La mattina entra dalla finestra con la prepotenza di un sasso, i raggi filtrano dalla serranda e spezzano l’armonia del buio. La stanza riprende i tratti conosciuti, la routine dell’arredamento scaraventa la mente nella razionalità dell’abitudine.
Un caffè in cucina, una canzone dallo stereo, spazzolino e dentifricio, urina e scroscio di sciacquone.
Poi vestiti, grida, fretta e impegni. Specialità individuale, celebrità personale. Ogni giorno inizia con lo specchio, mi sono sempre chiesto perché, nella logica leggera dell’apparenza, il maledetto esame del riflesso sia obbligatorio.
Ma tutto deve passare dall’accettazione di se stessi, da quella fottuta buccia che istintivamente giudichiamo, tanta evoluzione per tornare sempre al primordiale, alla violenza dei gesti, alla crudeltà dell’opinione.
Frasi banali che escono da una mattina inspiegabilmente silenziosa, neanche le macchine scalfiscono la muta staticità di questo maledettissimo paese. Provvederanno le lancette a far passare materialmente un giorno che filosoficamente non finirà mai, una ripetizione stoica che uccide gli spunti, perché abitua, perché sconsola. Madonna che silenzio c’è stasera, madonna che silenzio c’è stasera, madonna che silenzio c’è stasera e il fatto che sia mattina non fa che complicare le cose.
Buon quasi Natale a tutti…