Mi sono fatto attendere e desiderare come una diva anni ’50 per settimane*, ma ho un libro da promuovere ed un altro romanzo da scrivere.
Perdonatemi, vi prego.
Considerato poi che il film che sta alla base di tutti questi deliri gentilmente ospitati da Omar sulle pagine del suo sito è ormai uscito quasi 3 mesi fa, non so quanto senso abbia ancora insistere sulle tematiche da esso affrontate.
Ma insomma, alla fine della fiera se vi interessa ancora leggete pure, altrimenti andatevi a comprare “La Torre Eterna” di Zed Heychfrau e portatevelo sotto l’ombrellone.
Come promesso nella terza parte, oggi parleremo in maniera un poco più discorsiva e meno “a blocchi” dei personaggi rimasti da affrontare (fra quelli che vale la pena di affrontare a riguardo della tematica genitoriale**)
Non sono tantissimi, ma sono ugualmente importanti visto che fra di loro si annida l’assoluto protagonista della pellicola: Thanos.
Ho già lungamente parlato di Thanos su queste pagine, però l’ho fatto prevalentemente dal punto di vista accademico/filosofico, senza andare troppo in profondità nella complessa e a tratti spaventosa umanità spiccia del Folle Titano, un’umanità che si esplicita maggiormente quando prendiamo Thanos per ciò che è nei confronti di Gamora, Nebula e dei restanti membri dell’Ordine Nero: Un padre surrogato.
Ruolo che ricopre in parallelo con Stark, laddove però Tony ha un unico “figlioccio”, nella ragnesca persona di Peter Parker.
Che padre è quindi Thanos? Sarebbe facile liquidare la domanda con una laconica risposta (tipo: “un padre di merda”) ma sarebbe ingiusto.
In una Galassia -figurativa e astronomica- di padri, appunto, “di merda”, Thanos si distacca con decisione da chi lo ha preceduto, come ad esempio Ego, per una serie di motivi molto chiari.
Innanzitutto è “presente”, o almeno questo ci viene lasciato intendere dai discorsi che alcuni personaggi fanno nei suoi riguardi, così come dal flashback sull’infanzia di Gamora; ciò lo mette in netta contrapposizione con gente come Howard Stark, la cui “distanza” fisica ed emotiva dal figlio Tony è la maggior colpa che quest’ultimo gli attribuisce.
Inoltre Thanos, in un modo disturbato e brutale e terrificante, ama i propri “figli”, a differenza di Ego ad esempio, che non ha alcun reale interesse emotivo da riversare in Peter Quill ma lo vede solo come uno strumento per giungere ad un fine.
Certo, si potrebbe obiettare ogni singola sillaba della frase “Thanos ama i propri figli” con l’eccezione di Gamora, per la quale il sentimento è esplicitato. Ma forse, purtroppo per lei, la sola Nebula ha il compito ingrato di rivestire il ruolo della pecora nera in famiglia se ci pensiamo bene. Thanos sembra infatti provare qualcosa anche per gli altri suoi “figli”, come viene dimostrato dalla sua reazione affranta quando capisce che anche Fauce d’Ebano è dovuto morire per il raggiungimento del suo scopo finale.
Infine Thanos fa una cosa, in Infinity War, che non vediamo fare da nessuno degli altri padri in tutto il MCU:
il folle Mento-a-Prugna si confronta alla pari con sua figlia (ovviamente sto parlando di un confronto verbale e non fisico) quando, a bordo di Santuario, ha una “chiacchierata” vis à vis con Gamora.
A pensarci bene è una scena di paternità piuttosto inedita nel MCU, visto che prima di essa questo tipo di rappresentazione del rapporto padre-figlio/a aveva sempre contato su diverse scappatoie narrative (il confronto “postumo” in Iron Man 2 o il confronto a senso unico e violento in GOTGVOL2, per non parlare delle litigate divine fra Thor e Odino).
