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L'IGNORANZA È UN BENE
Rap

Rahstrada | Rap? Un ci s’ha #2



Dopo una pausa nei mesi di lockdown, dovuta ai mille impegni di chi scrive, oltre agli eventi che hanno caratterizzato la deprimente prima metà del 2020, iniziamo bene la seconda ripartendo da dove eravamo rimasti.

Siamo partiti dalla Versilia di Drega e ci spostiamo verso Scandicci, dove ad aspettarci c’è un altro pilastro della scena toscana: Rahstrada!

Rahstrada & B-Boy Buzz
Rahstrada & B-Boy Buzz

Iniziamo con le presentazioni: chi sei, da dove vieni, cosa fai nella vita?

Ciao! Sono Leonardo, sono di Scandicci (o ScanDC), nella vita faccio il digital artist sia nell’ambito dell’arte contemporanea (gallerie e musei come il Macba o eventi come Biennale di Venezia etc.) che nel mondo dell’advertising (realizzando artworks per campagne globali e editoriali come per Adobe, Wired, LuisaViaRoma, Billboard, Adidas, etc.).

Il mio lavoro (se così si può definire) mi ha consentito di viaggiare e vedere molte realtà, soprattutto il nord Europa (Danimarca e Finlandia) e gli  Stati Uniti (in particolar modo New York); ma allo stesso tempo ho potuto scegliere dove vivere senza compromettere il mio percorso artistico/lavorativo.

Parallelamente ho sempre coltivato interessi e passioni che mi accompagnano fin da quando avevo 8 anni, come la musica, lo skateboard e in particolar modo la Cultura Hip Hop (da quando avevo 12/13 anni).

Quando è scoccato l’amore per l’Hip Hop e quando hai cominciato a fare rap?

Frequentando la scena skate di Firenze (molti erano più grandi di me), chiaramente i gusti erano i più disparati: Punk, Heavy Metal, Grunge e chiaramente l’Hip Hop. Fin dalle elementari studiavo pianoforte, ma sono sempre stato attratto da generi e metodologie di composizione che al primo impatto sembravano meno didattici e più “drop from the head” (come il beatmaking e il rap). Poi la fissa scattò definitivamente quando dei miei amici mi passarono una cassetta fatta in casa con pezzi dei Naughty by Nature, Run DMC, A Tribe Called Quest,  Public Enemy, Arrested Development e De La Soul. 

In prima Liceo Scientifico si creò subito affinità con un paio di amici fissati per il basket ed il rap (in particolare quello francese). Mi ricordo che avevano aperto da poco il primo Footlocker in Via Calzaioli e li trovai le copie in bianco e nero dei primi numeri di Alleanza Latina (in seguito Aelle).

Leggendo quelle 8 pagine in bianco e nero, con le foto dei treni, le Yard dipinte, i reportage sulle jam che parlavano dei cerchi dei B-boys, capii che la faccenda non si fermava a mettere due rime insieme su un loop e due scratch a fare da contorno. La cosa era molto più complessa ed affascinante al tempo stesso: si trattava di una Cultura, di un movimento che si esprimeva attraverso quattro discipline che avevano (ed hanno tutt’ora) senso di esistere solo se interconnesse tra loro.

CrazyKid, Rahstrada & Willie DBZ – Poche Storie

Ci racconti il tuo percorso artistico dagli inizi fino ad oggi?

Spero di riassumere il più possibile perché l’inizio risale al 1993!

Come ho anticipato nella domanda precedente: iniziai a scrivere e fare freestyle con i miei compagni del liceo, fondando successivamente quella che fu la mia prima crew: Classe Qui Passe. Le influenze della scena francese erano più che evidenti (da IAM, NTM, Fonky Family, Pit Bacardi, Arsenik etc).

Successivamente ho proseguito come solista in tutti i sensi. Mi concentrai a fare beats col Fast Tracker e poco dopo col mio primo campionatore, un Akai S-2000. Parallelamente dipingevo e stavo imparando le basi del B-boying (toprock, footwork, freeze, etc).

Nota: A metà anni ’90 era fondamentale e spontaneo avere una consapevolezza di tutte e 4 le discipline. Era difficile trovare l’Hip Hop Head che non aveva mai provato a fare un’outline, piuttosto che imparare un baby scratch, fare un paio di rime o avere le basi di un top rock.
Ciò creava ancora più coesione e consapevolezza.

