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TU NON PUOI REGGERE LA VERITÀ
MUSIC

Jstar



Intercetto Jstar mentre sta dipingendo le pareti del suo (ex) studio. Il nostro infatti, ha deciso di cambiare aria: basta con Londra, basta con la sterlina, addio fish & chips. E’ tempo di spostarsi a Berlino, vera capitale culturale di questa inutile Europa.

Jstar “Sono in cerca di nuove opportunità – conferma Jstar, produttore inglese, padrino del mash-up – è tempo di cambiare aria per un po’. Sai, quando fai il produttore, come me, capita anche di dover rimbiancare lo studio. Perchè vedi, io vivo nel mondo reale, dove non ci sono piscine, dollaroni e playmate patinate.

Il viaggio di Jstar, però, parte da prima. Dagli inizi di questo millennio, quando lui è un dj amante del reggae e dell’hip hop (e figli e nipoti) che non ha i soldi, come altri assieme a lui, per permettersi i dubplate.

Jstar “Mi è capitato di suonare col sound della Soul Jazz (etichetta fondamentale, se non la conoscete fate assolutamente delle ricerche su questa label) ma io non sono Rodigan e non ho big tunes. Ti parlo all’incirca del 2002. Quindi ho cominciato a fare dei remix per me, cercando di fare cose che fossero uniche, peculiari, che avessi solo io. Ricordo di aver suonato uno dei miei primi mash up in un negozio di Londra, chiedendo al commerciante se secondo lui avrei potuto vendere un po’ delle mie produzioni. Lui ne rimase entusiasta: conta che io all’epoca ero il tipo di dj che suona sempre al bar o nella seconda sala.

A differenza di altri precursori di un genere, che spesso finiscono per non uscirne più, il buon Jstar non vede in modo negativo il fatto che il suo nome sia così frequentemente associato alla parola mash-up.

Jstar “Al contrario, ne sono riconoscente. Mi piace molto il fatto che la gente mi (ri)conosca per quello. Credo che quello che faccio sia un po’ un viaggio di ritorno della musica che è arrivata fino a qua. Mi spiego. Io ho sempre seguito reggae, hip hop, dnb, dubstep, queste cose vengono dall’America o dalla Giamaica. Adesso la musica che creo io viene esportata verso l’America o la Giamaica. E’ un po’ come se noi stessimo ri-esportando l’evoluzione di questa musica che ci influenzò in primo luogo. Quindi, sì, sono contento che mi chiamino il padrino del mash-up, vorrei solo far notare che non ho ancora la barba di Babbo Natale.”

Non ha ancora la barba di Santa Claus e, mi raccomando!, non azzardetevi a chiedergli l’età (“non sono affari tuoi figliolo”) ma ha già l’esperienza (o la faccia tosta) per confrontarsi, a modo suo, coi più grandi. I progetti in cantiere sono molteplici, i remix o i refix di personaggi famosi, innumerabili.

Jstar “Hai sentito il pezzo che ho fatto per Vadim? Ora sto facendo una roba a metà tra crunk e dubstep.. una collaborazione con Mad Professor, alcune cose di drum n bass per un’etichetta canadese e tanto altro. Mi piace questa cosa di muovermi, musicalmente, in direzioni diverse. Per quanto riguarda le reazioni delle persone famose ai miei mash-up.. non posso dirti molto. Cioè il fatto è che io non le conosco ‘ste persone, e spesso e volentieri non le cerco neanche. Sono difficili da incontrare. Se domattina andassi in metro non credo che incontrerei Lil Kim, ma se succedesse dubito che lei direi nulla più di un “Che si dice?”. So che a Miss Dynamite è piaciuto molto il lavoro che ho fatto col suo pezzo.. che altro? Ah si, una volta ho incontrato gli Scissor Sisters nel backstage di un evento dove suonavamo entrambi. Mi sono avvicinato e ho chiesto loro se avessero sentito il mash up che avevo fatto.. “no” mi dissero. A quel punto ho girato il culo e me ne sono andato.”

La tecnica del mash up, come la nascita dell’hip hop del resto, nasce quindi da carenze di natura tecnica o economica (le due cose spesso vanno a braccetto). In questo caso l’impossibilità di potersi permettere i sempre più costosi dubplate, ma non solo. C’è anche una voglia di ricerca, e forse, anche di rivalsa, oltre ad una forma peculiare di rispetto verso la musica.

Jstar “Oltre alla questione dei dubplate, di cui ti parlavo prima, c’è anche il fatto che ho sempre amato il sampling anche quando hanno cercato di fermarlo. E questa cosa l’ho letta su un sito, Perfecting Sound Forever, dove Andrew Mueller asseriva che il sampling fu appositamente proibito perché così si pensava di bloccare l’espansione del movimento hip hop. Il sampling, già agli inizi degli anni ’80 era una tecnica disponibile per praticamente tutti, ne ha fatto uso anche il vostro compositore Berio. Io personalmente ho cominciato come dj hip hop, facendo questa cosa dal vivo, sovrapponendo l’acappella di un pezzo, sulla strumentale, o la version, di un altro. Spesso e volentieri con pezzi famosi, che avessero già superato la prova del tempo. Ho sempre trattato con molto rispetto i pezzi sui quali sarei poi andato a lavorare. Chi ha voglia di confrontarsi lo capisce subito. Per esempio, mi è capitato di sentire Elton John dirsi interessato ad ascoltare i remix che altri, non necessariamente io, avevano fatto sui suoi brani. Disse che per lui era un onore poter esser d’influenza ad altri musicisti, provenienti da altri campi musicali. Ecco, credo che una cosa del genere, detta da un personaggio del genere, sia particolarmente importante.

Per quanto Jstar non disdegni il digitale, il formato ottimale per questo tipo di brani è e resta il vinile, specialmente il 7 pollici (il 45 giri). Possibilmente in edizioni limitate, molto limitate, qualcosa come 200-300 copie, per un brano che finirà su qualche etichetta leader del genere come la Nice Up! (per dirne una) per poi inserirsi immediatamente nel circuito dei collezionisti e delle aste online non appena andrà esaurito. Come dicono gli inglesi, snooze and you lose.

Jstar “Chiaramente, come dj, suono spesso in digitale, ma il supporto migliore resta il vinile. Ha un suono meraviglioso. Per quanto riguarda le produzioni invece prima lavoravo parecchio con campionatori e vecchi atari, adesso uso anche altre cose, molti prodotti in shareware ed ovviamente Logic e Cubase.”

L’ultima domanda, è scontata. Un disco lo farai mai?

Jstar “Continuo a dire “domani”. O la “settimana prossima”. Sono terribile, ma prima o poi qualcosa uscirà.

Ok, da dj posso assicurarvi che i giravinili sono spesso persone inaffdabili. Motivo per cui, invece di aspettare il disco di Jstar nelle vostre camerette, vi consiglio di venire a sentirlo dal vivo il prossimo venerdì 20 maggio (alla Stazione Leopolda per Fabbrica Europa) in compagnia dei nostri Local Heroes Sensi Cellar e di Matteo Bennici che musicherà Shestaya, capolavoro del cinema muto ad opera di Dziga Vertov.