“Birth of the Cool” di Miles Davis | La travagliata genesi di un capolavoro.
di Marco Lupetti23 Maggio 2020
Real music no needs superstructures #1
Settembre 1948: Miles Davis e il suo nonetto, conosciuto anche come Tuba Band, hanno un ingaggio di due settimane al Royal Roost di Manhattan.
La band include alcuni tra i più interessanti giovani jazzisti del momento: Lee Konitz, Gerry Mulligan, John Lewis e Max Roach. Per l’arrangiamento dei brani, Davis si avvale della collaborazione di Gil Evans. Il geniale arrangiatore e bandleader canadese riverserà nei brani della formazione le sue avanzate teorie in materia di strumentazione e arrangiamento. Il suono della band avrà così la consistenza di una “nuvola sonora“; marchio di fabbrica di Evans, che caratterizzerà anche gli straordinari progetti successivi in collaborazione con Davis.
In quel periodo il Roost è una delle scene newyorkesi preferite da la créme de la créme del jazz più moderno; Charlie Parker, Tadd Dameron, Count Basie ecc.. Ma sbagliereste ad immaginare un fumoso jazz club alla moda, perchè il Royal Roost, come il nome del locale suggeriva, era un ristorante situato al 1580 di Broadway, a due passi da Times Square, la cui specialità era il pollo fritto. Tra i tavoli degli avventori, il gestore dell’attività, un appassionato delle tendenze più innovative del jazz, aveva ricavato un piccolo angolo in cui gli artisti si esibivano.
In seguito, in tre sessioni comprese tra il Gennaio del 1949 e il Marzo del 1950, la formazione registra, a blocchi di quattro, il proprio repertorio negli studi della Capitol, per complessive dodici tracce. La musica però è talmente rivoluzionaria da non essere pienamente compresa. Incredibilmente, le due settimane alla friggitoria rimangono l’unico ingaggio della band. La Capitol non dà molto credito al progetto di Davis: pubblica in 4 dischi a 78 giri solo una parte del materiale; e non sostiene con un’adeguata campagna pubblicitaria le innovative incisioni.
Tutta l’operazione appare al trombettista, che in essa aveva riversato tutta la propria energia e creatività, un deludente fiasco. La disillusione che ne deriva sarà una delle cause che porterà Miles, all’inizio degli anni ’50, sull’orlo dell’abisso; in un periodo buio raccontato in ogni libro di storia del jazz.
Sarà il tempo a collocare l’innovativo progetto al posto che gli compete nella storia della musica del XX secolo. A partire dal 1954 la Capitol comincerà a rendersi conto dell’importanza di quel materiale; pubblicando otto delle dodici composizioni in un LP formato 10 pollici intitolato “Classics in Jazz“. Poi, nel 1957, l’epocale “Birth of the Cool“ vedrà la luce. Il 33 giri inizialmente riunirà undici delle dodici composizioni, lasciando fuori l’unico brano cantato “Darn that Dream“. Solo nel 1972, ventidue anni dopo la fine delle registrazioni, tutti i dodici brani saranno finalmente riuniti e pubblicati nella forma definitiva da allora in commercio.
Nel 2019 la Capitol ha celebrato il capolavoro a settanta anni dalla nascita; con una nuova e bellissima edizione di “The Complete Birth of the Cool“. In CD e doppio vinile, con libretto fotografico e note di copertina, sono riunite tutte le 12 tracce registrate in studio e altre undici dal vivo provenienti dalle serate al Royal Roost.
Il giovane Miles Davis e la Tuba Band fotografati ai WMGM Studios di New York durante le registrazione di “Birth of the Cool” (1949-50)