Dopo una serie di collaborazioni con 3CK (una delle crew più attive nel panorama fiorentino) entrai in Toscani Classici (fondata da Parole del Profeta: Jamax, Willie DBZ e Keaton) e realizzai con loro il mio primo EP  “Luci e ombre”. In quel progetto sono presenti i miei primi pezzi insieme a Willie DBZ e Jacopo Ortis.

Per una serie di visioni differenti, io, Willie e Jacopo uscimmo da TC e nacque Triadetrusca; che quasi subito divenne parte di LongBridgeAllStarz, insieme a TheJoker302, IllAndo, The Youngfader, Joe Black e parte dei 3CK.

Dopo un anno di live e pezzi per mixtapes e compile varie, la redazione di Da Bomb Magazine ci contattò con l’intenzione di produrci un disco. A distanza di un anno e mezzo circa uscì il disco: “Effetto Domino” che ci consentì di fare un bel po’ di live fuori dalla Toscana; in particolar modo, avevamo stretto i contatti con gran parte della scena italiana, soprattutto quella di Roma e di Torino.
Nel frattempo, con LongBridge, eravamo sempre a casa del Joker a fare pezzi, beats, mixtapes ed i rapporti con le persone che abbiamo sempre stimato si consolidavano. Non soltanto dal punto di vista musicale, ma soprattutto umano.

Dopo la ristampa di “Effetto Domino“, eravamo super infottati; tranne pochi elementi (che tutt’ora sono presenti nella nostra regione). In Toscana eravamo considerati il minimo indispensabile, mentre in tutta Italia era un flusso continuo di richieste di collaborazioni a progetti, mixtapes, beats, barre, scratch, live e jam.

Qualcosa non tornava, ma a noi stava bene così, tanto che si “droppava” almeno due pezzi al giorno e fare un diss ai suckers della scena non costava nulla 🙂

Poi Tommy Bianchi (ai tempi di MySpace) mi contattò direttamente per produrre il disco di LongBridge che  ha preso il nome di “Polvere Sottile”.
Nel 2007 eravamo sul procinto di terminare il disco, quando purtroppo, a inizio 2008, è venuto a mancare mio padre.
In quel momento io ero sconvolto, l’Hip Hop italiano mi stava stretto e mi sono buttato sul lavoro passando i successivi due anni tra la Danimarca e New York.

Il mio percorso artistico, parallelo all’Hip Hop, mi impegnava giorno e notte. Di punto in bianco si trasformò in un lavoro vero e proprio (soprattutto nel mondo dell’arte contemporanea e dei visuals in motion graphic). Ho sempre continuato a fare beats e rime, ma ero sempre più attratto da una visione globale della cosa.
Preferivo andare a fare una battle di freestyle a Brooklyn, o confrontarmi con beatmakers che approcciavano alle produzioni in modo più performativo e diretto come il fingerdrum. Vedevo la scena italiana troppo chiusa mentalmente, molte dinamiche non mi piacevano. Soprattutto quelle della scena Toscana che erano esageratamente provinciali.

Poi ho vissuto un anno abbondante a Barcellona e, per lavoro, tornavo negli States, a Londra, Parigi, Berlino etc. Con LongBridge ci sentivamo sempre, mentre Willie procedeva con i suoi progetti da solista insieme al Joker e YoungFader.

Poi sono passati gli anni, nel 2016 stavo facendo dei beat per Willie e MoFire quando purtroppo quel maledetto fine Dicembre ha sconvolto tutto con la sua scomparsa.
Per cercare di dare un senso all’incomprensibile, con Asso, Coen e CrazyKid ci siamo uniti formando Funkoolhertz. Con B-boy Buzz (Renato) portiamo avanti Makerz (beat in fingerdrum e b-boying).

Qual è il brano che useresti come biglietto da visita, quello che faresti sentire per far capire cos’è il rap?

Per far capire cosa è il rap ce ne sono tanti, forse troppi; ma mi interessano relativamente. A mio parere sono più interessanti i brani che hanno fatto capire cosa è l’Hip Hop. Sicuramente in Italia, nel mio caso, sono stati fondamentali brani come: “Lotta Armata” di Gente Guasta, “Dritto dal Cuore” di The Next Diffusion o “Nella Luce delle 6:00Neffa e Deda.

