Usare la realtà virtuale per creare programmi didattici che stimolino la creatività e incrementino l’apprendimento.
Lenovo ha realizzato una specie di kit VR per un programma sperimentale attuato in una scuola di Baltimora: Lenovo’s VR Mirage . Attraverso un visore e dopo aver creato contenuti VR specifici per le scopo desiderato, si portano gli studenti a fare un’esperienza didattica in realtà virtuale.
Il punto è che il mondo è cambiato e i sistemi di apprendimento dovrebbero darci conoscenze usando linguaggi adeguati all’epoca in cui viviamo. Vi immaginate se a scuola avessimo dovuto usare una piuma d’oca per scrivere? O se i libri fossero ancora stampati usando la stampa a caratteri mobili introdotta nel 1455? Appunto.
La parte in cui ci chiediamo quali potrebbero essere le reazioni degli studenti e degli insegnanti che usano la realtà virtuale a scuola, è chiarita bene nel video sopra, magari sono tutti ottimi attori ma sembrano piuttosto emozionati e soddisfatti.
I sistemi di comunicazione cambiano il modo di vivere, relazionarsi, pensare.
Tutte le grandi rivoluzioni della comunicazione hanno generato cambiamenti nella società e nella cultura. L’avvento di Internet ha fatto lo stesso, la differenza sta nel fatto che noi tendiamo a comportarci utilizzando vecchi metri di giudizio, obsoleti per i nuovi media. Tenete poi conto che ormai Internet è cosa vecchia, nel frattempo, all’interno della sua era, sta accadendo di tutto.
L’idea è: se i mezzi di comunicazione cambiano il mondo, come possiamo pensare che le nuove generazioni possano parlare una lingua che non gli appartiene, che forse non hanno mai conosciuto? Perché non insegnare in modo davvero interattivo? Perché non fare una lezione di astronomia stando nello spazio, perché non studiare geografia andando direttamente in quel luogo del mondo? Perché non portare gli studenti a fare esperienza di momenti critici come la guerra, perché non portarli a vedere come funziona i corpo umano dal suo interno? La realtà virtuale è un mezzo che parla la lingua di questa era e forse varrebbe la pena inserirla all’interno dei programmi didattici.
La realtà virtuale aiuterebbe poi la memorizzazione dei concetti grazie al coinvolgimento di più sensi.
Certo, la questione della spesa non è da sottovalutare. Se è vero che la VR ha costi elevatissimi, è anche vero che fermarci davanti a un impedimento economico sarebbe da sciocchi, non trovate? Esistono i bandi pubblici, sponsor, aziende che possono investire sulla sperimentazione didattica. Lenovo fa questo.
Ora dite, non vorreste far parte di quella classe di Baltimora anche voi?