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Cinema

“Bomba o non bomba” – da Favolacce a I Predatori



“Bomba o non bomba noi arriveremo a Roma, malgrado voi” cantava Venditti. Era il 1975, il cantautore parlava a suon di metafora della sua avventura musicale con il compagno Francesco de Gregori e le bombe italiane dell’epoca erano quelle degli anni di piombo.
Oggi, sono molti anni che la penisola non trema sotto ordigni esplosivi.
D’altro canto, nell’ultima estate e in questi ultimissimi giorni sono arrivate nuove bombe in Italia. Per fortuna (o purtroppo, direbbe qualcuno…) non esplodono nelle stazioni e nelle strade, ma nei film dei nuovi registi Italiani. E a farle esplodere, o a tentare di, sono i giovani, quei giovani che sono “I secondi giovani stronzi della storia” de “I Predatori” di Pietro Castellitto e i giovanissimi, i ragazzini di “Favolacce” di Fabio e Damiano d’Innocenzo.

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“I Predatori” Poster

Certo, c’è sempre la Roma che cantava e apologizzava Venditti nel cinema di questi registi. La Roma “tanto, forse troppo snobbata dal cinema italiano” (tu che leggi, stai seguendo Una pezza di Lundini su Rai 2, vero?) La Roma del centro, suburra del vizio e dei giochi di potere, e soprattutto la Roma della periferia, dove si cammina “A Piedi Scarzi” (a questo punto, se non lo hai fatto, devi aver recuperato Una pezza di Lundini).

In particolare, il cosmo dei d’Innocenzo è unicamente quello della periferia. Una periferia dove batte il sole asfissiante e claustrofobico delle borgate di Pasolini; composta da piccoli medioborghesi o più precisamente da tristi borgatari che hanno perso quel senso di appartenenza alla periferia che li ha contraddistinti (sempre Pasolini, stavolta quello poeta e romanziere, nei riferimenti dei fratelli registi). E ora aspirano solo ad esserlo, piccoli medioborghesi, con le loro villette a schiera tutte uguali e le piscine gonfiabili.

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Scena de “Favolacce”

I d’Innocenzo lo sguardo neorealista verso le periferie lo avevano tentato con la loro opera d’esordio, “La Terra dell’Abbastanza”, ma qui, come da titolo, girano invece una favola nera, incantata e disincantata allo stesso tempo. In questa favola i ragazzini sono cupi e seriosi, già instradati alla sessualità, all’invidia, al rancore e alla gelosia che contraddistingue le vite dei genitori. Ma non si perdono nel bosco della strega di Hansel e Gretel. No – tornando al punto – questi ragazzini costruiscono bombe.

Non sembra esserci nel film dei d’Innocenzo e nei loro innocenti una vera volontà di uscire dalla periferia; o se c’è, vive solo in una coppia un po’ più grande degli innocenti bombaroli, destinata, ovviamente, a non riuscirci. Piuttosto di azzerarla, farla saltare in aria; ma, come i due ragazzi innamorati non riescono a fuggirne, neanche le bombe dei ragazzini esplodono. E la favol(acci)stica periferia romana continua a rimanere lì, sempre scarza.

Le bombe dei Predatori, invece, esplodono. E non in periferia. Al massimo, in periferia si fabbricano. Le bombe dei Predatori servono ai giovani dei salotti buoni, dell’alta borghesia romana, quella che sta i vertici, che ha la servitù, che controlla e può tutto perché “fa il cinema” (e in questo, forse, il giovane Castellitto si è accorto della relazione morbosa e pericolosa fra l’attuale settima arte italiana e la sua città).

Questi ragazzi che hanno “assolutamente bisogno di una bomba” si sentono i “secondi giovani stronzi della storia” perché anche in questo arrivati dopo i loro genitori, i boomer dei meme. Quelle figure che “sono sempre stati a sinistra”, ma ai loro figli sembra tanto che siano sempre stati a destra. Sono i personaggi che Castellitto manda a fanculo nel poster e in una delle scene centrali del film: la giovane rampolla di buona famiglia con l’accento francese che improvvisa un rap al compleanno della nonna novantenne per poi alzare il medio a genitori, zii, cugini radical chic seduti al tavolo.

I Predatori – Clip “Perchè il futuro fa più paura della morte?”

Ma la rivalsa atavica, i figli che mangiano i padri di pasoliniana memoria (soluzione che a questo punto possiamo dire sarebbe forse piaciuta ai d’Innocenzo) non avviene nella parabola di Castellitto, o almeno non direttamente; la bomba non esplode ai Parioli, a palazzo Chigi o a Cinecittà.

Esplode sulla tomba di Nietzche, nel grottesco e unico momento di – fallimentare – rivalsa del personaggio interpretato da Castellitto stesso. Nessuna bomba farà esplodere i salotti radical chic, le cui prede e predatori si stanno già sbranando tra loro. E la periferia romana? Ovviamente, c’è: Castellitto è un figlio – letteralmente – del cinema del suo tempo e allora anche nei  “Predatori” si vive “A Piedi Scarzi” nella periferia romana. Anche nei Predatori qualche personaggio agogna la fuga.

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Scena de “I Predatori”

Gli emarginati della periferia dei Predatori sono fascisti, tanto fascisti, troppo fascisti, comicamente fascisti con la loro ostentazione continua di croci celtiche e armi. Ma, prima di essere antifascista, il film di Castellitto è – in parte come lo è il suo fratello maggiore più serio e studioso “Favolacce” – soprattuto antiborghese: mentre in parallelo si evolve nel corso del film l’emancipazione della famiglia fascista, sembra non esserci speranza per quella che abbiamo conosciuto al compleanno della nonna novantenne.

Castellitto pare voler dire e sperare che la bomba (non quella che serve per riesumare le spoglie di Nietzche, non quella inesplosa degli innocenti di “Favolacce”) stia arrivando anche nelle terrazze altoborghesi, dopo essere passata dagli appartamenti suburbani. E’ quella bomba che esce dal fumo di una sigaretta elettronica con un sorriso smagliante nel finale del film.

In attesa di vedere Pescasseroli nel cinema italiano, “bomba o non bomba siamo arrivati a Roma, malgrado voi”.