Per quanto riguarda la scena internazionale: “Hip Hop Hooray” dei Naughty By Nature, “You know my steez” di GangStarr, “Fat LacesArsonists, “H.I.P. H.O.P.” di Reks. Poi la lista prosegue con i vari Rakim, Pete Rock & CL Smooth, Diamond D, Big Daddy Kane

Rahstrada
Rahstrada

Qual è il motivo che ti ha spinto a fare rap? È lo stesso che ti spinge a farlo ancora oggi?

Il motivo che mi ha spinto a fare rap è sempre stato l’Hip Hop. Il fare rap è una condizione necessaria, ma non sufficiente per essere mc; mi sono sempre piaciuti gli mc’s non i rapper.

Il concetto di essere “real”, ovvero rappresentare con le rime la tua vita, chi sei, senza fingere di essere qualcun altro, è stato determinante. Come altrettanto determinante è stata la ricerca dell’originalità del flow, l’essere riconoscibile e differente dagli altri (concetto che ora più che mai è fuori moda).

Ti dico anche che una cosa importantissima che mi ha dato la spinta è stata la consapevolezza di essere un sucker quando ho iniziato. Io volevo ottenere la stima e il rispetto della scena, essere contento di aver dato il mio piccolo contributo a questa Cultura; ma senza favoritismi o “sgami”, quindi uscire naturalmente dallo stato di “sucker”.
Tutti quando sono alle prime armi partono dal livello: sucker. È normale o almeno, lo era.
Non essere più sucker vuol dire anche comprendere il concetto espresso da Esa in “Messaggeri Pt.1”: “È inutile mirare alla top ten se non sai cosa vuol dire represent!”

“Canta nelle jam, è inutile mirare alla top ten
Se non sai cosa vuol dire represent”

I Messaggeri Pt.1 – Neffa feat. Esa, Phase 2, Dj Lugi, Kaos One & Dre Love

Oggi è stato stravolto questo concetto, che a mio parere dava anche freschezza e stimolava le persone a creare qualcosa di differente.
Ora invece tutti provano a fare rap, il loro concetto di Hip Hop (sbagliatissimo) parte da “8 Mile”.
Sei rispettato quando hai fatto uscire il video, anche se rappi male. Lo sei quando organizzi le serate, anche se rappi male. Sei rispettato quando alle battle di freestyle, invece di impegnarti sul flow, fai la battuta simpatica che fa ridere (anche fuori tempo) e rappi male.

Ultimo punto che per me è stato fondamentale è il concetto di “scazzo” inteso come confronto e competizione costruttiva. Oggi gli “scazzi” vengono interpretati come diss sulle storie di Instagram o post su Facebook; insomma flames sui social che non hanno niente a che fare con nessuna delle discipline.

Tanti, troppi personaggi che si definiscono mc’s scrivono più sui social che strofe nei pezzi.
Grazie agli scazzi, al confronto (attraverso la musica), all’essere sinceri, ho costruito negli anni rapporti veri, di stima e rispetto che altrimenti non sarebbero mai esistiti.

Makerz PT.6 With Esa AKA El Prez

Torniamo all’inizio della tua storia d’amore col rap. C’era un luogo d’incontro per chi come te aveva questa passione?

Quando iniziai c’erano diversi spot storici a Firenze che erano un punto di ritrovo per tutti.
In primis vanno ricordate le serate al Poderino (poi al Lidò) degli Stamina5. Il negozio Ultra vicino a via San Gallo dove lavorava la Lela degli Stamina5. Lì passavamo pomeriggi interi ad ascoltare ed imparare da lei. Grazie agli Stamina5 ho imparato cosa vuol dire essere un Hip Hop Head.

Il Binario 16 alla stazione di Santa Maria Novella: spot per fare freestyle, scrivere pezzi e guardare i vagoni dipinti. Capitava di trovarsi anche in più di 20 mc’s a fare cerchi e allenarsi.
I portici di Piazza della Repubblica: era lo spot dove si allenavano i B-Boys, a tutte le ore, era un punto fermo per tutta la scena.
Mastelloni: il negozio di vinili dove incontravi sempre qualcuno a fare diggin’.

Rahstrada MAKERZ con B-Boy Buzz
Rahstrada ed il progetto MAKERZ con B-Boy Buzz

Nella tua zona l’Hip Hop aveva già un seguito quando hai iniziato?

