Somiglia un po’ a una bella favola la parabola artistica dell’inglese Zstar. Una sera è in un club, sta suonando con un gruppo che fa rock blues. Un rock blues paludoso. E’ la prima volta del gruppo, lei è svogliata. Ma tra gli avventori, in quel club, c’è anche un talent scout della Am Recordings che la scrittura immediatamente. L’etichetta poi fallirà prima ancora di distribuire il disco di debutto di Zstar, ma ormai, il famoso sassolino nello stagno era stato lanciato…
“Hey ciao, sto studiando italiano – esordisce così, con un italiano scolastico ma simpatico, la talentuosa Zstar – la prima cosa che voglio che tu sappia è che ho un nuova batterista e adesso siamo potentissimi!”
Abbiamo un “big sound“, dice. Alle tastiere c’è un napoletano, la chitarra la suona un brasiliano, il famoso nuovo batterista potentissimo è danese, “il vichingo”, come lo chiama lei. Inevitabile che da questo melieu uscisse un’amalgama di suoni che parte dal blues per muoversi a tutto tondo lungo le dodici tracce che compongono “Masochists & Martyrs” l’ultimo lavoro (il quinto) per la cantante con origini a Trinidad.
Siamo in tour, il disco è piaciuto, sto bene.
Leggi mai le recensioni?
A volte.
Te ne freghi?
Spesso sì. Faccio le cose a modo mio, quello che pensano gli altri mi interessa il giusto.
Chi sono i martiri ed i masochisti di cui parli nel disco?
E’ un disco che ingenerale racconta come esprimiamo noi stessi. Parlo anche del concetto del fatto che siamo destinati al dolore, a soffrire, ma che tramite il dolore è possibile anche salvare le persone. Il dolore fa parte delle nostre vite, anche Cristo amava il dolore. I martiri possono essere… per esempio… le donne complicate. Hai mai avuto una donna complicata?
Attimo di panico.
Immagino di sì.
Beh… avrà avuto anche dei lati positivi no? Quali erano?
Non credo si possano raccontare al telefono…
(Dall’ altra parte della cornetta sento gente che si sganascia dalle risate…)
Beh comunque, di fondo, parlo dei rapporti tra persone, delle relazioni fra partner che fungono da specchio, scoprire noi stessi tramite il nostro partner.
Ok. Questo disco, come tuo solito, è molto diverso stilisticamente. Quali sono le tue influenze?
Il blues. Questo disco segna la mia continua evoluzione verso il blues. Che può essere divertente, tribale, spirituale, profondo, anche pericoloso, se vogliamo, ma è sempre blues.
L’hip hop invece l’hai mai ascoltato?
L’hip hop? Assolutamente sì.
Chi ti piace o ti piaceva?
Odio ammetterlo ma mi piace Kanye West. Si inventa sempre qualcosa di nuovo. E poi i De La Soul, Jdilla, Bilal e tutto il movimento nu-soul con Erikah Badu su tutte. Ed anche Ben Harper, il Dr John, Screaming Jay Hawkins, Muddy Waters…
Ti incazzi quando ti paragonano a qualcuno?
Sì c’è questa cosa che devono sempre paragonarti a qualcuno ma va bene, l’accetto, le persone hanno la libertà di dire la loro ed eventualmente di paragonarti a qualcuno per spiegare cosa fai a chi non ti conosce. Di solito, comunque, ho notato che tendono a paragonarmi a Michelle ‘Ndegeocello o a Joan Armatrading. Ma a volte anche ai Doors, o a Nina Simone o a Bob Marley…
Bob Marley!?!?
Beh sai il mio primo disco era molto roots… direi che, di fondo, mi sento tutte queste cose e nessuna di esse.
Hai mai letto la tua pagina di Wikipedia?
Si qualche tempo fa…
C’è scritto che una volta suonavi in un locale… e per l’appunto nel pubblico c’era il manager di una grossa label che ti ha sentito e scritturata immediatamente dopo… è successo davvero? Sembra un po’ un film…
Si. In effetti è successo. Ero in questo club, col mio gruppo di allora, pensa che era il primo live che facevamo…
A quel punto Zstar firma un contratto con la AM Recordings, che però chiuderà i battenti prima di dare alle stampe il suo primo lavoro. Ma la ruota non ha smesso di girare per lei, che trova la sua strada proprio in Italia. Il nuovo colpo di fortuna (il secondo? forse è bravura!) avviene a Roma, qualche anno dopo.
Stavo suonando al Circolo degli Artisti a Roma quando a fine concerto mi si avvicinò una ragazza dicendomi che voleva comprare il mio disco. “Non ho niente da venderti, non ho un contratto.” “Beh, adesso ce l’hai” mi rispose. E così sono andate le cose…
Notevole. Qual è quindi la tua idea sul music business?
Credo che la musica stia bene, sono le major che non stanno bene. Ad oggi ci sono molte più etichette indipendenti che hanno maggior controllo. La major invece arrivano sempre tardi su tutto. E poi c’è anche internet che permette a tutti di arrivare subito a qualsiasi cosa.
Vero. Internet però è anche lo stesso elemento che, praticamente, ti impedisce di vendere dischi.
E’ abbastanza vero. Ma ci sono anche esempi diversi. Dipende chi sei e quanto i tuoi fan siano legati a te. Sai cosa hanno fatto i Radiohead?
Certo. Hanno messo il loro ultimo disco in free download chiedendo solo un piccolo contributo volontario.
Esatto. Ma loro, facendo così, hanno venduto comunque e sono finiti al numero uno ugualmente. Hanno fatto un disco che la gente voleva e per questo sono stati ripagati. Anche io ho dato loro i miei soldi. Era un disco che volevo a tutti i costi un po’ come quando uscì “Ok Computer” o i primi lavori dei Massive Attack…
Profondamente inglese, ma legata a tutto il mondo, questa è Z-star.