Ecco che quindi la pellicola ci restituisce un’immagine della paternità di Thanos leggermente meno distorta e disturbante rispetto a quella che ci aspetteremmo da uno psicopatico che ha come life goal quello di uccidere centinaia di miliardi di esseri senzienti.
Si parlava poc’anzi del parallelismo fra Thanos e Stark sulla questione della paternità surrogata, nel caso di Tony infatti, vediamo un giovane eroe rimasto privo di una guida e di una figura genitoriale paterna rivolgersi al Vendicatore Dorato in cerca di un modello a cui aspirare.
Le figure di riferimento maschili nella vita di Parker sono arci note, così come arci noto è il fatto che, di loro, ci si rammenti più di come se ne siano andate che di come abbiano influenzato in vita l’eroe.
Fatta eccezione per la celeberrima massima di Zio Ben (che non ripeterò…se non la conoscete siete sul sito sbagliato. Nel secolo sbagliato. Sul Pianeta sbagliato), la quale ha plasmato sì l’intera carriera di Spidey su carta ma nel MCU non ha ancora fatto capolino, l’unica figura genitoriale che abbiamo visto finora prodigarsi nei confronti del Ragno di Tom Holland è quella di Zia May.
Ed è proprio in quel solco, in quella frattura invisibile ma forte, che si insinua Stark. Perennemente in bilico fra i ruoli di mentore, amico e “capo”, Tony farà del suo meglio per crescere il suo pupillo dapprima sotto la sua ala e poi al suo fianco, come legittimo Vendicatore.
Sarà ovviamente un’operazione non priva di intoppi, d’altronde Stark non è certo l’emblema della perfezione etica e comportamentale. Allo stesso modo si potrebbe dire che Yondu sia stato egualmente (forse peggio) in difficoltà nel bilanciare i suoi vari ruoli -voluti e non- nella vita di Peter Quill.
Quando incontriamo il personaggio portato sul grande schermo da quella adorabile canaglia dall’accento texano di Michael Rooker, tutto ci sembra, tranne che un buon padre.
Solo nel secondo capitolo delle avventure soliste dei Guardiani scopriamo i retroscena del suo rapporto con Quill, il suo affetto e il suo senso di colpa derivante dalla certezza di non essere sempre stato un buon padre adottivo per Star-Lord.
Anche lui diventa una sorta di emblema della tematica paterna presente a quasi tutte le latitudini nel MCU, un mondo narrativo di padri assenti, sbagliati, malvagi o semplicemente inadatti.
I padri, ok, di loro ne abbiamo parlato a sufficienza direi, con dovizia di particolari e soffermandosi quasi ossessivamente sulle loro colpe, manchevolezze e -rare- virtù…ma le madri?
Nel Marvel Cinematic Universe le madri sono molto poco presenti o rappresentate, con l’unica eccezione della povera Maria Stark e delle ancor più sfortunate Meredith Quill e Frigga (Zia May è un capitolo a parte).
Tendenzialmente sono figure positive, il cui amore ha fornito ai figli un appiglio quando ne hanno avuto più bisogno (ma quasi sempre in maniera postuma) e che, nonostante questo, non hanno potuto rappresentare quello stesso appiglio in età adulta.
Poi ci sarebbe Natasha, la cui permanenza nella Stanza Rossa l’ha privata barbaramente anche solo della possibilità di ESSERE una madre.
Forse, se posso permettermi, un consiglio che vorrei dare a Feige&co. È quello di concentrarsi, a partire dalla Fase 4 in poi, sulle mamme dei supereroi.
Da convinto sostenitore della netta superiorità delle donne su quell’altro genere, intento com’è quest’ultimo a misurarsi di continuo il cazzo, sono sicuro che ne potremmo vedere delle belle***.
*sì lo so che non ve ne siete nemmeno accorti
**scusatemi tanto Wanda e Visione
***niente battute sulle MILF, prego