Assolutamente si. Le serate al Poderino e al Lidò erano sempre piene di B-Boys, Writers, Mc’s e Dj’s che andavano a godersi la serata con le selecta di Storm, Otello, JC e Zero-T.
C’era (e c’è) Dj Aliboo con super skills di drumming e scratch sui piatti.

Quando iniziai c’era già la crew di B-Boys KRC, per il Writing gli FTR PIARS, Toxic e Zero-T. C’era Dre Love (che insieme a Skizo, Sean e Kaos uscirono come Radical Stuff col disco “Hardaswallow”).

In zona mia, Scandicci, c’erano lo Yono e lo Squeeze, tramite lui ordinavamo le prime Montana dalla Spagna, con i vari fatcap, skinny e banana per dipingere.

Quali sono i primi emcees toscani di cui hai sentito parlare e quelli con cui sei entrato in contatto?

Avevo sentito parlare di Dre Love (che per me era un punto di riferimento, per il super flow), poi già c’erano i Divieto (Asso e Doppa), Acid One e Reborn da Pisa.

Con loro ci sono entrato in contatto dopo aver stretto i rapporti con Jamax e Willie (Parole del Profeta) che organizzavano continuamente jam a Prato. Grazie a loro un po’ tutti gli mc’s della regione avevano avuto modo di conoscersi. Spesso, per motivi logistici, ci incontravamo con Jamax, Willie, Inka, la Sira e Mariano (D.A.P.), poi successivamente con la scena di Viareggio, soprattutto con Resa che tutt’ora spinge e fa super rime!

Domanda di rito: perché secondo te per il Rap Toscano non è così facile emergere a livello nazionale?

Questo non è del tutto vero. I Parole del Profeta quando uscirono con “Fra l’altro e il che dell’ironia” erano fuori con interviste e recensioni su Aelle (che allora era il massimo della visibilità). Suonavano in tutte le jam più importanti a livello nazionale, come quelle organizzate dagli ATPC a Torino o l’Hip Hop Village a Milano; che insieme al Juice di Ancona fù tra gli eventi più importanti per l’Hip Hop italiano.
Poi la cosa proseguì come Toscani Classici, tanto da partecipare in compile importanti per la scena italiana come “Murua 69” (dove sono presenti anche Chisco e Ione di Lucca sul beat mio e di Masci).

Quando chiuse Aelle, nonostante sia stato definito da molti “un periodo buio”, come Triadetrusca e LongBridge eravamo ovunque; spesso nei live in giro per l’Italia insieme agli Inquilini di Roma (Lord Madness, Kento, Mendoza etc), Cor Veleno, Brain e Chiodo (FNO), I Gatekeepaz (Mastafive, Deal, etc) e Donald-D (Rhyme Syndicate! PS: vive a Firenze da una vita).

Il Millelemmi era emerso in tutta Italia con progetti insieme ad altrettanti pezzi grossi della scena come Gruff, Esa e tanti altri grandi nomi della scena. Trais di Shafyclick penso sia attualmente tra gli mc’s toscani più conosciuti a livello nazionale, con collaborazioni di tutto rispetto. Ma parlo di Hip Hop, quello vero, che per sua natura, rimane di nicchia.

Considerando che la Toscana non è piccola come San Marino, gli esempi citati sono sempre troppo pochi. Ovvio che, se per emergere, intendi la visibilità “mainstream” sul web, le views nei video o le operazioni di marketing che attualmente sono in corso, i parametri cambiano drasticamente.

Ci sono motivi anche di carattere professionale che hanno causato la mancanza di visibilità nella scena nazionale come:

– Tanta pigrizia nel muoversi fuori dalla regione per confrontarsi con realtà diverse, a mio parere dovuto sempre al provincialismo.

– Il fatto che nella scena Toscana esistono tanti piccoli circuiti chiusi; dove ognuno spinge e supporta solo ed esclusivamente il suo giro, col timore che venga tolto qualcosa al proprio orticello.

– Il principio del: faccio salire sul palco o registro un pezzo con “l’amico che rappa male” mettendo in secondo piano l’aspetto musicale. Ma è un amico, quindi va bene.

– Se sali sul palco e fai il video da 2K euro (che sono anche pochi) sei un grande a prescindere, ma rimane un video per gli amici e poco più.

