Regia di Ulrich Edel
Produzione Germania 1981
Ho rivisto questo film pochi giorni fa a dieci anni, o più credo, di distanza dall’ultima volta.Credo sia stato un film generazionale, un cult per tantissimi di noi.
L’effetto è identico, forse adesso spaventa di più.
Christhiane F. noi ragazzi dello zoo di berlino è un film dell’orrore, di quelli veri senza effetti speciali.
La storia è quella di una ragazzina di appena 14 anni che si innamora di un ragazzo poco più grande di lei e frequentando lui e i suoi amici inizia a drogarsi fino a bucarsi.
Il film è molto meno intenso del romanzo: tutte le considerazioni che Christiane fa sulla società del suo tempo vengono completamente escluse dalla pellicola che diventa una sorta di documentario per quanto è fredda e distaccata. La macchina da presa segue le vicende di questi sventurati con curiosità morbosa tra i cessi sporchi e luridi di una Berlino che fa paura senza mai interrogarsi sul perché dei ragazzi così giovani scelgano di fare quella vita lì, senza dignità alcuna, miserabile e schifosa proprio come i posti in cui albergano.
Ci sarà poi un perché reale? Mi viene da chiedermi, non è tutto giocato un po’ dal caso e un po’ da quanto noi siamo inclini a sceglierci alcune compagnie a discapito di altre?
Fatto sta che sia il film sia il libro furono abbracciati da un generazione di sballati che andò realmente in pellegrinaggio nello zoo di Berlino, nuova mecca laica. Non era difficile trovare ragazze 10 anni fa che avevano gli stessi capelli di Christiane, uscivano con un sacchetto di plastica al posto della borsetta e avevano il suo stesso tatuaggio.
I personaggi nella vita della ragazza sono rappresentati tutti come vittime, dei nichilisti che non riescono ad apporsi al loro destino, Babsi la più giovane vittima dell’eroina al mondo, attratta dalla morte che come tutti inizia dicendo voglio solo provare, smetto quando voglio. Nichilisti ma dai tratti dolci Detlef e Babsi, simpatici gli altri o crudeli e spietati come Stella. Una discesa negli inferi che neanche le morti da cui sono contornati Christiane e Detlef riescono a frenare.
Queste persone a 30 anni di distanza dall’intervista che rese famosa Christiane esistono ancora: Detlef pulito davvero che nei suoi incubi sogna ancora la roba, Stella alcolizzata e cocainomane e la piccola protagonista, che piccola non lo è più, che vuole disintossicarsi dal metadone.
Di storie simili e più attuali ne conosciamo tante e a volte credo che tutti i “sani” siano paradossalmente dei sopravvissuti.
Ma di fenomeni simili non c’è mai fine e se qualcuno pensa che i ragazzini a 13 anni oggi non facciano schifo come quelli, vada a leggere “ Mi chiamo principessa ho 12 anni e faccio la cubista” e poi mi dica cosa ne pensa.