tantissimo. Studiando i loro lavori mi rendo conto di quanto piccolo sia quello che produco io…
Quando hai cominciato ad interessarti alla calligrafia?
Vedevo però una certa chiusura da parte di questo ambiente verso il writing, quindi lo consideravo un po’ snob. Solo parecchi anni dopo ho deciso di dedicarmici completamente, ho sempre avuto questa idea fissa di far entrare il writing dalla porta principale; ultimamente son stato contattato dalla rivista americana Letter Arts Review, e (incredibile) erano proprio affascinati da questo mio connubio fra calligrafia e graffiti, e mi hanno chiesto un’intervista per loro. Queste cose portano onore al movimento del writing in generale, perchè in questo modo si eleva la visione che ne ha la gente comune.
Ora è il tuo lavoro? Raccontaci qualche aneddoto.
All’inizio ero abbastanza spaventato, non pensavo di poter vivere solo di questo. Poi mi sono reso conto che il mio intervento nella grafica era ricercato molto più per gli artwork che facevo a mano che per il graphic design…e pensare che anni fa ero veramente frustrato da questa cosa, avevo mollato la grafica pensando che quello che volevo fare io fosse impossibile, che il computer avrebbe soppiantato la scrittura ed il disegno manuale. Forse in parte è stato così, ma l’accesso facilitato ai software di grafica e alla scelta di migliaia di caratteri ha creato un’appiattimento dell’estetica per cui, ciclicamente, si torna alla manualità; ricordo che dicevo questa cosa durante alcuni colloqui di lavoro e mi guardavano come un pazzo. Ora mi sto prendendo qualche sana rivincita, ben sapendo che solo facendolo seriamente e mettendo in discussione il tuo lavoro puoi fare la differenza.
Guardavo i lavori di De Faccio e lo consideravo un vero maestro, inarrivabile. Quando lo conobbi trovai una persona straordinaria, durante un corso in estate scrivemmo su una parete insieme e non mi sembrava vero. Coinvolgemmo più di una trentina di calligrafi che erano li presenti a scrivere con noi , gente di tutte le età presa da questa “grafomania”, e fu fantastico.
Quando hai cominciato a cantare? Cosa ti ha avvicinato a questo mondo?
Essere onesto verso quello che fai può ripagarti con il supporto e la credibilità che ne derivano, e in questo mi ritengo molto fortunato.
Ultimamente ho registrato una cover dei Clash, di cui ho scritto il testo in italiano, ed una strofa, con un gruppo punk rock di miei amici (www.minnies.it), di cui abbiamo fatto anche il video. È stato bello collaborare con un genere così diverso, senza fare a tutti i costi il pezzo con il classico featuring hip hop. Almeno, lo considero un buon punto di partenza per aprirmi ad altre direzioni musicali.
Verranno altri progetti, che forse stupiranno anche me.
E il progetto Rebel Ink?
Names Fest a Praga dove eravamo gli unici italiani oltre a Blu; è stato un grande onore per noi vedere la nostra performance accanto ad artisti come Mode 2, Loomit, KR, Akym, Viagrafik, Zedz. È uscito anche un catalogo con DVD di names, molto ben fatto. In futuro speriamo di poter continuare a selezionare le nostre apparizioni in contesti altrettanto interessanti, e di viaggiare ancora all’estero, il risultato finale ne guadagna.
Questa estate siamo stati chiamati a partecipare, come Rebel Ink, ad una manifestazione internazionale chiamataLa tecnologia ha reso tutti in grado di essere grafici, musicisti e artisti. Questa cosa ha per forza di cosa portato ad un livello qualitativo più basso. Cosa ne pensi?
Chi si è improvvisato grafico o artista senza avere dimostrato talento o di avere delle basi solide per cimentarsi in queste discipline, credo che ne pagherà le conseguenze. Le trovo insopportabili, è un linguaggio da adolescenti.
Anche perchè il settore terziario, di cui tutti facciamo parte, sarà il primo ad essere colpito dalla crisi economica. Quello che non è “necessario” ma che soprattutto non è di qualità, salterà per primo.
Progetti per il futuro?
Futuro? A, si… ora vado a farmi un tè…
Saluti
Beh, vorrei ringraziare chiunque mi dia la possibiltà di esprimermi con il mio lavoro, e tutti quelli che in questi anni mi hanno supportato, (impossibile elencarli tutti…) nella vita reale e virtuale.
Omar e Nuri Rock On !!!