– La presunzione del voler far tutto da soli. Improvvisandosi Ufficio Stampa, Agenzia di booking, Senior account, Sound Engineer e Promoter, senza nessuna competenza in web o social marketing; oltretutto inconsapevoli degli algoritmi di engagement su cui si basano i vari Instagram, Facebook e Youtube.

– Per concludere: il target di avere più condivisioni possibili sui social dagli amichetti (anche associare “la condivisone” ai “props”) con la “speranza inutile” di svoltare (sempre senza un’ufficio stampa e un’agenzia di comunicazione).

PS: questi sono alcuni dei punti affrontati in un post recente nella pagina Facebook di LongBridge, che hanno scatenato un po’ di putiferio.

PPS: Anche se non sono mc’s (ma tanto si è capito che parlo di Hip Hop a 360 gradi) faccio alcuni esempi di importanti punti di riferimento per la Toscana:

Dj Alik, è stra conosciuto a livello nazionale e internazionale per le sue skills da dj e beatmaker. La stessa cosa vale alla stra grande per Dj Craim e Herrera di Pisa. Zero-T e Toxic sono delle eccellenze a livello internazionale per il Writing. I Red Lights, crew storica di B-Boys, che ha girato tutta Italia tra battles e jam.

Big Thing Beat – Octatrac MKII

Secondo te in Toscana c’è qualche elemento nella scena rap che, invece, manca a livello nazionale?

Senza ripetere quello che ho detto nella domanda precedente: a mio parere ci sono mc’s forti che meritano di avere  più visibilità, come: Menga, Coen, Trais, Granu e Resa. Poi ci sono lo Ska (3CK) e Willie DBZ che si sarebbero meritati molto ma molto di più.

Per rappresentare al meglio la scena toscana, quali artisti citeresti come punti di riferimento?

Dre Love e Donald-D (che abbiamo la fortuna di avere qui da noi).
Poi Willie DBZ, Trais, Coen, Resa, Granu e Menga

Se ti dicessero che il rap in Toscana non esiste, cosa risponderesti?

Direi che di rap ne abbiamo fin troppo, ma abbiamo poco Hip Hop.
Se voglio parlare di Hip Hop con qualcuno, chiamo Aliboo, Resa, CrazyKid, Coen, Asso, Odo, Renato, BiggDabb, Paolone, YoungFader, Joker, il Biga, gli Stamina5 e pochissimi altri.
Una delle poche realtà veramente Hip Hop rimaste in zona sono quelle organizzate da BiggDabb al MoveOn a Firenze.

Poi ritorno (e concludo) sempre sull’argomento che mi sta più a cuore: ci sono troppi rapper e pochi mc’s.
Ciò non vuol dire che il rap sia un’esclusiva della Cultura HH. È una tecnica di canto che chiunque può imparare e utilizzare come meglio crede nella musica che fa.

Ma, come ho detto più volte in questa intervista: il rap in sé per sé, personalmente, mi annoia e mi stanca.
Senza l’Hip Hop perde quella freschezza che ha conquistato nei decenni. Ovvio che l’Hip Hop non è per tutti. Ha delle regole e dei princìpi per certi versi abbastanza rigidi.

Capisco che molti possano non condividerli. Ma a quel punto fai altro, ci sono 10000 modi per esprimere la propria creatività oltre all’Hip Hop. Soprattutto: se un brano non è etichettato “Hip Hop” non vuol dire che non sia bello o gradevole da sentire.

Io ho mille altri interessi che non rientrano assolutamente nella Cultura Hip Hop ma che mi piacciono altrettanto, tipo la musica contemporanea con i synth, lo skateboarding etc. Non c’è niente di male, anzi!

In Toscana troppi rapper hanno in bocca la parola Hip Hop e non hanno alcun interesse per il B-Boying, Djing e Writing, per non parlare della knowledge.
Di conseguenza: fai rap? Ok! Ma non è necessario doversi per forza infilare in un movimento ed in una Cultura di cui non condividi i princìpi e il suo manifesto.

Essere mc non è solo fare le rime stilose, oppure fare 800 barre di freestyle in extrabeat, o scrivere una 16 e salire sul palco (per vedere il proprio nome scirtto nell’evento) e avere l’applauso degli amici.
Non è così. Sarà anche ingiusto, ma le regole non le ho dettate io. Nonostante questo, mi piacciono e ci sto bene da un bel po’ di anni.